E se gli alieni fossero già qui, in mezzo a noi?
di Francesco Lamendola - 13/11/2008
Secondo la mentalità scientista e materialista oggi dominante, non è possibile che creature aliene giungano sul nostro pianeta, poiché vi si oppongono le incommensurabili distanze fra i diversi sistemi stellari e la barriera insormontabile della velocità della luce.
Il fisico Mario Ageno, già allievo di Enrico Fermi e autore, quasi quarant'anni fa (si era in piena euforia per i successi delle navicelle spaziali americane), così si esprimeva in proposito, a conclusione del suo notissimo manuale «Elementi di Fisica» (Milano, Boringhieri, 1976, pp. 689-90):
«Come abbiamo visto, si ritiene oggi che la vita si sviluppi spontaneamente dalla materia inorganica [ma è compito di un fisico, fare una affermazione del genere?], quando certe condizioni ambientali siano assicurate e sia disponibile una conveniente sorgente esterna di energia libera. D'altra parte gli astronomi ritengono che la formazione di un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario del genere vi sia almeno un pianeta le cui condizioni superficiali risultino abbastanza simili a quelle che dovevano aversi sulla superficie della Terra circa tre miliardi e mezzo di anni fa.
Anche se non abbiamo per ora alcuna indicazione positiva in proposito, e si tratta quindi esclusivamente di speculazioni, non è quindi assurdo ritenere che possano esistere in quella parte dell'universo che possiamo raggiungere coi nostri mezzi di osservazione, alcuni e forse molti pianeti in cui esistono forme di vita.
Ammesso ciò, si pongono immediatamente alcune questioni: fino a che punto è da attendersi che tali forme di vita siano simili a quelle terrestri? Se alcune di queste forme di vita sono intelligenti e tecnologicamente progredite come noi e più di noi, che possibilità v'è di mettersi in comunicazione con esse?
Per ciò che concerne la prima questione, sembra ragionevole attendersi che qualunque forma di vita debba esser basata su quattro elementi H, O, C, N, come la vita terrestre. Non soltanto infatti (a parte i gas nobili, che per non essere chimicamente reattivi in questo caso non interessano) questi sono gli elementi più abbondanti nel cosmo, ma sono anche tutti e quattro elementi del primo periodo del sistema periodico. Solo gli elementi del primo periodo sono infatti capaci di formare solidi legami covalenti, sia semplici sia multipli, e di dar luogo a quella grande varietà di composti, che sembra indispensabile per realizzare sistemi molecolari che (come gli acidi nucleari e le proteine) possano esistere in un numero praticamente illimitato di tipi diversi, possano riprodursi e nel riprodursi subire mutazioni e quindi possano evolvere. Tutte cose queste necessarie perché un sistema mostri quel comportamento chimico-fisico, che indichiamo correntemente con la parola "vita".
Per ciò che concerne la seconda questione, i telescopi e in genere i sistemi di osservazione di cui disponiamo non sono in grado 8e a quanto sembra non lo saranno ancora per molto tempo) di mettere in evidenza l'esistenza di pianeti oscuri, nelle vicinanze di un primario di natura stellare. Non è quindi pensabile che si possa dalla Terra verificare l'esistenza della vita su di un pianeta non appartenente al sistema solare. Per ciò che concerne i pianeti del sistema solare diversi dalla Terra,, i pianeti più interni Mercurio e Venere sono del tutto inadatti a qualunque forma di vita a causa della temperatura superficiale troppo elevata (la temperatura superficiale di Venere supera i 700°K). Per quanto improbabile, non si può ancora definitivamente escludere l'esistenza di qualche forma di vita estremamente primitiva su Marte e, forse, di forme prebiologiche su Giove (che ha una sorgente interna di calore non trascurabile)). Solo viaggi di esplorazione lo potranno decidere. I pianeti transgioviani sono troppo freddi perché si possa avere su di essi un'attività chimica qual è richiesta da forme di vita.
Resta infine l'ultima domanda: come comunicare con esseri intelligenti e tecnologicamente avanzati eventualmente presenti su pianeti non appartenenti al sistema solare?
