Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Nano regulation

Nano regulation

di Alessio Mannucci - 29/01/2008

 


La professoressa Gatti insegna che due specie di particelle sono prodotte durante l'impatto di un ordigno contenente un dardo all'uranio 238: particelle radioattive e particelle di leghe di metalli non radioattivi, forgiate durante la brutale combustione del punto di perforazione. Sono queste ultime che entrano nel corpo dei soldati, attraverso inalazione, quando si trovano nel mezzo di una nube composta da nanometalli.

La dott.ssa Gatti e suo marito hanno anche scoperto che oltre le PM10, le particelle prodotte ad esempio dalla combustione delle auto che assimiliamo quotidianamente, che fortunatamente possono essere espulse dal nostro sistema immunitario, esistono le PM1 e PM2, nanoparticelle che il nostro organismo non riesce a filtrare ed espellere che si insinuano in ogni tessuto del nostro corpo: dopo un'ora dall'inalazione, si trovano già in circolazione nel sangue. Questo avviene perché la dimensione della particella PM1 è perfettamente sferica e riesce a integrarsi all'interno dei nostri globuli senza essere scoperta dal nostro sistema immunitario, mentre il PM10 ha una struttura più grezza, qualche sua parte “sporge” dal globulo, viene riconosciuta dalle nostre difese ed espulsa. Una volta assimilate dal nostro organismo, le nanoparticelle PM1 e PM2 non verranno mai più espulse, si “attaccheranno” ai nostri organi per decenni e ci accorgeremo della loro presenza solo quando si sarà formato un tumore.

Come si forma una nanoparticella PM1 ? Si plasma a temperature elevatissime, come quelle di un inceneritore, che oggi chiamano “termovalorizzatore”. Ricerche accurate, svolte da Gatti e da Montanari, stimatissimi in tutto il mondo, con un microscopio a scansione ambientale, hanno dimostrato che alcuni stabilimenti industriali che producono prodotti che quotidianamente mangiamo, sono situati nelle vicinanze di inceneritori o altri impianti che generano nanoparticelle, il che fa scaturire la presenza di particolato cancerogeno su molti prodotti alimentari. Di seguito, un elenco di alcuni di questi prodotti.

Pandoro Motta: Alluminio, Argento; Salatini Tiny Rold Gold (USA): Ferro, Cromo, Nichel (cioè acciaio), Alluminio; Biscotti Offelle Bistefani: Osmio, Ferro, Zinco, Zirconio, Silicio-Titanio; Biscotti Galletti Barilla: Titanio, Ferro, Tungsteno; Macine Barilla: Titanio; Granetti Barilla: Ferro, Cromo; Nastrine Barilla: Ferro; Bauletto Coop: Ferro, Cromo; Plum cake allo yogurt Giorietto Biscotti: Ferro, Cromo; Ringo Pavesi: Ferro, Cromo, Silicio, Alluminio, Titanio; Pane carasau (I Granai di Qui Sardegna): Ferro, Cromo; Pane ciabatta Esselunga: Piombo, Bismuto, Alluminio; Pane morbido a fette Barilla: Piombo, Bismuto, Alluminio; Paneangeli Cameo: Alluminio, Silicio; Pane Panem: Ferro, Nichel, Cobalto, Alluminio, Piombo, Bismuto, Manganese; Cornetto Sanson (cialda): Ferro, Cromo e Nichel; Biscotto Marachella Sanson: Silicio, Ferro; Omogeneizzato Manzo Plasmon: Silicio, Alluminio; Omogeneizzato Vitello e Prosciutto Plasmon: Ferro, Solfato di Bario, Stronzio, Ferro-Cromo, Titanio; Cacao in polvere Lindt: Ferro, Cromo, Nichel; Tortellini Fini: Ferro, Cromo; Hamburger McDonald’s: Argento; Mozzarella Granarolo: Ferro, Cromo, Nichel; Chewing gum Daygum Microtech Perfetti: Silicio (vetro); Integratore Formula 1 (pasto sostitutivo) Herbalife: Ferro, Titanio; Integratore Formula 2 Herbalife: Ferro, Cromo.

Queste aziende producono alimenti cancerogeni in modo del tutto legale.

