Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Pensieri antimoderni. Recensione in forma autobiografica

Pensieri antimoderni. Recensione in forma autobiografica

di Valerio Zecchini - 09/03/2010


Qualche anno fa ho pubblicato col mio gruppo musicale Post contemporary corporation un disco dal titolo Gerarchia Ordine Disciplina; nonostante la buona accoglienza della critica e di un pubblico selezionato, l'establishment della musica indipendente italiana (costituito in massima parte da personale proveniente dai centri sociali e dall'organizzazione delle feste dell'unità) colse l'occasione per perfezionare un lungo ostracismo nei confronti della mia persona. Il titolo in questione era infatti considerato inaccettabile e scandaloso, tanto quanto il suo acronimo GOD. Non credo che tale ostilità fosse dovuta a una possibile apologia di qualsivoglia gerarchia istituzionale, militare o vaticana, ma piuttosto alla generica ripulsa che genera nei progressisti di ogni specie la semplice enunciazione di questi tre concetti. Mentre invece sappiamo tutti benissimo che il tipo di gerarchia prevalente nella società contemporanea è quella economica - e sappiamo anche benissimo che le fortune economiche di oggi sono tutte costruite sui gusti della plebe. I motivi profondi di questa repulsione risiedono nel fatto che il significato autentico delle tre parole in questione scuote alle fondamenta il tabù dell'egualitarismo, perchè richiama alla mente ancestrali valori aristocratici: il piccolo borghese progressista - la stragrande maggioranza della popolazione - è disposto a riconoscere solo la superiorità economica (una differenza di rango che forse un giorno riuscirà a colmare), mai una superiorità spirituale.
Fu Nietzsche a dire che la misarchia (l'assenza di gerarchia) non può darsi nella vita, e infatti un mondo come quello di oggi che crede ciecamente nell'egualitarismo e nello spirito del gregge è sottoposto a ferree gerarchie economiche. E chi sono i capi, quando ogni politico contemporaneo chiede di farsi votare in quanto è "uno come voi"? Se sei uno come noi, perchè ci dovresti comandare? E come si fa a riconoscere i maestri, senza vera gerarchia? Le masse odierne sono propense a riconoscere come maestri i giornalisti, i presentatori e gli intellettuali proposti dai media, ma qualunque persona minimamente accorta sa bene che costoro sono maestri di un bel nulla, o quasi sempre sono maestri di conformismo.
"Disciplina, ordine, gerarchia: sono valori estetici". Questo laconico aforisma di Nicolas Gomez Davila, nella sua estrema semplicità, incornicia un'intera filosofia di vita, esprime in una riga il distacco siderale dal mondo tutto borghese di oggi. "Pensieri antimoderni" mi è stato consigliato da un amico, l'ottimo Eduardo Zarelli, il quale aveva notato una certa consonanza di interessi tra l'opera di Gomez Davila e i miei quattro libri di aforismi. Dico subito che ci troviamo di fronte a un pensatore importantissimo nonchè fine letterato - e il fatto che abbia scritto soltanto aforismi lo nobilita ancora di più: infatti, come ci dice lui stesso, non esistono scrittori che scrivono molto, esistono scrittori che si ripetono molto; e di solito, aggiungiamo noi, per motivi meramente commerciali.
Ma chi era Nicolas Gomez Davila? Un pensatore apertamente reazionario e totalmente anti-moderno, un nostalgico della Vandea anti-giacobina, uno strenuo difensore del trono e dell'altare, dei valori del sangue e del suolo, ma soprattutto un fiero fautore di ideali aristocratici che non a torto metteva sullo stesso piano (di sinistra) il comunismo e la liberaldemocrazia che lo ha sconfitto. E tutto ciò è solo apparentemente contraddittorio, infatti oggi in Cina sono i comunisti a dirigere un'economia ultraconsumista...in particolare, il suo livore antidemocratico può lasciare sgomenti - ma considerando lo stato attuale delle cosiddette democrazie di massa occidentali, come si può non essere d'accordo?
Chi ha familiarità con gli scritti di Spengler, Evola, Adriano Romualdi sulla decadenza dell'occidente non troverà nulla di nuovo in Gomez Davila sul piano dei contenuti; vi troverà piuttosto un puntuale aggiornamento, e invettive ancora più sferzanti contro l'inconsistenza di un mondo dove tutto è finito in commercio. Nella consapevolezza di poter svolgere soltanto un ruolo di testimonianza, Gomez Davila ammette l'impotenza politica delle idee reazionarie nell'attuale scenario di globalizzazione liberaldemocratica trionfante. Sa però che il tempo, poco alla volta, gli darà ragione e per questo ha potuto vivere nella sua personale torre d'avorio senza sensi di colpa, con fierezza e disinvoltura.
Molti saranno tentati di tracciare un parallelismo tra questo autore e l'altro grande aforista del novecento, Emil Cioran. E' vero che la ferocia dell'enunciato e un innegabile senso della formula avvicinano i due contemporanei, ma è impossibile confondere la profonda misantropia dell'autore dell'"Inconveniente di essere nato" con le numerose affermazioni dei "Pensieri antimoderni" in cui vengono difese la religione, la bellezza, l'intelligenza. E' difficile pertanto non condividere ciò che ha scritto al riguardo Frédéric Guchemand:"Gomez Davila, al contrario di Cioran, é un uomo di valori maiuscoli più che di rifiuti. Secondo lui la Verità, l'Amore, il Pensiero, l'Istante apportatore di eternità esistono e si tratta di difenderli. O quantomeno di praticare contro il mondo moderno un sabotaggio spirituale metodico".
