Nascita della teoria di Darwin dell’evoluzione della specie
di Fabrizio Fratus - 28/08/2008
Il concetto di evoluzione biologica é stato oggetto di speculazione fin dai tempi dei filosofi greci, è solo nel XIX secolo che la teoria venne formulata sotto criteri scientifici. Grande contributo alla teoria venne dato da filosofi e naturalisti francesi come. P.-L. Maupertuis, D. Diderot e sopratutto da G.-L. Buffon. Quest’ultimo osservò i caratteri comuni di alcune famiglie naturali ipotizzando una loro origine unitaria alla quale sarebbe seguita una variazione cagionata da fattori ambientali. Il primo naturalista a formulare una teoria coerente dell’evoluzione biologica fu J.-B. de Lamarck. Lo scienziato ipotizzò l’adattamento degli organismi nell’ambiente in cui vivono spiegando l’evoluzione della specie secondo due ordini di fattori:
- L’accumularsi di progressive variazioni prodotte direttamente dall’ambiente in cui vivono (dato dall’uso non uso degli organi) e trasmesse per mezzo dell’ereditarietà.
- La tendenza generale della materia organica alla complicazione e al perfezionamento.
Lamarck fu contestato aspramente per le due ipotesi definite ingenue a causa sia degli esempi riportati durante la presentazione dei suoi studi sia per la mancanza di qualsiasi prova sperimentale. G. Cuvier fu il più autorevole oppositore della teoria Lamarckiana, fondatore dell’anatomia comparata e della paleontologia spiegò la successione delle faune nel corso delle ere geologiche con la teoria delle catastrofi. La teoria ipotizzava che durante la storia della terra vi furono cataclismi successivi che avrebbero ucciso tutti o quasi gli organismi viventi nelle regioni colpite. In seguito tali regioni sarebbero state ripopolate da specie viventi in zone limitrofe; ultimo di questi cataclismi sarebbe stato il diluvio universale di cui si avrebbe un ricordo proto storico nel racconto biblico.
Cuvier riuscì a far condannare esplicitamente dall’accademia delle scienze di Parigi la teoria evoluzionista di Lamarck. Dopo tale condanna, per circa trent’anni, le teorie evoluzioniste vennero ignorate dai biologi. Fu nel pittoresco villaggio inglese di Downe a circa 25 km da Londra che un uomo riprendendo la confutazione delle ipotesi lamarckiane ipotizzò la Teoria della Selezione Naturale. Il naturalista inglese Charles R. Darwin si oppose alle teorie di Lamarck in quanto non si spiegava come si potessero ereditare di padre in figlio i caratteri acquisiti come adattamento all’ambiente. Partecipando a una missione esplorativa nell’America del Sud e visitando le isole Galapagos, Darwin, notò che la fauna delle diverse isole era notevolmente differenziata, anche se le caratteristiche dell’ambiente erano praticamente identiche, e che ciò che sosteneva Lamarck non si era verificato in quanto le isole sarebbero dovute essere popolate dalle medesime specie. E’ da questa analisi iniziata alle isole Galapagos che Darwin elaborò la teoria secondo cui la natura non era congegnata come un semplice sistema cooperativo, ma che era la lotta tra le specie a determinare la sopravvivenza delle razze all’ambiente mutato. Da questi studi Darwin ipotizzò che fosse tramite graduali cambiamenti di condizioni ambientali e di favorevoli adattamenti delle specie viventi che si verificava la possibilità dell’evoluzione.
Nel 1858 a Londra, sulla rivista Linneana, comparvero due articoli uno a firma Darwin l’altro a firma Wallace ed entrambi gli autori spiegavano il fenomeno dell’evoluzione biologica mediante la selezione naturale, a cui entrambi erano giunti tramite studi differenti.
Ma il successo di Darwin giunse l’anno seguente con il testo che lo renderà famoso, “L’Origine della specie per opera della selezione naturale”, e che impose lo studio del problema dell’evoluzione biologica a tutti gli studiosi.
Lo studioso di Downe espose le sue considerazioni basandosi su due fatti di osservazione generale e su due fenomeni che ne sono diretta conseguenza:
- Nell’ambito di ciascuna specie, gli individui differiscono tra loro per una vasta gamma di caratteri morfologici, fisiologici, comportamentali, almeno in parte ereditabili (variabilità biologica).
- In ogni specie, il numero di individui che nasce è generalmente maggiore di quello che può essere mantenuto in vita dalle risorse offerte dall’ambiente.
