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Pollock e gli altri: finanziati dalla Cia, a loro insaputa

di Giorgio Cattaneo - 13/11/2010

Quanti best seller, quanta parte del mercato delle idee, quante fortune artistiche sono innescate dalle leve e i guinzagli lunghi del potere, disposto per perpetuarsi a farsi perfino occasionalmente contestare? Pollock, Rothko e Motherwell non lo sapevano, ma la loro corrente fu sostenuta dall’intelligence americana negli anni ‘50 e ‘60. Lo rivela l’ex funzionario dell’agenzia Donald Jameson, che spiega anche il perché: bisognava rilanciare l’immagine degli Usa dopo il maccartismo. Un articolo comparso su “Repubblica” racconta in modo esemplare come funziona il “soft power” di un impero, ossia come si esercita l’egemonia attraverso l’uso di leve culturali lunghissime.

Jackson Pollock, Robert Motherwell, Willem de Kooning, Mark Rothko. «Per niente facili e anche scandalosi, i maestri dell’espressionismo astratto», Pollock Ciascrive “Repubblica”. «Corrente davvero controcorrente, una spallata alle certezze estetiche della società borghese, che però aveva dietro il sistema stesso». Per la prima volta, trova conferma un sospetto circolato per anni: la Cia finanziò abbondantemente gli espressionisti astratti. Obiettivo dell’intelligence Usa: «Sedurre le menti delle classi lontane dalla borghesia negli anni della Guerra Fredda». Fu proprio la Cia, continua “Repubblica”, a organizzare le prime grandi mostre del “new american painting”, che rivelò la forza della nuova arte americana nelle principali città europee, con eventi come “Masterpieces of the Twentieth Century” del 1952 e “Modern art in the United States” del 1955.

Donald Jameson, ex funzionario dell’agenzia degli 007, è il primo ad ammettere che il sostegno agli artisti espressionisti rientrava nella politica del “guinzaglio lungo” (long leash) in favore degli intellettuali. «Strategia raffinata», osserva “Repubblica”: obiettivo, «mostrare la creatività e la vitalità spirituale, artistica e culturale della società capitalistica contro il grigiore dell’Uonione Sovietica e dei suoi satelliti». Una politica culturale adottata a tutto campo: il sostegno della Cia privilegiava riviste culturali come “Encounter” e “Preuves” e, in Italia, addirittura “Tempo presente” di Joseph McCarthySilone e Chiaromonte, nonché «forme d’arte meno borghesi come il jazz, talvolta, e appunto, l’espressionismo astratto».

I fatti risalgano agli anni Cinquanta e Sessanta, quando Pollock e gli altri esponenti della corrente non godevano di stampa favorevole negli Usa. Per chiarire il clima nei loro riguardi, basta ricordare una battuta del presidente Truman: «Se questa è arte io sono un ottentotto». Ma proprio il governo americano, ricorda Jameson, in quegli anni si trovava nella difficile posizione di chi doveva promuovere l’immagine del sistema americano e in particolare di un suo caposaldo, il Quinto Emendamento (sentinella della libertà di espressione), gravemente appannato dopo la rozza “caccia alle streghe” condotta dal senatore Joseph McCarthy nel nome della “lotta al comunismo”, che aveva coinvolto scrittori, artisti e star di Hollywood.

Per ripulire l’immagine culturale americana dal bigottismo maccartista era dunque necessario lanciare al mondo un segnale opposto, forte e chiaro: l’America è aperta alla cultura e all’arte critica. Dell’operazione fu quindi incaricata direttamente la Cia, perfettamente coerente con la sua missione: paradossalmente, infatti, in quel periodo l’agenzia «rappresentava una enclave “liberal” in un mondo che virava decisamente a destra». Diretta da funzionari e agenti il più delle volte usciti dalle migliori università, spesso collezionisti d’arte, artisti figurativi o scrittori in prima persona, la Cia Jackson Pollock«rappresentava il contraltare dei metodi, delle convinzioni bigotte, della furia anticomunista dell’Fbi e dei collaboratori del senatore McCharty».

«Dopo aver dato un’occhiata in giro e colto al volo le novità a New York e a Soho, l’espressionismo astratto potrei dire che l’abbiamo inventato proprio noi della Cia», ha ammesso Donald Jameson, intervistato dal giornale britannico “The Independent”. «Scherzi a parte», Jameson mette a fuoco il problema: «L’espressionismo astratto era il tipo di arte ideale per mostrare quanto rigido, stilizzato, stereotipato fosse il realismo socialista di rigore in Russia. Così decidemmo di agire». Ma Pollock, Motherwell, de Kooning e Rothko sapevano? «Naturalmente no», chiarisce Jameson: «Gli artisti non erano al corrente del nostro gioco. E’ da escludere che tipi come Rotkho o Pollock abbiano mai saputo di essere aiutati nell’ombra dalla Cia, che tuttavia ebbe un ruolo essenziale nel lancio e nella promozione delle loro opere. E nell’aumento vertiginoso dei loro guadagni» (info: www.repubblica.it e www.megachipdue.info).