Ancora un nulla di fatto ieri a Copenhagen dove sono arrivati i capi di Stato e di governo partecipanti al summit. Il nodo centrale di quello che potrebbe trasformare il Vertice delle Nazioni Unite in un fallimento è la spaccatura tra i Paesi poveri del Sud del mondo e i Paesi industrializzati. Se gli appelli alla ricerca veloce di un compromesso della presidente danese della Conferenza Onu, Connie Hedegaard, evidenziano quanto il fallimento non sia una eventualità ma una possibilità sempre più tangibile, la dura requisitoria del presidente venezuelano Hugo Chávez e di quello bolivariano Morales rappresentano quanto il divario tra Nord e Sud, poveri e ricchi stia facendo naufragare il futuro del clima. Chávez ha attaccato duramente il presidente Usa Barack Obama e il capitalismo. “Il capitalismo - ha detto il mandatario venezuelano - minaccia l’esistenza stessa della specie umana e, per questo, riguardo alla questione ambientale, bisogna cambiare non tanto il clima quanto il sistema, solo così inizieremo a salvare il pianeta”. Chávez ha quindi giudicato positivamente la manifestazione di ieri contro il capitalismo nella questione ambientale riprendendo uno slogan dei manifestanti che fa riferimento alla crisi bancaria mondiale e agli aiuti forniti ai bancari e ai grandi istituti finanziari: “Se il clima fosse stato una banca, già lo avrebbero salvato”. Secondo il presidente venezuelano “È la verità. I governi ricchi hanno salvato le banche capitaliste”, ha chiosato per poi sottolineare, ispirandosi ad una frase di Marx, che “Si può affermare che un fantasma attraversa Copenaghen, e va in silenzio per questa sala, tra noi, questo fantasma è spaventoso e non è altro che il capitalismo”. Anche il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha duramente attaccato il capitalismo: “Se vogliamo salvare la Terra e l’Umanità dal cambiamento climatico dobbiamo prima farla finita con il capitalismo”, precisando che “il cambiamento climatico è l’effetto e non la causa del sistema capitalistico” e che occorre cambiare il nostro modello di vita. Se la dichiarazione finale del Vertice non dovesse soddisfare le aspettative, Morales si è dichiarato pronto a bloccare i negoziati. Intanto, mentre Pechino annuncia di non avere nessuna intenzione di negoziare tagli alle emissioni di gas serra diversi da quelli proposti, gli sforzi di Bruxelles si moltiplicano. L’Ue si è detta pronta al superamento dell’anno 2020 come parametro fissato per la riduzione delle proprie emissioni di CO2. “Gli sforzi sul clima non si fermeranno al 2020”, ha affermato il premier svedese Fredrik Reinfeldt aggiungendo che “è giusto avere delle idee e dei colloqui anche su quello che accadrà dopo il 2020”. L’Ue si è impegnata a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 20% entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990 ma secondo quanto ha detto Reinfeldt la quota potrebbe passare al 30%, se gli altri grandi inquinatori decideranno di unirsi allo sforzo. Guarda lontano invece l’ex vicepresidente “ecologo” Usa Al Gore che propone che l’accordo contro il riscaldamento globale che la Conferenza di Copenaghen si appresta ad adottare venga finalizzato al summit previsto in Messico, che andrà anticipato a luglio del 2010. La riunione in Messico è attualmente prevista per la fine del prossimo anno.
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