- Gli individui che sopravvivono e raggiungono l’età riproduttiva sono quelli che, per caratteristiche biologiche, risultano meglio adattati alla vita in quelle determinate condizioni biologiche (selezione naturale).
- Le variazioni individuali, che aumentano con probabilità di sopravvivenza e di riproduzione dei loro portatori, si trasmettono da una generazione all’altra, si accumulano e si sommano nelle generazioni successive, determinando la trasformazione delle specie originarie con la formazione di nuove specie che risultano meglio adatte alla sopravivenza dei luoghi in cui vivono.
La teoria di Darwin venne accolta con grandissimo entusiasmo da molti biologi e naturalisti perché videro in essa una risposta razionalista e unitaria ai molteplici dati, fatti e osservazioni che paleontologi, studiosi di anatomia comparata e biologi avevano raccolto nel corso di decenni di studi.
La teoria di Darwin venne aspramente criticata da autorevoli membri del clero ma col passare del tempo accettata dalla maggioranza dei biologi. Oggi il termine “evoluzione” o “evoluzionismo” è familiare alla maggioranza delle persone, infatti viene insegnata nei testi scolastici e normalmente usata in ogni campo della scienza e della vita come dato acquisito scontato e fatto inequivocabile. Ma cosa s’intende per evoluzione?
Con il termine evoluzione si ritiene che le specie attuali siano derivate da altre specie molto diverse e più semplici. Va inteso nel senso di macroevoluzione ed è scorretto intenderla nel senso di microevoluzione, perché la microevoluzione non è specifica di questa concezione e non è oggetto di discussione, essendo apoditticamente accettata. A monte si collega in genere con la abiogenesi e con il big bang, mentre a valle si collega col darwinismo. Si contrappone al fissismo ed al creazionismo. Alcuni distinguono, lecitamente, fra evoluzione (intesa come fatto più o meno accertato) ed evoluzionismo (inteso come interpretazione materialista dell’evoluzione), ma se non c’è una precisazione esplicita, i due termini vanno considerati equivalenti. Dalla nascita della teoria di Darwin ad oggi i principali oppositori all’evoluzionismo sono stati i Creazionisti. Per creazionisti s’intende quel consesso di studiosi promosso da alcuni movimenti statunitensi, i quali interpretano il racconto biblico in modo letterale (con una creazione in sei giorni di 24 ore formanti una settimana ininterrotta, verificatasi circa 10 mila anni fa) e proponendolo in modo prevalente con argomentazioni scientifiche. Sono loro ad aver iniziato l’offensiva contro il darwinismo accusandolo di essere un’ideologia materialista che vuole negare l’esistenza di Dio. Non è però corretto definirsi semplicemente creazionisti senza alcun aggettivo. Chi crede che la creazione si sia realizzata in milioni o miliardi di anni, deve definirsi ed essere definito aderente all’evoluzione teista, oppure al creazionismo progressivo (che vengono solitamente indicati come concordismo). Il creazionismo si contrappone all’evoluzionismo in generale e al darwinismo in particolare. Per darwinismo intendiamo il tentativo di spiegare come si sia realizzata l’evoluzione. Oggi i darwinisti pongono al centro della teoria le mutazioni casuali e la selezione naturale; le mutazioni sono viste come fonte di variabilità, mentre la selezione naturale sceglie le mutazioni più adatte all’ambiente. Alla base del darwinismo c’è la convinzione che, avendo a disposizione tempi lunghi (come minimo milioni di anni), la microevoluzione possa produrre la macroevoluzione. Non contempla forze esterne alla natura, perciò è una forma implicita di naturalismo e di panteismo. Si contrappone in generale al creazionismo e, recentemente, al disegno intelligente. La macroevoluzione non è stata mai osservata direttamente in nessun laboratorio e tanto meno in natura, per questi motivi ormai molti scienziati sostengono che il darwinismo sia un’ipotesi e non scienza. In questi ultimi anni è nato un, per così dire, creazionismo scientifico: il disegno intelligente che è la traduzione più diffusa di Intelligent Design (ID), che significa più precisamente “Progetto Intelligente” o “Progettualità Razionale”. L’ID afferma semplicemente che la complessità della natura e degli esseri viventi faccia pensare alla messa in atto di un progetto e non possa essere spiegata come frutto del caso, cioè come opera di mutazioni casuali e della selezione naturale (darwinismo). L’ID non precisa né le caratteristiche di chi avrebbe progettato il tutto, né come si sia realizzato il progetto e neppure quanto tempo sia stato impiegato. Si oppone al darwinismo e al naturalismo, ma fra i suoi aderenti ci sono persone di varie religioni ed anche chi crede in un evoluzione teista.
