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La vera bellezza

di Nikos A. Salìngaros - Stefano Serafini - Paolo Masciocchi* - 04/12/2009



In occasione dell’incontro di S.S. Benedetto XVI con gli artisti,
avvenuto lo scorso 21 novembre nella Cappella Sistina, il Papa,
prendendo in prestito le parole del teologo Hans Urs Von Balthasar, ha
condotto una riflessione sulla responsabilità di chi è chiamato a
portare la bellezza in un mondo umano altrimenti gravato dalla cupidigia
e dalla tristezza. In effetti la manifestazione dell’espressione
spirituale, per molti secoli, ha coinciso con una profonda ricerca del
significato del bello e del vero nelle arti, costituendo un presupposto
indispensabile a partire dal quale venivano ammaestrate generazioni di
talentuosi, nelle piccole botteghe come nelle grandi scuole. Arte come
segno esteriore di virtù, soglia di un mondo non visibile, eppure
sperimentabile con un tramite sensibile, cui la Chiesa stessa ha aperto
le porte per la creazione di opere grandiose.

Ad una lettura superficiale, quello di Benedetto XVI può sembrare un
discorso limitato all’arte religiosa, forse un appello ad elevare la
qualità per futuri incarichi artistici da parte della Chiesa Cattolica.
Noi siamo invece consapevoli che l’intenzione del Santo Padre sia stata
d’ordine generale. L’arte coinvolge l’intera società, e in riferimento
alle influenze nichiliste sulla cultura degli ultimi decenni, Benedetto
XVI ha usato parole significative: «Troppo spesso … la bellezza che
viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante
fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli
ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in
se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si
tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la
volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si
trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti
dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se
stessa». Parole molto dure, e a nostro avviso la condanna più forte
contro un’arte globale impazzita e orientata verso la bruttezza voluta e
la distruzione della coerenza espressiva.

Il Pontefice ha quindi sottolineato le caratteristiche specifiche
dell’arte rigenerativa: «L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore
umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di
andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza
ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo
la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del
nostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo
attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno quotidiano.
… L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta
con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da
cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e
trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di
spiritualità». Non vi è spazio in queste sapienti parole per la moda
ironica ed effimera, per l’immaginazione nichilistica, per un’ideologia
che disprezza la vita e il creato, per l’indifferenza verso l’uomo. Ora,
la ragione stessa impone la necessità di garantire un fondamento alla
ricerca della bellezza, un senso al confronto umano sui presupposti
della creatività e del suo servizio all’umano. Ed è proprio un
contemporaneo maestro del logos, scienziato e filosofo, architetto e
matematico, pioniere del software, undicesimo premio Vincent Scully,
professore a Berkeley, l’antesignano di un’organica teoria
sull’argomento: Christopher Alexander, il quale nella sua magistrale
opera sulla natura dell’ordine (The Nature of Order, 4 voll.,
2001-2005), ha disposto con acuta consapevolezza epistemologica
un’alleanza feconda tra arte, esperienza del sacro, e scienza.

L’ideologia contemporanea ci ha disabituati a pensare che la pratica
architettonica possa avanzare su un tratturo scientifico-razionale.
Eppure l’evidenza sperimentale è al riguardo schiacciante. Spazi
architettonici ospedalieri più o meno consoni incidono sulla velocità di
ripresa e sul consumo di analgesici dei pazienti. Le capacità cognitive
— sia animali che umane — si sviluppano meglio in ambienti organizzati
secondo una ricca carica informazionale, piuttosto che in contesti
astratti e visualmente vuoti. L’integrazione cognitiva e sensoriale, e
dunque il benessere, vengono oggettivamente favoriti da certe
caratteristiche geometriche/artistiche. L’effetto è conosciuto come il
fenomeno della “biofilìa”, e Alexander ha scoperto alcune delle leggi
geometriche per produrlo. Criteri e strumenti operativi, grazie alla sua
opera costata trent’anni di ricerche, sono oggi a disposizione di
qualunque artigiano voglia realizzare la connessione dell’uomo con la
profondità che, visibile e invisibile, ci circonda e nutre il nostro
essere viventi.