La stella più vicina è la Proxima Centauri a 4,3 anni luce da noi. Ma a parere degli astronomi non sembra che possano esistere altri pianeti abitati nel raggio di 10-12 anni luce dal Sole. Ciò sembra senz'altro escludere ancora per molto tempo la possibilità di viaggi di esplorazione con astronavi, viaggi che richiederebbero secoli. Non sembra invece da escludere la possibilità di comunicare per via radio, tramite cioè segnali elettromagnetici. Bisogna tuttavia tener presente che questi segnali viaggiano con la velocità della luce. Se il pianeta che interessa è a 12 anni luce di distanza, i segnali mandati oggi in onda, non arriveranno a destinazione che tra 12 anni: ammesso che ci sia qualcuno in ascolto pronto a riceverli e che questo qualcuno risponda subito, la risposta non potrà pervenire prima di 24 anni da oggi.
Comunicare non è impossibile, ma la comunicazione non sarà facile e soprattutto non sarà certo rapida.»
Queste sono le obiezioni «classiche», chiamiamole così, alla possibilità di rapidi e frequenti contatti fra la vita terrestre e altre forme di vita intelligente, eventualmente presenti nello spazio; e, negli ultimi decenni, pur essendosi in parte modificate le prospettive tanto della fisica, quanto della cosmologia, l'atteggiamento prevalente della scienza accademica è rimasto, a questo proposito, sostanzialmente immutato.
È strano, ma gli epigoni della scienza materialista e meccanicista di Galilei, Francesco Bacone e Cartesio sembrano ricalcare le orme di quegli astronomi di formazione aristotelica e tolemaica, i quali si rifiutavano di guardare nel cannocchiale per sincerarsi della scoperta dei satelliti di Giove o degli anelli di Saturno. Essi, cioè, partono dal principio che una comunicazione fra la Terra e forme di vita intelligente nel cosmo sia pressoché impossibile, o almeno assai improbabile, per desumerne il fatto che così, senza dubbio, deve essere.
Ma che cosa risponderebbero questi signori se qualcuno mostrasse loro le evidenze che forme di vita aliene sono già state, in passato, sul nostro pianeta, e che, quasi certamente, continuano a frequentarlo? Ne abbiamo già parlato in alcuni precedenti articoli, e, in particolare, in «Scricchiola il paradigma degli storici sulle origini "recenti" della civiltà"» e in «Le gigantesche rovine di Nan Madol, nelle isole Caroline, sono delle vestigia della civiltà di Mu?» (sempre sul sito di Arianna Editrice), nei quali abbiamo preso in considerazione alcuni reperti archeologici anomali, fra cui una impronta di calzatura umana impressa in una roccia antichissima, risalente a un'epoca in cui - secondo la scienza odierna - l'uomo non esisteva e non poteva assolutamente esistere.
La battaglia della scienza accademica, tendente ad affermare la probabilità quasi nulla di un contatto fra la vita terrestre e quella extraterrestre, è - in sostanza - una battaglia di retroguardia: perché esiste tutta una serie di indizi che suggeriscono come la Terra sia già stata visitata da forme di vita aliene. Per cui, invece di discettare - deduttivamente, ossia con una tipica forma di ragionamento aristotelico - sulla impossibilità di un tale evento, lorsignori farebbero meglio a provare a spiegare, per fare un esempio, quale civiltà umana possa aver edificato il basamento del tempio di Baalbek, in Libano, squadrando e posando in situ dei blocchi di roccia talmente enormi, che neppure con tutta la sofisticata tecnologia odierna gli esseri umani sarebbero in grado di fare una cosa del genere.
Potremmo spingerci anche più in là e considerare l'ipotesi, tutt'altro che assurda (anche se ad avanzarla per primo è stato un personaggio decisamente eterodosso dal punto di vista scientifico, Erich von Däniken) che non solo gli extraterrestri siano già stati, ripetutamente e lasciandovi una traccia profonda, sul nostro pianeta; ma che gli extraterrestri siamo proprio noi; che noi siamo, cioè, se non proprio la loro discendenza diretta, quanto meno il frutto di una selezione e di una ibridazione da parete di piccoli gruppi di alieni, giunti sulla Terra in lontane epoche storiche o, meglio, preistoriche.
