L’Italia segretamente in guerra, contro la sua costituzione ed i suoi interessi
di Antonio Caracciolo - 19/09/2009
Io me l’aspettavo e temevo ciò che ora apprendiamo: che almeno un certo numero di nostri soldati ci sarebbero stati restituiti indietro dentro la bara. Ieri sera, nella sezione Marconi di quello che adesso si dovrà chiamare PdL, anche se ancora mancano i moduli ed i timbri, abbiamo osservato un minuto di silenzio per i nostri morti, dico nostri morti. Trascorso il tempo del lutto e del dolore occorrerà chiedersi perché sono morti e chi li ha mandati in luoghi che nella nostra mente sono infinatamente più lontani di quanto lo siano sulla carta geografica. Sono andati non certo per difendere la democrazia del popolo afghano, per portar loro quella libertà che manca a noi, asserviti da oltre 100 basi americane sul nostro territorio. No! A queste favole che i politici raccontano non crede nessuno, appena egli possa trovare il tempo per distogliersi dai problemi di vitto e di alloggio e poter pensare alla politica internazionale, ai problemi della pace e della guerra. In guerra ci sono non per volontà del popolo italiano, ma perché ristrette Lobbies ne hanno usurpato la volontà e perseguono loro criminali interessi di parte. Rinvio per una ricostruzione dell’accaduto e per un’analisi più ampia al sito di Peace reporter <http> , che riporto integralmente per comodità dei Lettori di “Civium Libertas”:
La guerra segreta degli italiani in Afghanistan
I soldati italiani combattono in Afghanistan da un anno e mezzo all’insaputa
del popolo italiano e in aperta violazione della nostra Costituzione.
Dall’estate 2006 è operativa nell’ovest dell’Afghanistan la Task Force 45 (“la più grande unità di forze speciali mai messa in campo dall’Italia dai tempi dell’operazione Ibis in Somalia” secondo l’esperto militare Gianandrea Gaiani) comprendente i Ranger del 4° Alpini, gli incursori del Comsubin, il 9° Col Moschin e il 185° Rao della Folgore. In tutto circa duecento uomini, impegnati fin dal settembre 2006 nell’operazione segreta 'Sarissa' (la lancia delle falangi oplitiche macedoni) volta a combattere i talebani a fianco delle Delta Force statunitensi e delle Sas britanniche, in particolare nella provincia
occidentale di Farah.
L’ultima battaglia a cui gli italiani hanno preso parte risale allo scorso
novembre (riconquista del distretto del Gulistan), quando sono entrati in
azione gli elicotteri da attacco italiani A-129 Mangusta e i cingolati da
combattimento Vcc-80 Dardo in dotazione ai bersaglieri del 1° reggimento della brigata Garibaldi, giunti in Afghanistan lo scorso maggio. Data dalla quale la Tf-45 impegnata nell’operazione Sarissa può contare anche sull’appoggio dei
nostri aerei spia Predator e degli elicotteri da trasporto e assalto Sh-3d.
Durante il governo Prodi l’impegno militare italiano in Afghanistan è
costantemente aumentato sia numericamente (oggi l’Italia ha in quel Paese
350 soldati, 550 in più di quelli schierati durante il governo Berlusconi)
che qualitativamente (truppe e mezzi da combattimento).
Nei giorni scorsi il sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri, ha
dichiarato che “non bisogna illudersi: dovremo restare in Afghanistan molto a
lungo”.
Il governo italiano continua a parlare di un “ripensamento della strategia” della Nato in Afghanistan, auspicando un maggior co involgimento dell’Onu e una conferenza di pace. Anche secondo gli Stati Uniti è il momento di dare una svolta alla missione, ma in senso opposto: a dicembre il capo del Pentagono, Robert Gates, ha dichiarato che in Afghanistan “la Nato deve spostare la sua attenzione dall’obiettivo primario della ricostruzione a quello di condurre una classica controinsurrezione”.
Enrico Piovesana
Inutile cercare la notizia con un commento sui nostri maggiori quotidiani, impegnati ad discettare sulla virilità del presidente del consiglio o sulla grande novità della circoncisione del presidente della Camera. No, di questa stampa del peggiore regime è bene ci si abitui a non tener nessun conto