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Nel corso della tavola rotonda di oggi a Brindisi organizzata dal ministero dell’ambiente e Apat, si è parlato molto anche della possibile interazione tra l’inventario nazionale e quelli su scala locale, oltre ad una possibile ripartizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni su scala regionale, il cosiddetto burden sharing.
Il contributo alle emissioni di gas serra è infatti fortemente diversificato nelle regioni italiane: nel 2000 la Liguria guidava la classifica negativa con 13,8 tonnellate di CO2 per abitante ogni anno, seguita a ruota dall’Umbria con 12,8 tonnellate a testa, Sardegna e Veneto con 12,7, mentre tra le regioni più “virtuose” si segnalavano il Trentino Alto Adige, con 5,2 tonnellate per abitante, la Calabria con 5,1 tonnellate e la Campania con 3,7».
Proprio questa divisione dei compiti a livello locale potrebbe facilitare il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto, e in questo momento è sicuramente uno degli strumenti principali in mano ai decisori politici per definire politiche di riduzione dell’inquinamento.
Per quanto riguarda il trend di crescita dei gas serra fino al 2005, ne sono principali protagoniste le emissioni dovute alla combustione e al consumo di combustibili, responsabili dell’82% della produzione totale. In prima linea i trasporti, principalmente quelli su strada, che tra il 1990 e il 2005 segnano un aumento di emissioni del 26,5%, seguiti dal settore civile col 21,8% e dalla produzione di energia al 19,2%.
Ma un forte contributo all’inquinamento arriva dall’uso dei condizionatori: le emissioni in atmosfera di gas fluorati, utilizzati proprio per la refrigerazione e per l’aria condizionata, in questi 15 anni sono aumentate del 145%, indicando un concreto cambiamento nelle abitudini degli italiani.
Anche nel settore rifiuti, responsabile del 3,3% delle emissioni, si è avuta nel 2005 una crescita del 7,9% rispetto a quindici anni prima, a causa dell’aumento delle emissioni di metano dalle discariche, pari al 75% del totale delle emissioni da rifiuti.
Per quel che riguarda gli altri settori, le emissioni derivanti dai processi industriali (quindi non dalla combustione), che rappresentano il 7,1% del totale, sono aumentate nel 2005 dell’11,6%, rispetto al 1990. Tale crescita si riferisce principalmente all’incremento delle emissioni prodotte dalle industrie chimiche (+16,2%) e dalla produzione di cemento (+13%).
Diminuiscono invece le emissioni nel settore agricolo, che rappresentano il 6,4% del totale. Rispetto ai livelli del 1990, si registra infatti un calo dell’8,3%, soprattutto per quanto riguarda le emissioni da fermentazione enterica (-11%) e quelle che derivano dalle deiezioni animali (-7,4%), quest’ultima dovuta alla diminuzione nel numero di capi allevati, specie bovini e vacche da latte.
Anidride carbonica a parte, sono sensibilmente in discesa gli altri quattro gas serra considerati nell’inventario nazionale. Tra il 1990 e il 2005 le loro emissioni sono scese; in particolare, quelle da ossidi da zolfo hanno avuto un crollo del 76,7%, il monossido di carbonio e gli ossidi di zolfo del 46,4% e 42,6%. Si tratta di inquinanti che sono stati ridotti dalle politiche europee e nazionali sulla qualità dell’aria e sulla combustione industriale.
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