Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Se si ascoltasse anche Cassandra, ogni tanto

Se si ascoltasse anche Cassandra, ogni tanto

di Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio - 19/12/2010

 

Si sente dire in questo periodo che la crisi economica degli ultimi anni non rappresenti solo la fine di un’era, ma anche la fine degli stili di vita a cui ci eravamo abituati. Speriamo solo sia vero. Il “feticismo delle merci”, per dirla con Marx, ci ha fatto completamente uscire di senno. Fare debiti per comprare una casa, un’auto o una moto non era più sufficiente. Si è sentita (o è stata fatta sentire) la necessità di contrarne addirittura per andare in vacanza, in modo da poter far vedere ai colleghi quanto si era abbronzati al rientro da una noiosissima permanenza dall’altra parte del mondo in un villaggio all-inclusive, magari senza nemmeno essersi presi la briga, dopo venti ore di aereo, di uscire dal recinto di animazione preconfezionata in cui si era per visitare le bellezze e le popolazioni locali.

Debiti per tutto, appunto, dalla casa ai gadget più inutili. Il che ci ha portati alla situazione attuale. Una crisi non economica, non finanziaria, ma strutturale. Il problema è che oggi, le cosiddette Cassandre che mettevano in guardia sui rischi inerenti a questo tipo di atteggiamenti, non possono nemmeno godersi il fatto di avere avuto ragione. Perché stanno pagando di tasca loro, insieme a milioni di altre persone che in molti casi non se la sono nemmeno goduta così tanto, i debiti di tutte le cicale che da qualche anno piangono miseria ed invocano l’aiuto dei governi.

E va bene, non si può lasciare che tutto collassi. Tagliamo pure fondi alla sanità o all’istruzione per aiutare quelle associazioni a delinquere chiamate banche (già che ci siamo insieme a compagnie aeree fallite da anni piuttosto che grandi opere tanto inutili quanto dispendiose). Tiriamo pure la cinghia finché ne siamo in grado, o finchè siamo disposti a farlo, per aiutare chi non ha avuto il minimo scrupolo negli ultimi anni quando si trattava di speculare e di aumentare il proprio profitto. Del resto a tutto c’è un rimedio. O quasi.

Per quanto grave sia un tracollo finanziario, o per quanto cupo sia l’inizio della recessione (e lo sono, vista la totale dipendenza dal mercato della maggioranza delle persone), c’è infatti una crisi molto più grave e dalle dimensioni molto più grandi di quella economica: quella ambientale. Il debito ecologico stimato è infatti di quattro trilioni e mezzo di dollari all’anno, il doppio di quello delle istituzioni finanziarie (fonte). La razza umana consuma il 30% di risorse in più rispetto a quello che la Terra riesce a produrre e a rigenerare. Ogni anno si estinguono a causa nostra tra le cinquanta e le cinquantacinque mila specie viventi.

Distruggiamo la biodiversità del nostro pianeta ad un ritmo superiore a quello dell’ultima grande estinzione, e l’abbiamo già ridotta di un terzo dal 1970 ad oggi. Deforestazione, impoverimento dei suoli, inquinamento di aria ed acqua. Si potrebbe andare avanti un giorno intero ad elencare danni più o meno gravi causati dall’attività umana. Basta dire che praticamente ogni forma di vita su questo pianeta è attualmente in declino.

Non è più tempo di pensare che questi siano discorsi da ingenui, da sognatori, da idealisti, da catastrofisti o da Cassandre, appunto. Gli effetti del nostro operato sono qui da vedere. La crisi di sistema in corso dovrebbe essere una spia, un avvertimento all’ottusità umana, alla vera ingenuità di chi pensa di risolvere tutto spazzando la sporcizia sotto il tappeto (magari con l’aiuto della comunque utilissima tecnologia), all’egoismo becero di chi non bada minimamente alle conseguenze future delle proprie azioni. Il panico che attanaglia così tante persone che temono giustamente di perdere i propri risparmi, potrebbe impallidire se si pensasse a ciò che succederebbe se, invece delle banche o degli Stati, collassasse la biosfera.

Ciò non vuol dire che si deve restare chiusi in casa terrorizzati e non sentirsi più in diritto di avere una vita piena ed appagante. Non significa nemmeno, però, iniziare a giocare con le parole, inventando concetti assurdi quali “sviluppo sostenibile”, il miglior esempio di contraddizione in termini degli ultimi anni. Il vero change we need di obamiana memoria, più che presidenti nuovi di zecca è un briciolo di consapevolezza, e un auto-esame di coscienza. Perché come abbiamo fatto a livello finanziario, anche a livello ambientale stiamo vivendo oltre i nostri mezzi.

La differenza è che se le Cassandre hanno ragione anche questa volta, non ci saranno tante lacrime da versare, nè tanti aiuti da invocare. Come diceva già a suo tempo Winston Churchill, siamo ormai entrati in un periodo di conseguenze. Figuriamoci quindi oggi. Prima ci renderemo conto di ciò, prima avremo un futuro di cui parlare. Perché non ci sarà governo o banca in grado di saldare i debiti del “crash ecologico”, se o quando ci verrà presentato il conto.