Nei giorni scorsi, insieme a un gruppetto di giornalisti, intellettuali e esponenti politici di sinistra - tra quali vari redattori e collaboratori del settimanale che dirigo, Gli Altri - ho firmato un appello a favore della libertà - per tutti - di manifestare e di sfilare in corteo. Per tutti: anche per i fascisti, come per i liberali e per i comunisti. La firma mi era stata chiesta dai giovani del “Blocco Studentesco”, una organizzazione di estrema destra che raccoglie molti studenti in tutta Italia. Loro avevano convocato un corteo, in vista della prossima scadenza elettorale universitaria, ma il corteo gli era stato vietato dalla polizia, su pressione di un gruppo consistente di professori e scienziati che aveva anche chiesto ai rettori di escludere il “Blocco studentesco”, perché fascista, dal diritto di partecipare alle elezioni. Il nostro appello non è stato molto utile. Il divieto di sfilare è rimasto, e il “Blocco” ha accettato di trasformare la manifestazione in un sit in che si è svolto ieri, pacificamente, a piazza Esedra. Sebbene inutile, però, l’appello ci ha procurato molti guai. Da tre giorni le nostre poste elettroniche sono intasate di insulti, Facebook e vari siti sono presi d’assalto da coloro che ci definiscono fiancheggiatori dei fascisti, il manifesto ha pubblicato in prima pagina un articolo durissimo verso di noi dello scrittore Valerio Evangelisti, intitolato “Compagni che sbagliano”, con una evidente e un po’ sconclusionata accusa di “brigatismo rosso”. (Chi ha qualche anno ricorderà che “compagni che sbagliano” era il modo con il quale un pezzo di sinistra - garantista - negli anni ’80 chiamava gli esponenti della lotta armata, suscitando feroci polemiche da parte del Pci). Non credo di dover spiegare perché, insieme ad altri amici (Angela Azzaro, Andrea Colombo, Alberto Abruzzese, Ritanna Armeni, Massimo Ilardi, Lanfranco Pace, Paola Concia, Rita Bernardini, Massimo Bordin, Paola Tavella e Gian Luca Minotti) ho creduto di dover firmare quell’appello. Nel quale dicevamo quanto ci sentiamo lontani dal Blocco studentesco, ma quanto ci repelle l’idea che si possa impedire a qualcuno di manifestare o di presentarsi alle elezioni. La nostra era una posizione di semplicissimo buonsenso, certamente condivisibile da chiunque non sia un fanatico di una ideologia totalitaria. Nel mare di contumelie ricevute, quasi nessuno (tranne uno, al quale tra qualche riga risponderò) ha provato a contestarci questo principio. Tutti hanno tentato di dimostrarci (peraltro con incerti argomenti e pochi fatti) quanto siano cattivi e violenti i ragazzi del “Blocco” e di Casa Pound. Dando per scontata l’idea che se loro sono cattivi e violenti, noi non dobbiamo riconoscergli i diritti civili. Non so se davvero i ragazzi del Blocco siano particolarmente violenti (è una discussione da fare, un’altra volta) ma noi non parlavamo di questo, noi abbiamo semplicemente posto la seguente domanda: che sinistra è una sinistra che firma un appello per chiedere alla polizia di proibire una manifestazione politica? Che sinistra è una sinistra che, nel 2010, si appella alla legge Scelba? (Sapete chi è stato Scelba? Il peggior ministro di polizia di tutta la storia della Repubblica. Un reazionario, uno che varò quella legge contro l’apologia di fascismo per coprirsi a destra e poi lanciare la sua polizia a manganellare, arrestare e uccidere centinaia di operai! Magari molti giovani antifascisti di oggi non sanno niente di tutto questo, e gli sembra normale sventolare la bandiera rossa e invocare Scelba…). Secondo me - lo dico senza furia - una sinistra così è una sinistra non molto presentabile. Che non ha la possibilità di aprire gli occhi sul futuro e di candidarsi e guidare questo futuro. È una sinistra che ancora ha una grande difficoltà ad accettare la parola libertà e il peso di questa parola. Dicevo che uno solo - tra i tanti polemizzatori - ha risposto alla nostra domanda. Ed è appunto Valerio Evangelisti sul manifesto. Ha scritto: “la libertà non può essere anteposta all’antifascismo”. Ecco. Non ho molto da aggiungere. Capisco drammaticamente che noi di sinistra dobbiamo ancora fare i conti con la libertà. Pensavamo di averli risolti, pensavamo di essere entrati nel terzo millennio, pensavamo di avere liquidato i tragici errori del novecento. Mi accorgo che non è così. Qui, accanto a me, tra i miei amici più cari, ci sono centinaia di persone che dicono: la libertà viene dopo la legge, la libertà viene dopo la Costituzione, la libertà viene dopo la mia identità. La libertà… Ve lo confesso: mi viene da piangere. |