Il metodo e lo stile sono infatti gli elementi che più contribuiscono alla grandezza di questo personaggio e sono strettamente connessi alla sua biografia. La sua esistenza è povera di aneddoti e perfettamente estranea a qualsiasi avventura. "Soltanto la quiete e l'abitudine ci danno la polpa delle cose, delle essenze, degli esseri", si compiaceva di dire. C'è perciò da immaginarselo immerso nel rituale quotidiano della sua esistenza, recluso nella biblioteca di trentamila volumi della sua residenza di Bogotà; è qui che affinò nei decenni la suprema arte dell'aforisma in cui si fondono lucidità e paradosso. E qui troviamo anche una singolare affinità di metodo con l'aforisma postcontemporaneo, pratica che coltivo da oltre un quindicennio. E' un metodo di lavoro simultaneista per cui mentre accumulo, stratifico e mi sovraccarico, automaticamente seleziono e mi rendo sincretico. La chiave di questa affinità sta nel titolo dell'opera omnia dello scrittore colombiano: Scogli per un testo implicito. Quell'enigmatico "testo implicito", instancabilmente commentato dal grande pensatore, sarebbe vano volerlo ricostituire, visto che esso si staglia ancora oggi, quotidianamente, dinanzi ai nostri occhi; si tratta semplicemente del mondo  che ci circonda, con le sue menzogne, i suoi aspetti grotteschi e il suo ininterrotto chiacchiericcio. Gomez Davila ha capito meglio di chiunque altro che la decifrazione - e di conseguenza la denuncia - dei falsi simboli e dei discorsi vuoti della modernità passa immancabilmente attraverso un pensiero non lineare ma concentrico.
Scomparso nel 1994, Gomez Davila era già noto in Germania, e si deve a un sottile germanista quale era Franco Volpi la cura dei due volumi pubblicati in Italia da Adelphi qualche anno fa, incluso l'epilogo inserito in uno di essi. Lo stesso testo era contenuto nella voluminosa raccolta di aforismi pubblicata in Francia dalle Editions du Rocher nel 2003, significativamente intitolata dall'editore Les horreurs de la démocratie. Pensieri antimoderni si presenta con la consueta eleganza che contraddistingue le edizioni di Ar e contiene un'appassionata postilla della curatrice Anna K. Valerio della quale vale la pena riportare un passo importante: "l'aforisma di Gomez Davila, approfondimento delle invettive e dei canti nietzscheani, prolungamento degli inni e delle laudi dei soli al cospetto del divino, eredità di una inesausta, arcaica e tenace, arcana e trasfigurante, trasfigurata tradizione di cerca del valore, del suo significato e della sua realtà, è un non plus ultra che tacita le altre voci. Oltre, può andare solo il soldato con il suo bagaglio letale, il monaco che leva la fronte verso il cielo; o stare, forse, l'amplesso di due "anime che si esprimono nella carne", un contadino serenamente curvo sul gemoglio di patate". L'ammirazione incondizionata che genera parole alate.
Nel libro c'è anche una foto dello scrittore immortalato nel suo studio-fortezza e l'immagine stupisce perchè ci ricorda più un riservato impiegato di banca che un fiero hidalgo; e a proposito di hidalgos, viene anche da chiedersi come mai Gomez Davila non si sia interrogato sulla storia della sua aristocrazia di riferimento, quella iberica, che era già in crisi di credibilità ai tempi di Cervantes - un'agonia durata secoli. Se si auspica che prima o poi appaiano all'orizzonte nuove élites di nobili, guerrieri, sacerdoti sarebbe bene riflettere sul declino delle aristocrazie precedenti. Per non parlare poi di ciò che rimane oggi delle varie dinastie europee: un mondo decrepito, votato al culto di sterili etichette. L'attuale re di Spagna, il carismatico e popolarissimo Juan Carlos, è l'eccezione che conferma la regola. Altro elemento che il pensatore di Bogotà non prende in considerazione è questo: l'ultramodernità oggi vigente (e tuttora vincente) che possiamo chiamare in tanti altri modi come società dello spettacolo, sogno americano, iperconsumismo, è tale perchè nel tempo ha sconfitto filosofie, avanguardie artistiche, movimenti politici portatori di un'idea antimaterialista della modernità - o meglio pretendevano di indirizzare la modernità verso più alti fini. Un esempio su tutti, il futurismo.
Credo che l'importanza dell'opera di autori come Gomez Davila sia capitale, poichè serve a ribadire vigorosamente la sacralità dei valori antichi, arcaici, fondanti della nostra identità. La quale però non può essere un'identità immobile, ma mutante e dinamica, che non evita l'ineludibile confronto con la modernità per quanto marcia essa possa rivelarsi.
La mia indole bellicosa mi porta insomma a voler imporre questi valori a una modernità recalcitrante. E' la chiamata alle armi permanente dei postcontemporanei, la quale senza dubbio trae impulso vitale da aforismi e sentenze impareggiabili come quelli del grande solitario di Bogotà:
"La società democratica si accontenta, nei migliori dei casi, di rendere sicura la convivenza.
Le società aristocratiche, invece, erigono al di sopra della gleba umana un palazzo di cerimonie e di riti per educare l'uomo".
"Quando un suo ministro sostiene che la liturgia ha per fine di agire non sugli dei ma sui fedeli, il culto perde qualsiasi significato religioso e si tramuta in terapia di gruppo".
"Il corpo è favola dell'anima".
"Non possiamo sperare che la civiltà rinasca finchè l'uomo non si sentirà umiliato nel darsi a opere economiche".
"Lo spettacolo più ripugnante e grottesco è quello della supremazia di un professore vivo  su un genio morto".

NICOLAS GOMEZ DAVILA
PENSIERI ANTIMODERNI (A CURA DI ANNA K. VALERIO)
EDIZIONI DI AR
EURO 11