Come già precisato la microevoluzione è accettata e verificata ed è il termine con cui si è convenuto chiamare così le diversità che si osservano fra padri e figli; esse riguardano per lo più aspetti quantitativi e non qualitativi. Si tratta in genere di una combinazione diversa degli stessi caratteri, o di una perdita di informazione genetica, ma mai di incremento di informazione genetica e di aggiunta di organi nuovi. Rientrano in questo campo le varie modifiche apportate alle specie coltivate, la comparsa di moscerini della frutta (Drosophila) variamente modificati nel senso di una involuzione (perdita della vista, ali deformate e altro), come pure la variazione del colore prevalente delle ali di certe farfalle, la variazione del becco dei famosi fringuelli di Darwin (che sempre fringuelli restano) e altre simili. La microevoluzione così intesa è accettata da tutti, quello che invece non è provato è che, con questo metodo, dai pesci si sia passati agli anfibi, poi ai rettili, agli uccelli ed ai mammiferi, i quali si sarebbero successivamente adattati anche alla vita in acqua (balene e delfini) od a volare nell’aria (pipistrelli). Insomma, un conto è dire che piano piano si possano aumentare le prestazioni umane nel salto in lungo, altra cosa è ipotizzare che all’uomo possano piano piano spuntare le ali e così sorvolare gli oceani! La microevoluzione è cosa ben differente dalla macroevoluzione che per gli evoluzionisti si verifica nel momento in cui da una specie compaiono organi e funzioni nuove, prodotte da una nuova e più complessa informazione genetica; come se in un animale con respirazione solo acquatica (branchie dei pesci) ad un certo punto comparissero organi adatti ad una respirazione aerea (rane), poi perfezionatisi fino ai polmoni degli uccelli e dei mammiferi. La macroevoluzione è l’essenza dell’evoluzionismo, ma non è stata mai constatata, né in laboratorio, né in natura. Quando in uno strato roccioso si trovano fossili molto diversi da quelli dello strato supposto molto più antico, se ne deduce che deve esserci stata la macroevoluzione; dal tempo di Darwin in poi, però, le acquisizioni scientifiche (stabilità del DNA, complessità biochimica delle funzioni e loro stretta correlazione, assenza di fossili intermedi) la rendono sempre meno spiegabile e la fanno rientrare più nel campo dei «miracoli» (realtà inspiegabili con le leggi naturali) che in quello della scienza sperimentale. Queste definizioni sono importanti in quanto sono le sole che possano fare comprendere il livello di scontro culturale in cui si è arrivati in America. La terminologia e la sua conoscenza permettono di capire meglio le differenze, le argomentazioni e i riferimenti di vari studiosi. Continuando il nostro percorso andiamo a specificare il significato di creazionismo progressivo e di evoluzionismo teista. Molti accettano il racconto biblico della creazione in sette giorni ma, per risolvere le difficoltà con la teoria evolutiva, interpretano i giorni della creazione come lunghi periodi di tempo (giorno biblico = era geologica), cioè non come giorni di 24 ore susseguenti l’uno all’altro e formanti una settimana ininterrotta. Si contrappone al creazionismo letteralista.
Il Dio biblico resta il Dio Creatore, ma avrebbe realizzato la sua opera progressivamente. Questa interpretazione presenta molti inconvenienti:
- L’analisi interna di Gen 1-3 spinge a interpretare la parola «giorno» secondo il suo significato normale di «periodo di 24 ore».
- Non accontenta gli evoluzionisti, perché nella Genesi la creazione è per categorie (i vegetali compaiono nel terzo giorno, gli animali marini e volatili il quinto giorno, gli animali terrestri e l’uomo il sesto giorno), mentre nell’evoluzione si aggiungono nuovi ecosistemi (ogni era geologica, cioè, è caratterizzata dal prevalere di particolari associazioni di piante, animali marini, animali terrestri e volatili, che vivevano in rapporto fra loro).
- Crea problemi di interpretazione di altri passi della Bibbia collegati con Genesi 1-3 (istituzione del sabato, presenza della morte prima di Adamo, p.e.).
