Quattro miliardi di euro per salvare l'Italia... Ma si salverà?
di Giulia Dal Tio - 03/03/2010
Secondo uno studio recente dell’ANSA, il 70% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico, percentuale che raggiunge il 99% nelle Marche e in Toscana e il 100% in Calabria, Umbria e Valle d’Aosta. Se la conformazione geologica e geomorfologica del territorio italiano (caratterizzato da una orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento) espone il Bel Paese a una forte percentuale di rischio « naturale » è pur vero che l’intervento umano ha giocato e gioca un ruolo come sempre determinante.
Secondo uno studio recente dell’ANSA, il 70% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico, percentuale che raggiunge il 99% nelle Marche e in Toscana e il 100% in Calabria, Umbria e Valle d’Aosta
Se alcune tragedie naturali (come i terremoti) sono difficicili da evitare e possono essere solo previste, altri disastri ecologici, come le frane (470 in 50 anni), sono la triste risultante di un grave dissesto ecologico iniziato negli anni 70 e al quale non si è ancora messo veramente riparo.
L’abbandono delle montagne, l’abusivismo edilizio, il disboscamento incontrollato, l’utilizzo di mezzi e tecniche agricole indifferenti al benessere ambientale, l’apertura di cave di prestito, l’occupazione di zone di pertinenza fluviale, l’estrazione di acqua e gas dal sottosuolo, solo per citarne alcuni, sono tra i fenomeni che hanno aumentato la precarietà del nostro territorio. Quando le conoscenze in materia di salvaguardia ambientale erano ancora limitate, se non del tutto assenti, in Italia si è costruito in zone considerate ad alto rischio sismico, come negli antichi borghi e nei centri storici che oggi rappresentano parte della nostra ricchezza artistica e culturale, condizione che ci spinge di fronte a un difficile bivio ideologico-morale : come garantire la sicurezza degli abitanti (apportando quindi le necessarie modifiche territoriali) senza offendere o rovinare questo patrimonio inestimabile ?
BIVIO REALE O FITTIZIO ?
Evacuare le zone a rischio e lasciarci la possibilità di visitare questi luoghi attraverso le miracolose ricostruzioni che la tecnologia in 3D è oggi in grado di offrire sembra un’alternativa alquanto sterile ma forse inevitabile. Non si può esitare o azzardare a mercanteggiare quando a rischio vi sono centinaia di vite umane (ma una sola varrebbe). La questione è un’altra : cosa fa l’Italia (il Governo italiano) per far fronte al rischio di catastrofi « naturali » ? Come e quanto si adopera per salvaguardare la vita dei suoi abitanti ? Il bilancio con il quale il WWF ha concluso il 2009 non fa certo ben sperare. Dalla tragedia de l’Aquila all’alluvione di Messina, alle frane di Ischia, Garfagna e Versilia, quadro disastroso aggravato dai sempre più violenti effetti causati dai mutamenti climatici e dagli ormai decennali problemi di inquinamento. La situazione sembra destinata a peggiorare poiché nei prossimi anni la crescita dei gas serra in atmosfera modificherà il ciclo idrico aumentando considerevolmente l’intensità delle piogge e moltiplicando le trombe d’aria.
L’Italia non è riuscita (o non si è impegnata) a prestar fede agli impegni assunti in relazione al problema ambientale-climatico
Servono quattro miliardi di euro per risanare il sistema idraulico italiano, più o meno la somma che l’Italia spende ogni anno per far fronte ai danni provocati da frane e alluvioni (21 miliardi di euro tra il 1994 e il 2004 – 700 morti tra il 1973 e il 2001), soldi che verrebbero quindi recuperati nell’arco di pochi anni. Quattro miliardi di euro per rendere più sicuri torrenti, rogge, pendii collinari, canali e per salvaguardare l’esistenza di città come Mantova e Venezia, di luoghi pubblici come l’aereoporto di Fiumicino, di arterie di collegamento come l’autostrada Firenze mare o il sistema di ferrovie Roma-Napoli.
Quattro miliardi di euro per garantire un risparmio di denaro futuro, ma soprattutto per evitare di « spendere » altre vite umane. Questo solo dovrebbe contare.