Abbiamo anche già avuto occasione di discutere il problema posto dalle conoscenze astronomiche anomale dei Dogon, un popolo dell'Africa subsahariana che - fra le altre cose - conosceva l'esistenza della stella Sirio B, una «nana bianca» invisibile a occhio nudo e scoperta dagli astronomi europei solo nel XIX secolo, nonché le caratteristiche fisiche di quella minuscola stella; ed avevano inglobato tali conoscenze nella loro mitologia, segno che esse erano realmente molto antiche e, quindi, anteriori a ogni possibile contatto con i missionari bianchi stabilitisi fra loro nel corso dell'Ottocento (cfr. F. Lamendola, «La mitologia dei Dogon e il mistero della stella Sirio», sempre sul sito di Arianna Editrice).
I primi a richiamare l'interesse della comunità scientifica internazionale su questo mistero furono due etnologi francesi, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, senza peraltro soffermarvisi, dato che esso esulava dal loro campo di ricerche. Successivamente, Robert K. G. Temple, un ricercatore inglese, ne fece oggetto di uno studio specifico, «Il mistero di Sirio», arrivando a ipotizzare che solo una civiltà aliena proveniente da quel lontano sistema stellare, poteva aver trasmesso a una popolazione africana stanziata in riva al Niger delle conoscenze così insolite; la stessa, a suo avviso, che aveva reso possibile, sulle rive del Nilo, la civiltà egiziana, di cui la cultura dei Dogon sarebbe stata un pallido e tardivo riflesso.
La questione è stata così riassunta da Murry Hope, autrice di un altro libro assai noto, «Il segreto di Sirio» (titolo originale: «The Syrius Connection», 1996; traduzione italiana di Pietro Ferrari, Milano, Corbaccio Editore, 1997, 2000, pp. 99):
«Nel suo libro "Il mistero di Sirio", Temple postulava che esseri provenienti dal sistema di Sirioi avessero visitato la Terra molte migliaia di ani fa e che a loro si dovesse in parte, se non completamente, il balzo dagli stadi primitivi all'alto livello di civiltà e cultura raggiunto dagli antichi egiziani fra il 4.500 e il 3.400 a. C. La sua ipotesi si basava parzialmente su conoscenze in merito possedute dai dogon, un popolo africano stanziato nel Mali (ex Sudan francese). Secondo l'autore, i dogon sono i diretti discendenti di quegli egiziani che, che, nei tempi predinastici, avrebbero assistito all'arrivo sulla Terra degli alieni giunti dal sistema di Sirio: le informazioni del popolo del Mali, quindi, risalirebbero a quegli antichi giorno in cui i loro antenati le avrebbero ricevute direttamente dai loro visitatori galattici. In quale altro modo, si domanda Temple, i Dogon potevano essere al corrente, da secoli e secoli, dell'esistenza dell'invisibile Digitaria [cioè Sirio B] e di altri particolari astronomici relativi a quel lontano sistema?»
Questo, dunque, nel passato.
Ma esistono prove che anche ai nostri giorni la terra è stata, ed è, oggetto di visite da parte di creature aliene. Ad esempio, esiste una relazione ufficiale della Marina brasiliana attestante l'avvistamento di una astronave aliena nei cieli dell'isola di Trindade, nell'Atlantico meridionale, nel 1958. La nave da guerra della Marina brasiliana Almirante Saldanha, salpata da Rio de Janeiro per installare sull'isola una stazione scientifica per lo studio dei fenomeni meteorologici ed oceanografici, registrò uno dei casi meglio documentati di avvistamento di «oggetti volanti non identificati».
Il 16 gennaio di quell'anno, infatti, tutto l'equipaggio fu richiamato dalle evoluzioni di un oggetto discoidale che viaggiava ad oltre 1.000 chilometri orari, dal diametro di 40-50 metri ed alto circa 8, che volava talmente basso da permettere a un fotografo che si trovava a bordo, Almiro Barauna, di scattare alcune immagini le quali, sviluppate a bordo poco dopo, si rivelarono discretamente nitide. I marinai riferirono che l'oggetto si spostava velocissimo, senza emettere alcun suono, ondeggiando in modo analogo a quello dei pipistrelli; che aveva colore grigio scuro e consistenza, apparentemente, metallica; che era scomparso e riapparso dietro la montagna, si era fermato per un attimo, quindi si era allontanato rapidamente. Inoltre, le apparecchiature di bordo registrarono delle interferenze elettromagnetiche nel corso dell'avvistamento.
