Ma com'è americano quel Maometto!
di Samir Amin - 25/04/2006
Fonte: Harpocrates
L’intellettuale Samir Amin, noglobal di punta, accusa gli Usa:
«Sono loro ad aver creato l’integralismo islamico che finanziano»
Il terrorismo, il grande alibi
D. All'appello di Washington affinché il mondo firmi un fronte comune contro il terrorismo si contrappone un'altra opzione: un movimento mondiale di opposizione alla globalizzazione. Lei critica i leader occidentali, creatori, a causa della loro non comprensione, dell'islamismo politico che, adesso, fa loro paura
Bisogna essere lucidi: questa crociata contro il terrorismo guidata da George W Bush è un alibi per farla finita con questo movimento.
D. Mi sorprende: lei pare giustificare la violenza dei fondamentalisti o degli integralisti islamici...
Non giustifico nulla. Lei sa molto bene che ho passato la mia vita opponendomi ad essi. Contestualizzo il problema. È diverso. Ora, prima di proseguire, c'è un punto che mi urge chiarire: i termini integralista e fondamentalista sono termini assolutamente erronei,
utilizzati esclusivamente dall'Occidente. Nei Paesi arabi, nessuno li usa, perché il discorso islamico che cerca di fornire un'alternativa alla modernità capitalistica non ha alcun fondamento teologico. È meramente politico. È una manifestazione politica del sentimento
religioso dei popoli musulmani. Per questo parliamo di islamismo politico e non di fondamentalismo o integralismo. Più grave ancora: gli occidentali, ed in primo luogo gli Stati Uniti, hanno partecipato attivamente alla strumentalizzazione di questo islamismo.
D. Quali erano i rapporti di queste correnti con l'Islam?
Negli Stati diretti dalla borghesia liberale o dal nazionalismo populista, i governi diffidavano dell'Islam. Non si trattava di Stati laici, l'Islam figurava nella Costituzione come religione di Stato, ma i governanti lo separavano dalla politica. Quando i loro rispettivi
progetti sono collassati, l'islamismo si è preso la rivincita. Ha manipolato in modo abbastanza grossolano il sentimento religioso di ampi strati della popolazione e ha iniziato ad acquisire un sempre maggiore ascolto. Questo fenomeno si è acutizzato negli ultimi venti anni, con l'irruzione brutale del neoliberismo, che ha messo fine a tutti i benefici che gli strati inferiori della media borghesia avevano potuto trarre dal nazional populismo. Queste sono le ragioni "interne" della nascita dell'islamismo politico nei Paesi arabi e
musulmani. Ma non bisogna sottovalutare il ruolo che ha giocato l'intervento esterno.
D. Potrebbe essere un poco più esplicito?
L'Islam politico è prodotto del fallimento di due grandi correnti che furono molto attive nel Terzo Mondo, in particolare in Asia e Africa, per buona parte del XX° Secolo... non mi piace il termine fallimento. Sarebbe più esatto parlare di impossibilità di superare determinati limiti.
D. Quali erano queste correnti?
Da una parte, quella della borghesia liberale. Si trattava di una borghesia modernista, non molto democratica, convinta che avrebbe potuto integrarsi nella globalizzazione capitalista, che non è nata ieri, e che pensava di poterlo fare negoziando i termini di questa integrazione nell'ambito di una certa interdipendenza. Accarezzava l'illusione di non dover obbedire come semplice agente della colonizzazione. Non vi è riuscita. E ha dovuto sottomettersi alla volontà imperialista. La seconda corrente è ciò che chiamo il
"nazionalismo populista", la cui prima manifestazione fu, a mio giudizio, la Rivoluzione Messicana. Questa corrente si opponeva all'imperialismo ed alla borghesia locale. Non era per forza socialista nel senso sovietico della parola, ma la sua ideologia aveva un forte contenuto sociale. Nei Paesi arabi, questa corrente, si è manifestata attraverso il nasserismo in Egitto, il baasismo in Iraq e Siria, il regime di Boumediene in Algeria, eccetera... Neppure questa corrente si è imposta. Non è fallita del tutto perché ha generato grandi trasformazioni nelle società, ma non ha completato la sua missione. Il fatto che si siano esaurite queste due correnti concomitanti e successive, a volte antagoniste, ha creato un grande vuoto che l'islamismo non ha tardato a riempire.
L'influenza statunitense
D. Vale a dire?
Fin dalla sua nascita, l'islamismo politico si è inquadrato perfettamente nel piano di egemonia statunitense. Non metteva in questione il capitalismo, oggi non mette in questione il neoliberismo.
Nel suo discorso non critica la globalizzazione economica, attacca solo quella culturale. Non analizza le contraddizioni sociali né cerca di lottare contro di esse. Rinchiude la gente nel comunitarismo, nella sottomissione e nella passività.