Naturalmente la comprensione delle leggi di isomorfia tra il nostro
ordine fisiologico e le nostre creazioni è soltanto il primo passo nella
direzione del fine ultimo ed originario dell’arte sacra, in tutte le
religioni storiche dell’umanità. La sola biologia certo non basta ad
avvicinarci a Dio, eppure quantomeno la struttura meravigliosa della
vita ci indica la strada corretta. Scostarsene per “originalità” spezza
il collegamento tra arte e uomo, ma allontana ancor più dalla ricerca
del sacro. Ciò viene peraltro confermato da molti artisti ed architetti
di grido, quando apertamente negano l’esistenza del vero, del bello, e
più preoccupante ancora, del sacro, in una autistica convinzione che li
porta a confondere il nichilismo con uno spazio di libertà. Lo sbaglio
fondamentale di molti artisti consiste nel confondere
l’autoreferenzialità mentale con l’indipendenza e l’originalità. Nulla
di più falso. Come ben sanno gli scienziati informatici, una memoria del
disco rigido infettata da un virus, indurrà la diffusione del virus
stesso in tutti i programmi che la utilizzeranno. Allo stesso modo,
immagini scisse, innaturali, hanno infettato le menti di molti creativi.
Le loro opere riproducono così di fatto un’ideologia autoreferenziale,
condensata nelle immagini sempre uguali di uno stile alieno. Come in
informatica, il virus può essere eliminato riautenticando la memoria
mediante algoritmi sicuri, cioè i pattern naturistici garantiti
dall’equilibrio vitale.

Il Pontefice ha fondato il proprio discorso sulla grande tradizione
religiosa, senza riferimento agli ultimi risultati della scienza. Sembra
dunque che in Vaticano non vi sia ancora consapevolezza circa l’opera di
Alexander, e della relazione che essa stabilisce tra la creazione umana
e Dio. Le sue ricerche utilizzano l’arte e l’architettura religiosa per
spiegare fenomeni scientifici, e soprattutto il collegamento profondo
che gli esseri umani avvertono di fronte alle creazioni artistiche più
commoventi del passato. Non a caso Alexander è stato candidato per la
terza volta al Premio Templeton, destinato a chi abbia  fornito «un
contribuito eccezionale nell’affermare la dimensione spirituale della
vita». Se lo vince, Alexander si unirà ad un gruppo illustre di
scienziati che hanno dimostrato l’esistenza di una unione tra religione
e scienza.

Non esiste contrapposizione tra arte, scienza e religione, se non
nell’inebriamento voluto dal totalitarismo dei segni. Oggi è possibile
tornare ad applicare conoscenza e razionalità reali, e non ideologia, a
tutta l’arte, per potenziarne originalità e positiva creatività.
Recuperare una sensibilità all’ordine naturale, alle leggi dello spazio,
ai bisogni umani, compresi quelli più profondi, che siamo
sistematicamente andati perdendo nel corso degli ultimi decenni.
Un’architettura autentica passerà dunque innanzitutto per l’esercizio di
ricerca degli autentici bisogni del committente, piuttosto che per i
dogmi imposti dal grande mercato al quale il nichilismo ha infine
ridotto il fine dell’arte. Quindi, per una procedura di dispiegamento
dell’ordine spaziale secondo precise leggi sperimentali, portando alla
luce soluzioni esatte dall’umile ascolto, seguendo il criterio di ciò
che più agevola ed esalta la vita nel suo viaggio verso l’assoluto.

Il non-protagonismo e l’artigianalità degli strumenti scoperti da
Alexander uccidono i falsi ego della cosiddetta arte mediatica. Essa
ritorna condivisibile, senza guru, aperta alla comprensione e al
contributo dei suoi fruitori. Produce effetti di benessere fisico,
estetico e funzionale perché individua, applica e rinforza la
connessione personale all’ordine dell’universo, aprendo un canale di
comunicazione con una vasta realtà che pensavamo di aver perduto nei
miti. Il sentimento di meraviglia, il risveglio della spiritualità, il
rinforzo della vita ne sono i risultati. Siamo alle soglie d’una era di
creatività finora inimmaginabile, di un’arte ed un’architettura a misura
dell’uomo che alzeranno lo spirito umano al pari dei movimenti artistici
più gloriosi nella nostra storia. Occorre solo la volontà per varcare la
soglia.


* Nikos A. Salìngaros (matematico-urbanista), Stefano Serafini
(epistemologo), Paolo Masciocchi (sociologo)