- Crea problemi teologici sulla natura di Dio, perché se la morte faceva parte della creazione di Dio e c’era prima di Adamo, se Dio trasforma a sua immagine un ominide che ha prevalso nella «lotta per la sopravvivenza» uccidendo i suoi fratelli, allora è un Dio diverso da quello biblico ed è più il Dio di Caino che quello di Abramo. Non avrebbe più senso, poi, il parallelismo fra il «primo Adamo» ed il «secondo Adamo» (cioè Gesù) che fa Paolo (Rm). È una forma di concordismo.
Questo citato è il concordismo inteso dai protestanti, il mondo Cattolico, al contrario, ritiene che il concordista sia colui che cerca di interpretare e adattare la Bibbia alla scienza o viceversa in quanto la Bibbia è da ritenersi solamente come libro religioso. L’evoluzionismo teista accetta sostanzialmente i fatti ed i processi proposti dall’evoluzionismo, ma ritiene che dietro le quinte ci sia la mano di Dio. Insomma, l’evoluzionismo teista parte dall’evoluzione e si avvicina alla divinità, mentre il creazionismo progressivo parte dalla Bibbia e fa un passo verso l’evoluzionismo collocandosi ambedue a mezza strada, è evidente che si assomiglino molto. L’evoluzionismo teista è facilmente compatibile con alcune concezioni di Dio, ma nella Bibbia è attraverso i fatti narrati che Dio si manifesta, non attraverso discorsi filosofici come in certa filosofia greca. Conservare il Dio della Bibbia senza conservare i fatti della Bibbia, perciò, è una contraddizione insanabile; si contrappone all’interpretazione materialista dell’evoluzionismo (che è la prevalente e che vede in quel processo solo cause materiali). Il concordismo, quindi, è la posizione della maggior parte delle persone religiose in quanto è evidente che tutte desiderino trovare una concordia fra ciò che credono ed i fatti accertati (la scienza, ma non solo). I problemi nascono dove permane una distanza fra le due parti e, in questi casi, ci sono diversi modi di reagire:
- C’è chi tiene ferme le proprie convinzioni religiose e cerca di adattarvi i fatti, decidendo di contestare i fatti stessi o la loro interpretazione (creazionismo).
- C’è chi ha una fiducia assoluta nella scienza del momento e perciò cerca di interpretare la Bibbia in modo elastico, adattandola alla scienza prevalente (e proprio a questi è stato dato il nome di concordisti).
- C’è, infine, chi si pone nel mezzo, cercando di dare un po’ di ragioni ed un po’ di torti ad entrambi.
Il concordismo si manifesta principalmente come creazionismo progressista o come evoluzionismo teista; si contrappone al creazionismo vero e proprio. Per terminare questa prima parte cercheremo di spiegare come si manifestino i due sistemi in contrapposizione, il sistema evoluzionista ed il sistema creazionista. Inoltre cercheremo di dare una definizione di alcune terminologie che sono fondamentali per la comprensione dei due metodi di interpretazione dell’origine della vita e del mondo. Al sistema evoluzionista possiamo dare questa definizione: un insieme di teorie che sono basate sugli stessi principi e che sono in genere collegate fra loro. C’è, come retroterra più o meno esplicito, l’idea che le leggi della fisica siano immutabili e la materia indistruttibile, concetti tipici del panteismo. La materia, in qualche modo eterna, si sarebbe ad un certo punto addensata in un ristrettissimo spazio, non più grande di un pisello, per poi esplodere e dare origine ai vari tipi di atomi presenti nell’Universo[1]. Questi atomi, semplicemente obbedendo alle loro intrinseche leggi e in circostanze particolarmente fortunate, avrebbero dato luogo al primo essere vivente unicellulare (abiogenesi), dal quale si sarebbero poi sviluppate le varie specie fossili e viventi (evoluzionismo). Il modo che avrebbe permesso il dispiegarsi della varietà degli esseri viventi è quello indicato da Darwin (darwinismo), cioè la capacità intrinseca di variazione, seguita dalla selezione naturale.
Le teorie sopra menzionate hanno in comune quanto segue:
- Il fatto che non richiedano l’esistenza di Dio che, se anche ci fosse, non interverrebbe nel processo.
- Tutto poi si svolgerebbe secondo il principio di continuità, nel senso che il processo è portato avanti da leggi costanti che non subiscono l’azione di forze esterne.
- Supponendo esclusivamente forze materiali, si può parlare anche di materialismo. Tutto ciò porta a pensare che l’uomo sia essenzialmente materia ed in fondo solo un animale evolutosi per ultimo. Si contrappone al sistema evoluzionista.
