Gli omicidi della partitocrazia
di Massimo Fini - 15/04/2011
Pochissimo, anzi niente, si è invece parlato di quelli che io chiamo gli “omicidi bianchi” e cioè i suicidi o le lente, inesorabili, emarginazioni, che son peggio dei suicidi, cui sono state spinte le persone che han visto stroncate le loro legittime ambizioni o la loro carriera dal sistema tangentizio, clientelare, partitocratico e che sono le vere “vittime di Tangentopoli”. È il caso, per esempio, di un piccolo imprenditore di Desio, Ambrogio Mauri, che non aveva voluto stare al gioco della corruzione, il quale si tolse la vita nel maggio del 1997 lasciando al figlio Carlo una lettera in cui scriveva: “Dopo Mani Pulite tutto è tornato come prima… l’onestà non paga, la correttezza e la trasparenza non pagano, il rispetto di se stessi e della propria dignità non pagano”. Mauri, come aveva ricordato il figlio, “aveva visto scomparire i valori che gli avevano insegnato e in cui aveva creduto”.
Naturalmente quello di Ambrogio Mauri è un caso limite, anche se non unico, non tutti gli imprenditori onesti e in generale le persone oneste, si suicidano per disperazione. Però è la punta dell’iceberg di un fenomeno vastissimo che ho chiamato appunto gli “omicidi bianchi” della partitocrazia, bianchi perché non si vedono. Si tratta delle vite mortificate, nelle loro speranze, nelle loro aspirazioni, nelle loro legittime ambizioni da una partitocrazia che spinge ai margini estremi chi rifiuta di affiliarsi, di sottomettersi ad umilianti infeudamenti, di rinunciare alla propria dignità.
Gabriele Cagliari si è ucciso ma Cagliari e tutti quelli come lui, boiardi di Stato affiliati a questo o quel partito, mentre stroncavano, come ancora oggi stroncano, carriere per favorire i propri adepti, uccidevano, sia pur lentamente, sia pur non fisicamente ma psicologicamente ed esistenzialmente. E quello che è avvenuto, e tuttora avviene nel campo dell’imprenditoria, vale per ogni altro settore. C’è anche la storia, che cito solo a titolo emblematico perché infinite sono le vicende di questo genere, di quella solista del Teatro dell’Opera di Roma, Lucia Colognato, che non era stata promossa prima ballerina perché le erano state preferite due colleghe, una sponsorizzata dall’allora Pci, l’altra dalla Dc, mentre lei ballava solo sulle sue gambe. Colognato fece ricorso al Consiglio di Stato e lo vinse. Ma quando ormai non era più tempo di ballare.
Sono passati gli anni, si sono succeduti governi, di destra e di sinistra, ma, come scriveva Mauri, nulla è cambiato. Si pensa sempre ai Cagliari, che di nessun altro furono vittima se non di se stessi, perché è per loro volontà e responsabilità – e non per la malvagità dei pubblici ministeri – che si sono andati a cacciare in situazioni che poi non sono stati in grado emotivamente di sostenere e non si pensa mai alle migliaia, le decine di migliaia di vite che i tanti Cagliari e il sistema corrotto di cui sono complici e usufruttuari hanno umiliato, castrato, reso prive di senso e, alla fine, spento.