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Vita eterna dei mortali

di Michele Vignodelli - 12/07/2007



Esiste una forza potentissima che ci attira verso il centro del Sole, tanto
che gran parte della materia del sistema solare si trova effettivamente nel
plasma ribollente della nostra stella. Quelle temperature però sono del
tutto incompatibili con l'esistenza della vita: le condizioni minime si
trovano solo in una ristretta fascia attorno a 150 milioni di chilometri,
proprio quella dove si trova la Terra, con la materia che ci costituisce.
Non è ancora caduta verso il Sole grazie a una forza centrifuga che la
mantiene in equilibrio, controbilanciando la forza gravitazionale: una
condizione assolutamente eccezionale e fortunata. Ma evidentemente
necessaria.

Esiste una forza sconosciuta ma formidabile che muove il tempo verso il
futuro, verso la fine. Le condizioni compatibili con l'esistenza di una
soggettività cosciente si trovano però solo nel ristretto intervallo tra la
nascita e la morte di un essere umano: per quanto sia apparentemente del
tutto improbabile, il presente si trova proprio lì, in quel prezioso
francobollo di tempo. La sensazione di precipitare verso la Fine deve essere
quindi necessariamente nient'altro che una illusione ottica. Qual'é allora l
'equivalente della forza centrifuga, la "corda elastica" che neutralizza la
nostra apparente caduta nel futuro?
La chiave del meccanismo è il nostro cervello, che costruisce la proiezione
del movimento temporale a partire da una serie di dati sensoriali di cui
evidentemente dispone già, come un film di animazione. Quella che viviamo
come caduta verso la Morte è essenzialmente una "fiction", una narrazione
che il cervello racconta al nostro io in anteprima, nel teatro della
coscienza. La realtà grezza, non ancora elaborata in forma narrativa, non ha
alcuna scansione temporale, come non ce l'hanno i fotogrammi di un film. La
"vita" che osserviamo con il distacco sufficiente ad apprezzarne l'andamento
e il movimento complessivo, come spettatori esterni, è un sofisticato
playback prodotto dal nostro cervello, che nella realtà oggettiva è
eternamente sospeso nello spazio-tempo e quindi dispone di tutte le
informazioni sensoriali necessarie ad elaborare questi capolavori narrativi
che chiamiamo "giorni". Il sonno (con e senza sogni) è l'indispensabile
camera oscura e sala montaggio dove avviene questa elaborazione. E' il
tunnel atemporale che li collega tutti indistintamente allo stesso
spettatore, alla stessa soggettività puntiforme, sospesa eternamente nelle
quattro dimensioni dello spazio-tempo.
Dal punto di vista soggettivo per ogni giorno che si chiude se ne apre
automaticamente un altro, "fine" e "inizio" sono lo stesso movimento di
sipario; questo vale anche per l'ultimo giorno della sequenza cronologica, a
cui ne succede un altro qualsiasi della sequenza. Il cinema e il suo
spettatore non è "lì", in un fotogramma qualsiasi della narrazione
cronologica: li contiene tutti e non può far altro che proiettarli.
Il cinema della soggettività, esterno alla narrazione temporale, non chiude
mai.

E' veramente penoso vedere gli sforzi grotteschi di una società asservita al
culto del Futuro, del Progresso, della Salvezza, del successo, in cui l'
unica cosa che conta è riuscire a "svoltare", e sapere che ogni giorno di
questa "breve" vita è la nostra dimora eterna. Ogni giorno costituisce la
nostra identità insieme a tutti gli altri, e quelli brutti, quelli più
opachi dell'infanzia sono anche i più densi. Viva le piccole speranze alla
ricerca di momenti di felicità, ma nessuna Farfalla potrà mai liberarsi dal
bruco. Nemmeno con la pillola per dimenticare i traumi, che può solo fare a
fette la vita. E' l'ultima, meschina utopia di una umanità senza più
saggezza.