Il sistema creazionista è un sistema coordinato che si basa su presupposti diversi da quelli del sistema evoluzionista, a cui si contrappone. Il principio di partenza è che, al di sopra e al di fuori del creato, ci sia un Dio dotato di personalità (cioè che vede, parla, decide) ed onnipotente al punto che non ha plasmato la materia e nemmeno ha messo ordine nel caos primordiale, ma ha creato tutto dal nulla, operando per mezzo della sola parola[2].
Materia ed atomi, perciò, sono così perché Dio li ha voluti tali «nel principio»[3]. Anche la varietà degli esseri viventi non è stata causata da uno sviluppo, ma è stata una scelta iniziale del Creatore, adoperatosi non affinché da una specie se ne originassero altre, ma perché ciascuna si riproducesse «secondo la propria specie» e per mezzo dello specifico «seme» che ha «in sé»[4]. La presenza di Dio al di fuori e al di sopra del creato ha prodotto una discontinuità all’inizio, poi altre in seguito[5]. Nei Vangeli Gesù si caratterizza proprio per la sua capacità di creare discontinuità (sanando i malati, risuscitando i morti, moltiplicandi i pani, comandando perfino ai venti) ed i cristiani vivono nell’attesa della discontinuità finale annunciata, quando Gesù tornerà e smentirà l’umana convinzione che «tutte le cose continuano come dal principio della creazione» (2 Pt 3,4). Molto importante per gli evoluzionisti è la teoria del Big Bang; secondo questa teoria, alcuni miliardi di anni fa tutta la materia dell’Universo era concentrata in un piccolissimo spazio, non più grande di un pisello. Si sarebbe allora verificata una “Grande Esplosione” (un “Big Bang”, per l’appunto), con l’espansione della materia e la formazione dei vari elementi chimici che costituiscono la Terra e i corpi celesti. Questa concezione non ha bisogno di presupporre un Creatore e consente di far risalire il tutto a cause puramente naturali e materiali. Come per l’evoluzionismo anche in questo caso c’è chi cerca una conciliazione con la Bibbia dicendo, ad esempio:
· Che ambedue parlano di un inizio.
· Che il Big Bang non dice nulla riguardo ciò che c’era prima e perciò non esclude Dio.
· Inoltre alcuni ritengono che, mentre per la creazione degli esseri viventi la Bibbia ci indica un’età di migliaia di anni, per la creazione della materia (e perciò anche per le rocce della Terra o della Luna) la Bibbia ci dice solo che è avvenuta «in principio».
Questi ragionamenti hanno una loro sensatezza e non stravolgono apertamente il testo biblico, bisogna però distinguere fra ciò che emerge da un’analisi interna del testo biblico e gli adattamenti che facciamo per rendere compatibile la Bibbia con la scienza prevalente.
Il B.B., poi, sembra in declino, visto che la prestigiosa rivista “New Scientist” del 22/5/04 ha pubblicato una protesta firmata da 150 (centocinquanta) scienziati di varia tendenza e di tutto il mondo, in cui, fra l’altro, si dice che: «La teoria del big bang dipende da un numero crescente di entità ipotetiche e mai osservate […] non può sopravvivere senza queste frottole […] Oggi praticamente la totalità delle risorse finanziarie e di sperimentazione nella cosmologia sono dedicate agli studi sul big bang».
1) Il Big Bang è necessario agli evoluzionisti, i quali hanno bisogno di dare una qualche spiegazione sull’origine della materia e dei vari atomi.
2) Non contrasta esplicitamente con la Bibbia, ma è più compatibile col credere in un Dio che col credere nel Dio rivelato dalla Genesi.
3) Come Darwin cerca di spiegare l’origine delle specie attuali dicendo che vengono da altre specie (spostando il problema anziché risolverlo), così il BB cerca di spiegare l’origine della materia dicendo che viene da una materia preesistente, nascondendo tutti i problemi dentro un “vegetale” di così piccole dimensioni.
4) Come per l’evoluzionismo, l’impressione è che sia «dimostrata» e che «tutti gli scienziati la credano»; l’impressione deriva però dal fatto che ambedue le teorie sono imposte dogmaticamente e chi non l’appoggia viene tacciato come reprobo.
5) Si collega all’abiogenesi e all’evoluzionismo (sistema evoluzionista); si contrappone invece al creazionismo, che crede in un Dio trascendente che ha creato dal nulla[6], mentre il BB suggerisce una materia eterna (panteismo).