D. Lei vuoi dire che gli Stati Uniti hanno assistito compiaciuti alla nascita dell'islamismo politico.
Non si sono limitati a questo. Appena percepiti i primi frutti dell'islamismo, gli Stati Uniti sono entrati nel gioco e hanno iniziato a trarre vantaggi dal problema. Ancora una volta bisogna tornare alla storia. Nel 1955 si è celebrata la Conferenza di Bandung, un avvenimento importantissimo, che affermava la solidarietà antimperialista dei popoli di Asia ed Africa. Questo ha provocato il panico a Washington. Tre anni dopo fu creato il Congresso Islamico Mondiale.
D. Chi lo ha creato?
Arabia Saudita e Pakistan hanno finanziato tutto. Ma dietro ad essi vi erano gli Stati Uniti. Quando se ne accorse, Nasser si infuriò. Me lo ricordo ancora che gridava: cos'è questo Congresso Islamico Mondiale? Chi ne ha bisogno, se già abbiamo la Conferenza di Bandung? È un colpo dei Nordamericani! Nasser non ha detto è un colpo dei Pakistani o dei Sauditi. Ha detto dei Nordamericani. Ha capito subito che Washington cercava di rompere l'unità e la solidarietà asiatico - africana...
D. Per questo, all'inizio, lei parlava della strumentalizzazione dell'islamismo da parte degli Stati Uniti.
Ovviamente. Lo fanno da quarant'anni. Lo so anche troppo bene. L'ho vissuto. Ogni volta che noi, gli avversari dell'islamismo politico, ci siamo battuti contro di esso, abbiamo cozzato contro gli Occidentali, soprattutto contro gli Statunitensi. Negli ultimi decenni,
l'Occidente in generale ed essenzialmente gli Stati Uniti, hanno appoggiato questo
islamismo. Hanno mosso milioni di dollari per farlo. Grazie all'aiuto degli Stati Uniti, di loro alleati in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti, l'islamismo politico ha potuto dotarsi di scuole e di centri medici e di assistenza ai più sfavoriti, il che permette loro di disporre, ora, di una vasta base sociale. Vuole un esempio fra i mille possibili? Secondo lei, chi riceve il 90% degli aiuti che Washington fornisce all'Egitto? Ebbene, le organizzazioni islamiste di questo Paese...
D. Ma non passa giorno senza che le autorità nord americane denuncino queste organizzazioni di beneficenza islamiche come pericolosi brodi di cultura del terrorismo...
È tutta una menzogna, ipocrisia pura. Negli ultimi decenni gli Stati Uniti hanno appoggiato finanziariamente, anche se attraverso Arabia Saudita ed Emirati, migliaia di islamisti. Li ha protetti sotto l'aspetto diplomatico e politico. Li ha addestrati. Li ha organizzati.
Li ha formati per essere terroristi. Ovviamente, non per essere terroristi contro gli Stati Uniti, ma contro la Sinistra dei paesi arabi e contro i regimi moderati di questi Paesi.
Qual è l'obiettivo del terrorismo, in Egitto? Indebolire il governo di Mubarak, del quale io sono tutt'altro che un sostenitore, ed obbligarlo ad inginocchiarsi di più di fronte agli Stati Uniti e ad Israele. Qual è l'obiettivo del terrorismo in Algeria? Impedire la cristallizzazione di una forza democratica che potrebbe essere un'autentica alternativa alla dittatura corrotta dei generali dell'ex FLN (Fronte di Liberazione Nazionale). Il principale appoggio che ricevono i gruppi islamismi armati algerini viene dagli Stati Uniti.
Lei ricorda il primo attentato contro il World Trade Center, nel 1993?
Fra gli accusati c'erano Egiziani che erano riusciti ad ottenere il permesso di residenza in quarantotto ore. Un record! Riuscirono a sfuggire ai servizi di intelligence statunitensi e tornarono in Egitto. La polizia li arrestò all'aeroporto e li restituì agli Stati Uniti. Poco tempo dopo, la stampa egiziana pubblicò la lettera che il capo della polizia aveva inviato alle autorità statunitensi. In sostanza la lettera diceva: "Vi restituiamo i vostri agenti, che da tempo abbiamo identificato come terroristi. Vi appartengono. Tocca a
voi giudicarli." Più chiaro di così...
Ripeto: dalla creazione del Congresso Islamico Mondiale, gli Stati Uniti non hanno cessato di appoggiare l'islamismo politico, sia apertamente sia attraverso la CIA. È un fatto provato. Si veda la storia di Osama Bin Laden. È emblematica. Washington non ha agito così solo nell'ambito della Guerra Fredda, come affermano coloro che cercano di minimizzare la responsabilità nordamericana rispetto a questo problema.