Anche il tracciato del radar rivelò che qualche cosa di sconosciuto era comparso nel cielo di Trindade, quel giorno; e l'esame delle fotografie - una delle quali decisamente buona - stabilì che esse erano autentiche, senza ombra di dubbio. La Marina brasiliana, da parte sua, emise un comunicato, nel quale confermò l'avvistamento di un «oggetto volante non identificato» sull'isola di Trindade.
Quanto, poi, ai famosi «incontri ravvicinati» del terzo tipo (o anche del quarto, ossia mediante rapimento su astronavi aliene), bisogna sfatare un mito: che si tratti di incontri sempre pacifici e, il più delle volte, chiaramente amichevoli.
Vi è una lunga casistica che prova il contrario (fermo restando che è certa l'esistenza di «razze» aliene assai diverse fra loro); non sempre quegli esseri si presentano in veste di pacifici ambasciatori di popolazioni sagge e bene intenzionate nei confronti degli umani, come è accaduto a personalità di «contattisti» come il siciliano Eugenio Siragusa o, su un minor piano, di credibilità come lo svizzero Eduard Meier
Fra i numerosi casi di incontri ostili, ci limiteremo a riportarne uno, quello del brasiliano Inacio de Souza , avvenuto nel 1967 e riportato da R. Jack Perrin nel suo libro «Contatti U.F.O.» (titolo originale: «Le Mystère des O,V.N.I. Fantastiques contacts extra-terestres», Editions Pygmakion, 1976; traduzione italiana di Lucia Pontorieri, Milano, Giovanni De Vecchi Editore, 1978, pp. 125-128):
«Inacio de Souza (è il suo vero nome), di 41 anni, era sposato con Maria de Souza e aveva cinque figli. Era un uomo semplice e analfabeta, ma che godeva della più grande stima nel suo ambiente sociale e di lavoro. Era l'amministratore della proprietà nella quale abitava e lavorava da sei anni. Non aveva mai visto fischi volanti e non ne aveva mai sentito parlare.
Il 13 agosto 1967, Inacio e sua moglie ritornavano a casa, nella fattoria di Santa Maria, tra Crixa e Pilar de Goias, nello Stato di Goias. Avvicinandosi alla loro casa, notarono, posato sulla pista d'atterraggio della loro proprietà, "uno strano oggetto dalla forma di un catino, il cui lato aperto, era voltato verso il basso". Questo oggetto aveva circa 35 metri di diametro. Tra l'apparecchio e la casa si trovavano tre sconosciuti.
Inacio riferisce così i fatti: "Maria ed io rientravamo da Crixas e gli esseri erano già là. Ho pensato che fossero persone che venivano a trovarci, ma ero un po' spaventato dal tipo di apparecchio che avevano. Il loro aspetto era come il nostro, salvo che sembravano calvi (non sappiamo se avessero capelli). Stavano giuocando e scherzando come dei bambini, ma in silenzio. Quando ci scorsero, mi indicarono col dito e si misero a correre nella nostra direzione. Ho gridato a mia moglie di correre a casa. Dato che avevo con me una carabina, ho sparato su quello che mi era più vicino. A questo punto è uscita dall'aereo , come da una lanterna, una luce verde che mi ha raggiunto al petto, sul lato sinistro. Sono caduto a terra. Mia moglie è accorsa verso di me, per prendere l'arma, ma gli uomini erano già rientrati nell'apparecchio, che si è alzato in volo a grande velocità, facendo un rumore simile a quello delle api."
Il signor A. S. M. riferisce: "sono arrivato alla fattoria tre giorni dopo l'accaduto e non ne sapevo niente. La moglie di Inacio mi aspettava quando scesi dal mio aereo personale, e mi disse che il marito era sofferente. Poiché era un uomo robusto ed era sempre stato bene, mi sino recato nel suo appartamento e, vedendolo a letto, gli dissi: "Che avete, ragazzo mio?" Allora mi rispose: "Padrone, ho ucciso un uomo!". Rimasi sbalordito e gli domandai: "Ma come hai potuto farlo?".