Secondo una relazione elaborata da un gruppo di scienziati danesi e italiani, l'approccio ottimale dell'UE alla “nano-regolamentazione”, la regolamentazione delle nanotecnologie, al fine di proteggere la salute sia dei cittadini che dell'ambiente, è rappresentato dall'«approccio incrementale» anziché da un nuovo quadro normativo. Gli scienziati aggiungono che sarebbe opportuno modificare quanto prima le norme e la legislazione attuale in materia di prodotti che contengono nanomateriali, prima che vengano immessi sul mercato migliaia di prodotti e prima che l'ambiente e gli operatori siano esposti regolarmente ad essi.

La relazione è scaturita da un seminario della Commissione europea del 2004 sull'analisi dei rischi legati alla nanotecnologia, che aveva concluso che l'Unione Europea poteva proteggere la salute e l'ambiente adottando un approccio incrementale alla regolamentazione della nanotecnologia e adattando la legislazione esistente. Nel loro studio - “Regulatory Toxicology and Pharmacology Limits and prospects of the incremental approach' and the European legislation on the management of risks related to nanomaterials” - i ricercatori Hansen, dell'Università Tecnica della Danimarca (DTU), e Antonio Franco, dell'Università di Padova (UNIPD), hanno esaminato l'efficacia dell'approccio incrementale proposto dalla Commissione Europea studiando il ciclo di vita di tre prodotti di nanotecnologia disponibili sul mercato. Si tratta di una racchetta da badminton prodotta da Yonex in Giappone e distribuita in UE e negli USA, in cui tra le fibre di carbonio sono stati dispersi fullereni in una resina per rafforzare il materiale composito; il secondo prodotto è un olio lubrificante prodotto da Bardahl negli USA e venduto in Italia, in cui fuliggine contenente fullereni viene mescolata ad altri additivi chimici per migliorare lo scorrimento tra le superfici metalliche; il terzo prodotto è una mazza da baseball prodotta da Easton Sports, con nanotubi di carbonio aggiunti alla resina per potenziare il materiale composito. «La conclusione principale del nostro studio è che occorre adeguare quasi tutti gli aspetti delle varie norme e legislazioni che riguardano il ciclo di vita dei prodotti contenenti nanomateriali», ha dichiarato Hansen, «la legislazione deve essere proattiva in termini di ambito di applicazione e deve concentrarsi sulla prevenzione delle emissioni e dell'esposizione anziché sulla valutazione dei rischi e sulla fissazione di livelli sicuri di esposizione».

L'analisi ha individuato quattro aree di legislazione comunitaria, ossia sicurezza sul luogo di lavoro, prevenzione dell'inquinamento, registrazione dei prodotti chimici e gestione dei rifiuti, in cui tali prodotti potrebbero dare origine a problemi. I ricercatori hanno tuttavia anche scoperto che la maggior parte dei problemi specifici può essere risolta singolarmente, per esempio cambiando la definizione delle sostanze nella recente legislazione comunitaria REACH in materia di sostanze chimiche. Nel lungo periodo, l'adozione di tale approccio prodotto per prodotto potrebbe far insorgere notevoli difficoltà, in quanto effettuare la valutazione dei rischi per milioni di nanomateriali si rivelerebbe poco fattibile nel lungo termine. Ciononostante, l'individuazione delle caratteristiche chiave dei rischi dei nanomateriali è d'importanza basilare per valutarne l'impatto sulla salute e sull'ambiente, sostengono i ricercatori. «Dobbiamo trovare un modo per garantire che tutti gli studi su salute, sicurezza e ambiente misurino e segnalino in maniera comparabile le proprietà dei nanomateriali che testano», dice Hansen, «è essenziale per individuare le caratteristiche fondamentali dei rischi. In tal modo potremmo riuscire a sviluppare una sorta di screening dei rischi che potrebbe coadiuvare in maniera informata le decisioni in materia di gestione dei rischi».

