Dissoluzione
di Marino Badiale - 24/05/2011
Le ultime vicende politiche mostrano con chiarezza la dissoluzione del blocco di potere berlusconiano. Facciamo solo un esempio preso dalla cronaca recente. Di fronte al pericolo di una sconfitta al ballottaggio per il sindaco di Milano, Berlusconi e Bossi lanciano l'idea di spostare alcuni ministeri da Roma a Milano. Si tratta ovviamente di una trovata propagandistica, che ha però un fine importante, dal punto di vista del centrodestra: quello appunto di evitare la sconfitta a Milano, che avrebbe effetti rovinosi sull'alleanza di governo.
Poiché questo è chiaro a tutti, dovrebbe essere altrettanto chiaro l'interesse di tutto il centrodestra a sostenere questa trovata, salvo poi, eventualmente, bloccarla dopo le elezioni. Invece di questo, si sono avute le immediate reazioni negative di Alemanno e Polverini. Un simile comportamento dimostra il livello di sfaldamento della compagine governativa. È facile prevedere che questo processo di dissoluzione continuerà fino alla caduta del governo. Una eventuale sconfitta del centrodestra ai ballottaggi accelererà il processo, una vittoria lo rallenterà, ma la dinamica ci pare chiara. Abbiamo fornito altrove una spiegazione di questo processo[1]:
Berlusconi rappresenta la volontà di una parte dell'Italia di perseguire gli interessi personali fuori e contro ogni regola. Ma se una simile volontà arriva al governo di un paese si crea una situazione insostenibile. Detto nel modo più chiaro possibile: se tutti perseguono il proprio arricchimento a spese dello Stato senza il minimo freno, senza la minima regola, alla fine non c'è più trippa per i gatti, specie in considerazione del fatto che, per salvarsi dalle conseguenze giuridiche delle proprie malefatte, Berlusconi ha bisogno di sfamare una quantità di gatti sempre crescente.
Ma non vogliamo adesso ripetere analisi già svolte. Dobbiamo piuttosto concentrarci sul dopo Berlusconi. A differenza di quanto sembrano credere in molti, la fine prossima di Berlusconi non rappresenterà la fine di una parentesi, il ritorno alla “normalità”, ma aprirà una stagione piena di pericoli. La crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2007-08 è infatti diventata, in Europa, crisi dei debiti sovrani, e la vicenda greca è lì a mostrarci i pericoli gravissimi di questa crisi. La misure che a livello europeo si vogliono imporre ai singoli Stati “deboli”, e fra essi all'Italia, sono misure pesantissime[2].
Per obbedire alle ingiunzioni europee dovremo sopportare manovre finanziare devastanti per diversi anni. Verrà cancellato ogni residuo di Stato sociale, gli italiani si troveranno più poveri e più abbandonati a se stessi di quanto già siano, e gli effetti sull'economia saranno probabilmente pesanti: l'esempio greco è lì a dimostrarci quanto molti economisti sembrano aver scordato, cioè che manovre di questo tipo deprimono l'economia, per cui quello che si guadagna come riduzione delle spese lo si perde come riduzione delle entrate fiscali.
Queste misure creeranno probabilmente una forte conflittualità sociale, del tipo di quella che si vede in Grecia e che inizia ora a manifestarsi in Spagna.
Il punto cruciale è che questa conflittualità non si troverà di fronte un governo Berlusconi, ma un governo post-berlusconiano, che quasi sicuramente sarà sostenuto dalla sinistra.
Vi è dunque il rischio concreto che la reazione contro un tale governo del massacro sociale venga diretta da una qualche frammento della destra politica (probabilmente non dallo stesso Berlusconi, che sarà ormai fuori gioco). La reazione sociale contro la spoliazione cui ci condurrà il probabile governo post-berlusconiano di centrosinistra sarà dunque egemonizzata da spezzoni dell'attuale blocco di potere berlusconiano.
Ci troveremo quindi di fronte ad un campo politico diviso fra una centrosinistra che sosterrà il massacro sociale e una opposizione che esprimerà la stessa distruttiva cultura dell'attuale ceto di governo.
Si tratta di un'alternativa nella quale non c'è salvezza per il nostro paese, come è chiaro.
L'unico modo di evitarla è prepararsi fin d'ora ad un duro lavoro di opposizione ai futuri governi post-berlusconiani. Le deboli forze antisistema e anticasta devono pensare a costruire un fronte di opposizione sociale che contesti il massacro sociale che ci impone l'Europa a partire da idee e parole d'ordine alternative a quelle dell'attuale casta politica, di centro, destra o sinistra.
La decrescita, l'uscita dall'Europa e il rifiuto di pagare il debito pubblico italiano dovrebbero essere, a parere di chi scrive, alcune di queste parole d'ordine.
[1] M.Badiale, M.Bontempelli, Un tramonto pericoloso, http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/5131.html
[2] Vari organi di stampa ne hanno parlato. Il testo più chiaro e accessibile ci sembra un quaderno ISPI: La riforma della governance economica europea, a cura di Carlo Altomonte, Antonio Villafranca e Fabian Zuleeg. Quaderno di approfondimento dell'ISPI n.27, aprile 2011.