Inacio allora cominciò a raccontare minuziosamente quello che era successo, spiegando che aveva sparato perché aveva avuto paura, pensando che quegli uomini fossero venuti per rapire la sua famiglia.
Il signor A. S., M. capì, dal racconto di Inacio, che questi era convinto che quegli uomini venissero da San Paolo e, per non spaventarlo di più, non gli parlò di dischi volanti. Decise di esaminare la zona in cerca di macchie lasciate dal sangue dell'uomo che poteva essere stato colpito dalla pallottola, ma non ne scoprì nessuna traccia.
Più tardi A. S. M. riuscì a ottenere maggiori dettagli sull'incidente. Si ricordò del fatto che Inacio gli aveva deto: "Ho mirato bene alla testa del giocatore", e aggiunse che Inacio non avrebbe mai mancato un tiro a 60 metri di distanza, perché era un eccellente tiratore. Aggiunse anche che, dopo l'accaduto, si era posto per Inacio un problema di coscienza, perché quest'ultimo era certo di aver "ucciso un uomo", benché non si fosse trovato nulla che potesse fornirne la prova.
Per quanto concerne l'aspetto degli "uomini", la moglie è del parere che fossero vestiti con una specie di calzamaglia di un giallo pallido. Per Inacio erano nudi. Non si vedevano i loro organi sessuali, forse perché i loro vestiti erano aderenti.
Il signor A. S. M. prosegue:
"Il primo e secondo giorno soffrì di nausee, di formicolii e di intorpidimento in tutto il corpo, e le sue mani tremavano. Decisi di portarlo a Goiânia per fargli fare un esame medico completo e gli raccomandai di mantenere il silenzio sull'accaduto.
A Goiânia il medico, senza sapere quello che aveva, constatò l'esistenza di una bruciatura circolare di 154 centimetri di diametro sulla parte sinistra del torace, quasi alla spalla. Per curare la bruciatura decise di applicare un farmaco chiamato 'Unguento Picrato de Butesin'. Per quanto concerneva gli altri sintomi, diagnosticò come origine una causa vegetale; pensò che Inacio avesse mangiato "qualche erba cattiva". Decise di riferire al dottore quello che era successo. Sorpreso, il medico domandò a Inacio: - Qualcun altro ha visto quegli uomini?-. Inacio rispose: - Mia moglie -. Allora il dottore mi prese da parte e mi chiese se avessi mai parlato a Inacio degli UFO. Gli risposi di no. Chiese a Inacio se avesse mai visto in qualche altra occasione quel tipo di aereo o se qualcuno gliene avesse già parlato. Inacio rispose: - No, signore, non ne ho mai visti e non ne ho sentito parlare. - Il dottore prescrisse a Inacio il ricovero in clinica e l'esame completo delle feci, dell'urina e del sangue.
Quattro giorni dopo essere stato in osservazione, Inacio fu mandato a casa. Sorpreso che il trattamento non fosse durato più a lungo, andai dal medico. Questi mi disse che il caso di Inacio era senza speranza, che gli esami avevano rivelato che era stato colpito da leucemia, il cancro del sangue, e che gli restavano sessanta giorni di vita al massimo. Mi disse ancora: "… - E il malato mi ha suggerito di dimenticare tutto quello che gli è successo… è inteso che lui non ha visto niente. Ha un nome da salvaguardare, e tutto questo non farà che creare panico. Quanto a me, io non ho sentito e non ho visto niente. Ho una reputazione e, per me, il suo è un caso di leucemia."
Dal racconto della moglie, lo stato di salute di Inacio continuò a peggiorare. Il malato presentava sulla pelle di tutto il corpo delle macchie di un colore giallo-biancastro, della dimensione di un'unghia, e aveva dolori terribili. Cominciò a dimagrire a vista d'occhio e, prima di morire, era ridotto a pelle e ossa,. Raccomandava sempre ala moglie di bruciare il letto, il materasso e la biancheria dopo la sua morte, che ebbe luogo l'11 ottobre 1967. Tutti i suoi effetti personali furono bruciati, secondo il suo desiderio.»
