Ogam, il linguaggio della natura
di Andrea Rognoni - 27/02/2008
Non era ancora uscito in lingua italiana un testo sufficientemente erudito sul tema affascinante dell’alfabeto Ogam. Ci ha pensato Elena Percivaldi, da tempo attenta studiosa del mondo celtico oltre che di storia medievale.
Gli Ogam (ed. Keltia, 15 euro) rappresenta infatti l’ultima sua fatica, dopo i fortunati Celti per le edizioni Giunti. Le origini dell’Ogam sono legate al dio celtico dell’eloquenza, quell’Ogma o Ogmios di cui parlano anche i maggiori scrittori latini. Alfabeto sacro, quindi, modulato su segni particolari, ciascuno dei quali, nella versione classica dell’Ogam, corrisponde ad una pianta, dalla betulla al sorbo, dal giunco al sambuco. Un inno insomma al mondo vegetale, tanto caro all’antico popolo europeo insediatosi nelle isole britanniche, perché ritenuto in diretto contatto con la sfera trascendente, la quale appunto, come è evidente anche in altre religioni, non si può esprimere col comune linguaggio degli uomini ma in un codice profondo e misterioso, in grado di spiegare i segreti dell’universo.
Le lettere dell’alfabeto sono infatti notate per mezzo di linee, incise “in numero da uno a cinque, sullo spigolo di una pietra o a ridosso di una linea verticale”. Si tratta di significanti intimamente legati alle caratteristiche delle lingue celtiche, divisibili in continentali (lepontico, gallico, galata, celtiberico e lusitano) ed insulari (gaelico, gallese, cornico, manx e britannico). Un patrimonio di straordinaria ricchezza che ancora oggi si conserva in alcune plaghe del Nordovest europeo come l’affascinante penisola della Bretagna.
Ma il vero tesoro nascosto va cercato nell’isola irlandese, dove, nel primo millennio dopo Cristo, si manifestarono gli esempi epigrafici più importanti dell’ogam (in prevalenza iscrizioni su cippi tombali o pietre di confine) in alternativa all’insegnamento dei monaci cristiani o in certi casi in un singolare impasto tra paganesimo e cristianesimo.
L’autrice si sofferma esemplarmente sul ruolo particolare dell’ogam nella letteratura irlandese e nell’ultima parte del libro analizza il rapporto con gli altri alfabeti “sacri”, come quello runico. Interessanti anche i collegamenti con l’alfabeto greco e quello latino.
Alla domanda “Enigma senza soluzione?” la Percivaldi, nel capitolo finale, sembra rispondere con un’ipotesi davvero affascinante: all’inizio l’ogam era forse legato a complesse conoscenze astronomiche, utili all’erezione ottimale di monumenti come Stonehenge. Saremmo quindi in possesso della chiave di lettura di uno dei più grandi misteri della civiltà antica.
Tratto da La Padania