Fini occulti
D. Come spiega, dunque, gli attentati dell'11 settembre?
Finché non disporremo dei documenti classificati della CIA - li avremo mai? - è impossibile spiegarli. Potremo solo fare ipotesi. Pensi, in numerosi Paesi arabi e dell' Africa circola, sia nella classe politica ed intellettuale che nella stampa seria, non in quella prona al potere, una tesi che, in Occidente, è assolutamente tabù: quella di
un possibile ruolo della CIA e del Mossad (servizi segreti israeliani) in questa vicenda.
D. Se cita queste tesi vuoi dire che non le scarta del tutto, che non le sembrano tanto assurde...
Mi fanno pensare. Gli Stati Uniti hanno una strategia egemonica sistematica. Prima definiscono obiettivi geostrategici e poi si danno da fare per trovare una situazione che consenta loro di far progredire il loro progetto. Ricordi quel che è successo proprio prima della Guerra del Golfo. Saddam Hussein parlò con l'ambasciatrice degli
Stati Uniti e le disse che non ne poteva più del Kuwait, che gli rubava il petrolio. Le annunciò che si apprestava ad invadere militarmente quel Paese. L'ambasciatrice gli chiese quarantotto ore. Due giorni dopo tornarono a parlarsi. L'ambasciatrice spiegò a Hussein che nessun trattato di mutua assistenza legava gli Stati Uniti ed il Kuwait.
Hussein suppose che l'ambasciatrice si fosse consultata con Washington
ed invase il Kuwait. Cadde nella trappola.
D. Dunque lei non scarta alcuna macchinazione...
Infine, che importanza ha che io scarti o no questa o quella ipotesi?
Chi sa cosa sta dietro gli attentati dell'11 settembre? Il fatto è che gli Stati Uniti hanno colto immediatamente questa possibilità per lanciarsi nella guerra in Asia Centrale.
D. Vuoi dire in Afghanistan?
No. Non mi sono sbagliato. Dico intenzionalmente guerra in Asia Centrale. Negli ultimi dieci anni, celebri esperti statunitensi hanno pubblicato un'infinità di libri e relazioni per spiegare che gli Stati Uniti devono assumere il controllo dell'Asia Centrale ex sovietica e
del Caucaso. Secondo alcuni, è indispensabile farlo per impadronirsi del petrolio e del gas del Mar Caspio. Per altri, fra i quali molti militari, stabilirsi in modo duraturo nel cuore dell'Eurasia è la chiave che permetterà agli Stati Uniti di stringere in una morsa tre
Paesi importanti: Russia, Cina ed India. Gli ultimi due e, forse, domani, la Russia, se riesce ad uscire dal caos nel quale si trova, hanno la capacità di resistere alla globalizzazione transnazionale che Washington vuole imporre sul Pianeta. Ciò ostacola i piani statunitensi.
Controllare il petrolio ed il gas dell'Asia Centrale non è solo redditizio economicamente, ma può risultare un'arma di pressione poderosa. Cina ed India hanno bisogno di queste risorse energetiche. Ne dipendono sempre più. Se si mostrano troppo recalcitranti O
indipendenti, Washington chiuderà i rubinetti del gas e del petrolio...
Consolidando il loro insediamento nella regione, Gli Stati Uniti potranno, inoltre, seminare zizzania fra Cina e Russia o fra India e Cina, per evitare un eventuale avvicinamento strategico fra quei Paesi.
L'imperialismo collettivo
D. Nel suo libro "L'egemonismo degli Stati Uniti e la scomparsa del progetto europeo", pubblicato due anni fa in Francia e l'anno scorso in Spagna, lei spiega che, con la Guerra del Golfo, gli Stati Uniti hanno inaugurato una terza fase di conquista imperialista del
Pianeta...
La prima si è avuta nei secoli XVII° e XVIII°, con la conquista dell'America e la tratta dei neri. La seconda si è sviluppata nel XIX° Secolo, con la conquista di Africa ed Asia. Poi si è avuta una controffensiva dei popoli: indipendenza americana, rivoluzione degli schiavi haitiani, grandi movimenti di liberazione nazionale in Asia ed Africa... Ora stiamo entrando nella terza fase, che definisco "imperialismo collettivo della triade".
D. Stati Uniti, Europa e Giappone?
Esattamente. Oggi, ad imporre la sua legge, è il capitale transnazionale e multinazionale statunitense, europeo e giapponese, che a volte può avere le sue divergenze mercantili ma che ha interessi comuni rispetto al Sud. Questo imperialismo della triade ha bisogno
di una punta di lancia, per continuare ad imporsi: è il ruolo che assume l'egemonismo statunitense. Senza la forza militare degli Stati Uniti, l'imperialismo della triade non può avanzare. Ho trattato brevemente la questione nel libro che lei cita ed è il tema centrale di quello che ho appena terminato.