Si dirà, forse, che era stato il comportamento ostile dell'uomo a provocare la reazione degli alieni e che, quindi, questo episodio - che, peraltro, non è affatto unico nel suo genere - non prova le loro intenzioni minacciose nei confronti degli umani.
Pure, al lettore non sarà sfuggito che:
- Inacio agì in quel modo per proteggere la sua numerosa famiglia, che aveva ogni ragione di credere sovrastata da un grave pericolo;
- Dopo essere stato colpito dal raggio verde ed essersi messo a letto, continuava a preoccuparsi più per la creatura cui aveva sparato (da lui creduta un uomo male intenzionato) che non per se stesso, nutrendo un forte senso di colpa;
- Ancora poco prima di morire, Inacio mostrò il suo carattere altruista e protettivo verso la propria famiglia, raccomandando alla moglie di prendere ogni precauzione, dopo la sua morte, affinché non si esponesse a un possibile contagio, e fu per questo che le ordinò di bruciare le sue cose personali.
Se, dunque, quegli esseri erano davvero pacifici e bene intenzionati, come poterono ignorare di creare un grave spavento negli umani, avvicinandosi ad essi di corsa, a pochi passi dalla grande astronave che avevano fatto atterrare davanti a una casa?
E, se erano tanto evoluti, come poterono non rendersi conto che Inacio aveva agito per un istinto di difesa; e come mai la loro reazione fu così drastica e spietata?
C'è un altro punto, tuttavia, sul quale vorremmo riflettere.
Le creature aliene, segnalate così spesso negli ultimi decenni e delle quali esistono anche dei filmati amatoriali, potrebbero anche non essere creature materiali nel senso comune della parola; potrebbe trattarsi di creature interdimensionali, che non giungono sulla Terra da un altrove fisico, bensì da una diversa dimensione dello spazio-tempo.
Questo aiuterebbe a capire varie circostanze altrimenti inspiegabili: i movimenti velocissimi e repentini delle loro astronavi (contrari a tutte le leggi fisiche a noi note); la loro frequente apparizione a esseri umani dotati di poteri paranormali; la concomitanza, pure frequente, fra la comparsa di UFO e quella di strane creature pelose, dall'aspetto orribile e dall'odore nauseabondo, che si dissolvono o scompaiono nel medesimo tempo in cui si allontano gli UFO medesimi.
Se gli alieni provengono da un'altra dimensione, ciò spiegherebbe anche le discontinuità temporali registrate dai presunti «rapiti» (come nel celebre caso dei coniugi Hill); i fenomeni di sparizione di esseri umani; quelli di teletrasporto; nonché le improvvise e misteriose formazioni di elaboratissimi cerchi nel grano; la comparsa di animali paurosi e crudeli, come i "cupacabras" di Puerto Rico; le inspiegabili mutilazioni di numerosi capi di bestiame, con l'asportazione totale del sangue, senza che rimanga, intorno alle carcasse delle povere bestie, alcun tipo di traccia sul terreno…
Ma c'è di più.
Esistono ragioni per sospettare che creature aliene siano ospitate in qualche base sotterranea della Terra, con la connivenza di taluni governi; che, in quelle basi, si conducano scellerati esperimenti su esseri umani, adoperati come cavie; che uomini potenti - capi di stato, uomini politici, finanzieri, ecc. - non solo siano a conoscenza di tutto ciò, ma si adoperino attivamente per favorire una graduale dissoluzione del tessuto sociale ,onde agevolare una presa di possesso relativamente indolore del nostro pianeta da parte di quelle creature.
Guerre, rivoluzioni e crisi finanziarie potrebbero essere pianificate allo scopo di creare caos e paura e rendere più vulnerabile l'umanità, e più fragile psicologicamente, ai condizionamenti che, mediante varie tecniche, tendono a ridurre gli uomini a docili burattini nelle mani di un governo occulto mondiale asservito agli Arconti, creature diaboliche il cui obiettivo è il dominio del mondo e l'asservimento dell'umanità alle forze del Male.
Perfino taluni eventi di carattere soprannaturale i quali, in genere, vengono attribuiti alla sfera del religioso, potrebbero essere opera, in realtà, di creature aliene interdimensionali, sempre allo scopo di favorire l'instaurazione di credenze utili alla logica dei futuri dominatori.
