Dal PIL al BIL, anche il “Sole 24 ore” si accorge della differenza
di Francesco Bevilacqua - 23/09/2009
Anche il Sole 24 ore ha cambiato prospettiva: oltre alla solita classifica del PIL, il Prodotto Interno Lordo, quest'anno ha proposto anche quella del BIL, il Benessere Interno Lordo. Per quanto sia difficile ridurre in numeri la vera felicità, questa apertura segna un importante passo avanti che in futuro potrà forse portare a un cambio di mentalità.
Il Pil è un indicatore ormai superato. Al suo posto il Sole 24 Ore propone il Bil
Il BIL è la risultanza di otto indicatori che prendono in esame ambiti della vita quotidiana dei singoli e delle comunità andando al di là del dato meramente economico. Si parla quindi di condizioni di vita materiali, di salute, di istruzione – misurata attraverso gli iscritti all’università –, di attività personali, di partecipazione alla vita politica – in questo caso fa fede l’affluenza alle urne in occasione delle scorse europee –, di rapporti sociali, di insicurezza economica e fisica fino all’ambiente, variabile importante che può denotare, se di segno negativo, situazioni particolarmente gravi, come quella di Siracusa, ultima città italiana nella graduatoria del BIL a causa di una situazione ambientale critica, in cui spiccano i 25 chilometri quadrati di discariche abusive.
La zona dove il benessere sembra esistere realmente è quella di Marche e Romagna: sette delle prime dieci città si trovano infatti in queste due regioni. In fondo alla classifica troviamo, come già detto, Siracusa, mentre la capolista è la provincia di Forlì-Cesena. Nel prospetto riassuntivo viene anche indicata la differenza di posizione rispetto al tradizionale calcolo del PIL, evidenziando discrepanze notevoli: Bolzano, Roma, Torino e Venezia sono le città che perdono più posti, ovvero quelle i cui abitanti sono ricchi ma infelici; a Rieti, Lecce e Ascoli (che guadagnano rispettivamente 54, 53 e 50 posizioni) invece è proprio il caso di dire che “i soldi non fanno la felicità”. Una curiosità: è Pordenone l’unica città che occupa la stessa posizione sia nella classifica del BIL che in quella del PIL.
Il Sole 24 Ore ultimamente sta dando molti segnali che vanno in direzione della decrescita
Anzitutto, è da considerarsi certamente un fatto positivo che importanti figure della politica internazionale e dell’informazione – penso a Sarkozy, che ha incaricato l’economista Joseph Stiglitz, fra l’altro già avvezzo alla trattazione di questo tipo di tematiche, di formare la commissione per la ricerca del “benessere pluridimensionale” o al Sole 24 ore, che ha raccolto questa sfida e stilato la classifica del benessere – si siano sganciate dal paradigma dominante, quello proprio dell’homo economicus, il quale pretende di misurare ogni cosa attraverso la fattibilità, la remunerabilità, senza prendere in considerazione alcun criterio che non possa quantificare il guadagno personale.
Purtroppo gran parte della società occidentale si fonda su questi ragionamenti ed è ordinata da queste valutazioni; tale apertura, seppur parziale e limitata, pare quindi un incoraggiante segnale di rottura rispetto alla consueta logica mercantilista.
Un evidente limite di questa originale classifica è tuttavia insito nella sua stessa natura: il tentativo di ingabbiare simili indicatori in una graduatoria costituita da cifre, segni e valori è infatti un’evidente forzatura. Questo per due motivi: intanto perché dal punto di vita strettamente statistico è un arduo compito quello di trovare canoni oggettivi che possano ad esempio stabilire se una città è sicura o se la sua popolazione è istruita; qualunque criterio si adotti, il rischio è quello di scattare una fotografia che non rappresenta davvero la realtà dei fatti. In secondo luogo, è sbagliato l’approccio concettuale: è indiscutibile che un quotidiano come il Sole 24 ore non sia certamente la sede migliore per proporre profondi discorsi filosofici ed esistenziali, ma una delle proprietà più importanti della ricchezza non materiale, del benessere, è proprio la sua incommensurabilità, la sua natura astratta e intima, che si manifesta secondo sentimenti, sensazioni, azioni singole o collettive e che quasi mai può essere quantificata e ridotta in numeri.
Ben venga quindi la classifica del benessere, un primo, timido tentativo di scardinare l’ideologia dell’utile e della crescita che fa capo al PIL per rivolgersi verso quella della consapevolezza, del dono e della decrescita espresse dal concetto di BIL.