6) Per chi crede che Gesù abbia trasformato istantaneamente l’acqua in vino, abbia risuscitato il corpo in putrefazione di Lazzaro con un semplice chiamarlo e crede che Dio abbia creato tutto per mezzo di Gesù[7], è più facile e coerente credere che Dio abbia creato tutto per mezzo della parola (2 Pt 3,5), piuttosto che credere che abbia concentrato la materia in un piccolissimo volume, per poi dar origine a tutto facendolo esplodere. Per biogenesi si vuole intendere che la nascita (genesi) di un essere vivente derivi da un altro essere vivente (dal greco bios = vita). Una «A» davanti ne è la negazione e così si ha la abiogenesi, una teoria che crede nella possibilità che un essere vivente non derivi da un altro essere vivente, ma da reazioni chimiche della materia non vivente. In tutte le osservazioni in natura e in tutti i laboratori del mondo si è sempre constatata la biogenesi e la Bibbia parla fin dall’inizio di una riproduzione «secondo la propria specie»[8], ciò nonostante l’abiogenesi è ritenuta più “scientifica”. La biogenesi fa parte del sistema creazionista e si contrappone alla abiogenesi e alla generazione spontanea. Per abiogenesi si intende che le prime forme di vita si siano originate da materia non vivente. Dopo la sconfitta della generazione spontanea, sulla quale i suoi sostenitori si erano accaniti ad insistere per secoli, a quella vecchia e non più presentabile idea è stato dato il nome nuovo di abiogenesi, spostando il fenomeno da qui ed ora ad un tempo e ad un luogo indeterminati. Come la generazione spontanea, anche l’abiogenesi non è stata mai dimostrata, anzi l’implementazione delle conoscenze l’hanno da tempo resa un’assurdità scientifica e biologica, perché l’essere vivente più semplice è in realtà più complesso di un moderno computer e si mantiene in vita su un equilibrio delicatissimo; non si riesce a capire, perciò, come ci si permetta e si permetta di proporre come «scientifico» un sorgere della vita ad opera di fulmini che si scaricano negli stagni!
Purtroppo non si può logicamente sconfessare, perché non è possibile dimostrare la non esistenza di qualcosa; per esempio, se qualcuno immagina che sotto i ghiacciai del Polo Sud ci sia un’abbondanza di funghi porcini, non può essere smentito neanche da chi va a controllare, perché si può sempre dire che in quel punto non ci sono, ma altrove sì, ed il non trovarli non può mai dimostrare che non ci sono. L’abiogenesi fa parte del sistema evoluzionista, si contrappone alla biogenesi e al creazionismo. Per terminare il nostro excursus sulle definizioni dei termini del dibattito in corso sulla teoria evoluzionista non ci rimane che comprendere cosa s’intenda per generazione spontanea. Alla domanda: «Un essere vivente può formarsi solo da un altro essere vivente?», per millenni si è risposto di no, visto che dal fango, per esempio, emergevano una varietà di animali e di piante. È stato Redi (1626-1698) a dimostrare che la carne in putrefazione non produceva vermi, se si impediva alle mosche di depositarci l’uovo, iniziando così la scienza biologica moderna. La generazione spontanea è una forma estrema di evoluzionismo e le due concezioni, storicamente, sono andate sempre insieme.
Dopo aver tentato di soffocare la biologia sul nascere, le due teorie hanno continuato a contrastarla, opponendosi agli altri fondatori di questa scienza (Spallanzani, Linneo, Pastour, Mendel). Ben 21 anni dopo che Pasteur aveva scientificamente convinto il mondo che anche un essere microscopico derivava da un altro essere microscopico «della sua stessa specie», beneficando l’umanità con la sconfitta di numerose malattie, Darwin continuò ad ostinarsi nel credere ancora alla possibilità della generazione spontanea e affermò: «Benché nulla di probante sia stato detto fino ad oggi, a mio parere, in favore dello sviluppo di un essere vivente partendo dalla materia inorganica, non posso impedirmi di credere, in accordo con le leggi della continuità, che un giorno si dimostrerà questa possibilità». Insomma, i fatti gli davano torto ed ha avuta l’onestà d’ammetterlo, ma poi mette da parte i fatti e spera quello che desidera. Da notare, comunque, il principio di «continuità» da lui professato e che è alla base del sistema evoluzionista, nel quale il concetto di generazione spontanea subentra col nuovo nome di abiogenesi.