Il gesuita Salvador Freixedo ha avanzato l'ipotesi che molte apparizioni mariane possano rientrare in questa casistica: ipotesi da prendere con estrema cautela e, tuttavia, non priva di una sua certa plausibilità, almeno in linea teorica.
Altri studiosi, fra i quali colui che si firma Zret e che conosciamo e apprezziamo profondamente, hanno avanzato l'ipotesi che l'apparizione del sedicente angelo Moroni al profeta del mormonismo, Joseph Smith (angelo che svetta tuttora in cima alla principale chiesa mormone, la cattedrale di Salt Lake City, nello Utha) sia stata un evento reale, ma che non si sia trattato affatto di un angelo, bensì di una creatura ben diversa da ciò che sosteneva di essere…
Certo, tutto questo non può essere dimostrato in maniera inoppugnabile; però esistono una serie di indizi a dir poco inquietanti che, a nostro parere, dovrebbero essere considerati con maggiore attenzione; o, per dir meglio, dei quali la scienza accademica dovrebbe prendere in esame almeno la possibilità, e sia pure come semplice ipotesi di lavoro.
Per esempio: chi si nasconde dietro la nefanda società segreta «Skull and Bones», e quali sono i suoi reali obiettivi?
Che cosa avviene, esattamente, nel Bosco Boemo (contea di Sonoma, California) nel raduno annuale supersegreto di alcuni fra i maggiori potenti della Terra, che culmina in un macabro rituale notturno, da parte dei convenuti indossanti lunghi cappucci, ai piedi di un sinistro gufo di legno alto 30 metri?
E, ancora: perché tanta fretta, da parte delle autorità americane, di liquidare il fenomeno UFO, nel Blue Book, come del tutto inconsistente, nonostante il parere contrario di eminenti scienziati, fra i quali il professor J. Allen Hynek?
Non ci sono risposte convincenti.
Sappiamo solo che esistono indizi che portano in direzione di una congiura mondiale, la cui sola possibilità è messa in ridicolo dalla scienza ufficiale; forse anche perché essa è stata finora sostenuta da personaggi nel complesso poco credibili, come l'ormai famoso David Icke.
Questo, tuttavia, può bastare a giustificare il rifiuto di prendere in esame una serie di fatti che la scienza accademica non vuole nemmeno considerare, e tanto meno cercare di spiegarli? Se i rappresentanti dell'establishment scientifico sono così sicuri di poter dimostrare che è tutta una specie di leggenda metropolitana, perché non si danno la pena di confutare con studi seri e con argomenti appropriati gli indizi che farebbero pensare il contrario? Davvero credono che basti ridicolizzare una ipotesi per confutarla?
Ecco: sono proprio questa protervia, questo atteggiamento di assoluto, roccioso disdegno da parte non solo della scienza accademica (che, dopotutto, deve difendere le sue poltrone), ma anche del giornalismo e dei mezzi d'informazione mondiali, che tendono a rafforzare, anziché a indebolire, un'ipotesi paurosa: che gran parte delle forze economiche e politiche mondiali siano già asservite al dominio degli Arconti infernali; che abbiano già sottoscritto, più o meno consapevolmente, un patto scellerato con delle creature aliene malvagie, in cambio di denaro e carriera; che l'umanità, quindi, di fatto, si trovi già alla mercé di una dominazione aliena, rispetto alla quale essa non sarebbe altro che carne da laboratorio.
Speriamo che non sia così; che le cose non siano davvero arrivate a questo punto: ma sperare non basta.
È necessario, per quanto possibile, fare chiarezza, smascherare omertà, denunciare colpevoli silenzi e deformazioni deliberate di numerosi fatti di cronaca.
Ne abbiamo già parlato in parecchi precedenti lavori, tra i quali, in particolare, «Esiste un progetto consapevole per strappare l'anima del mondo?» (consultabile sul sito di Edicolaweb, nella Rubrica «Altra dimensione» e anche su quello di Arianna Editrice).
Bisogna evitare allarmismi incontrollati, ma anche ogni forma di connivenza con tali eventuali poteri occulti.
Ne va di mezzo non solo l'anima del mondo, ma anche la nostra anima di esseri individuali, dotati di ragione e di libero arbitrio tra il Bene e il Male.