Avendo escluso una normativa specifica a lungo termine sulla nanotecnologia, i ricercatori concludono che l'approccio incrementale è l'unico metodo pratico per affrontare i rischi causati dalle nanoparticelle modificate in Europa. Inoltre, il gruppo danese-italiano ha formulato sei raccomandazioni specifiche per modificare le attuali discipline comunitarie nel breve termine: definire le norme per i laboratori e altri luoghi di lavoro che operano con le nanoparticelle; promuovere attivamente la ricerca e lo sviluppo di strumenti metrologici utilizzabili; istituire un gruppo di lavoro tecnico in seno all'Ufficio europeo di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento per organizzare uno scambio di informazioni; adattare il Chemical Abstract Service (CAS) - il più grande database esistente di informazioni relative alle sostanze chimiche - per una classificazione adeguata delle nanoparticelle; creare nell'ambito di REACH un regime specifico per le nanoparticelle che imponga all'industria di trasmettere informazioni sulle caratteristiche delle nanoparticelle e sulla salute, la sicurezza e l'ambiente; aggiungere le nanoparticelle libere all'elenco della direttiva 91/689 sui rifiuti pericolosi.

La Soil Association, azienda inglese tra i pionieri dell'agricoltura organica, ha introdotto il primo standard “nano free” che bandisce i nanomateriali dai propri prodotti (cosmetici, cibo e tessile). Secondo il Woodrow Wilson International Center for Scholars, ci sono al momento circa 500 prodotti manifatturieri identificati sul mercato che contengono nanomateriali. Tuttavia, è molto difficile effettuare dei controlli per via delle ridottissime dimensioni di questi materiali. La Soil Association ha bandito in particolare l'uso di nanomateriali prodotti industrialmente le cui particelle base sono più piccole di 125 nanometri. Tale bando riguarderà solo le merci organiche certificate prodotti in Inghilterra. Nella speranza che l'esempio sia seguito da altri in tutto il mondo per proteggere il pubblico dai potenziali rischi di nanotossicità.

Nel 2003, l'associazione attivista anti-biotecnologie ETC Group aveva lanciato l'appello per una moratoria sulla ricerca nanotecnologica, invitando i governi ad adottare degli standards di “nano-sicurezza” e ad incentivare una “nano-regolazione”. A tutt'oggi, mentre prodotti nanotecnologici commerciali invadono il mercato e gli studi sui potenziali impatti ambientali e sulla salute latitano, il vuoto regolatorio continua a persistere. Lo scorso anno, un sondaggio condotto da 15 governi ha stimato che ci sono almeno 70 applicazioni nanotecnologiche relative a prodotti alimentari già sul mercato. Secondo l'Helmut Kaiser Consultancy, società di consulenza sulle nuove tecnologie, il mercato nanotecnologico relativo al cibo dovrebbe raggiungere i 20.4 miliardi di dollai entro il 2010, e le principali corporations del settore stanno investendo molto in Ricerca e Sviluppo.

Lae Soil Association da sempre si batte per la salvaguardia dei prodotti agricoli e alimentari. Nel 1967, ha pubblicato il primo standard organico al mondo mettendo al bando pesticidi, antibiotici e altre sostanze chimiche. Nel 1983 ha bandito le proteine animali dal cibo per animali 3 anni prima che si verificasse il primo caso di BSE (morbo della mucca pazza). Nel marzo del 1997 per prima ha bandito i raccolti GM dal cibo e dall'attività agricola, azione poi intrapresa anche da tutti gli altri agricoltori biologici in tutto il mondo. A seguito della decisione di bandire i nanoprodotti, altri gruppi di agricoltura biologica in Nordamerica e in Europa stanno ora valutando se fare lo stesso. La più grande associazione di consumatori inglese, Which ?, ha annunciato il lancio di una campagna volta a sensibilizzare il pubblico sui rischi dei nanoprodotti, dopo che la US Consumers Union ha richiesto in America che si mettano delle etichette specifiche per segnalare la presenza di nanomateriali, che si stabiliscano delle regole e ha aumentato i fondi destinati alla ricerca sui potenziali rischi. Inoltre, durante lo scorso anno più di 40 gruppi della società civile hanno sottoscritto una dichiarazione di principi - “Principles for the Oversight of Nanotechnologies and Nanomaterials” - che invita alla precauzione, alla responsabilità dei produttori, e ad una urgente regolazione specifica per i nanoprodotti.

Il marchio di certificazione introdotto dalla Soil Association, che si trova già su più dell'80% dei prodotti biologici venditi in Inghilterra, può essere considerato a pieno diritto come il primo simbolo “nano-free” al mondo.