Attenti. La Grecia è vicina
di Angelo Spaziano - 20/06/2011
Giornata disastrosa per le borse del Vecchio e del Nuovo Continente. Il minacciato declassamento da parte dell’agenzia di rating Moody’s di tre importanti istituti di credito transalpini, Bnp Paribas, Credit Agricole e Societé Generale, molto esposti sul “fronte ellenico”, ha provocato l’affondamento di tutti i titoli scambiati nelle principali piazze d’occidente.
Il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, ha dichiarato al proposito che la maggiore minaccia alla stabilità della zona euro è dovuta proprio alla crisi debitoria del paese balcanico. «La Grecia – ha precisato Constancio – potrebbe provocare un effetto contagio, e questo è il motivo per il quale siamo contrari a ogni sorta di default che porti al taglio del valore nominale e dei tassi d’interesse sui titoli di stato».
Anche l’euro infatti ha pesantemente risentito della montante “sindrome greca”, mentre i prezzi di ore e argento hanno subito un’impennata. La peggiore performance borsistica l’ha fatta registrare Milano, con -2,16%, ma l’economia messa peggio, naturalmente, resta quella d’Oltreionio. Atene infatti è letteralmente ridotta alla canna del gas, con i bond a due anni che, dopo l’ingenerosa raffica di downgrade effettuata da Moody’s e da Standard & Poor’s, hanno sfondato il muro del 28%. I titoli decennali invece sono schizzati a 1700 punti rispetto a quelli tedeschi.
Insomma Atene, è messa più o meno come l’Argentina d’inizio millennio e tutto fa prevedere che il paese egeo seguirà a breve le sorti della compagna di sventura sudamericana. Ad Atene infatti, proprio mentre veniva dibattuto il piano di contenimento del debito, s’è verificato un tentato assalto al palazzo del Parlamento in Piazza Syntagma.
I manifestanti, infuriati per l’ennesima manovra lacrime e sangue imposta da Papandreou, hanno caricato il muro di contenimento eretto dalla polizia a difesa dell’istituzione, provocando la dura reazione delle forze dell’ordine. Il bilancio della giornata di scontri è stato di dodici feriti e quaranta arresti, e per un pelo non c’è scappato il morto. Non era la prima volta che le vie della capitale ellenica diventavano teatro d’incidenti e barricate, ma questa volta la cosa si è fatta molto seria, tanto che il primo ministro, George Papandreou, ha annunciato un rimpasto con successivo voto di fiducia. In altre parole, il leader socialista, incalzato dalla piazza, ha dato il via alla formazione di un governo di “larghe intese”. Un esecutivo di unità nazionale aperto anche al contributo delle forze d’opposizione, insomma. Il tutto finalizzato ad affrontare la gravissima crisi economico sociale in cui versa il paese.
La condizione base per la formazione del nuovo gabinetto è consistita nell’adozione di programmi e obbiettivi ben delineati. Tradotto dal politichese voleva dire appoggio incondizionato al piano di austerità imposto dall’Ue e dall’Fmi. Ma i mercati rimangono scettici, e la situazione per Zorba si fa sempre più delicata, come del resto già evidenziato dalla stessa Bce, che ha sottolineato come le difficoltà per il programma di ristrutturazione del debito olimpico “sono molto cresciute” rispetto a sei mesi fa.
Difficoltà esacerbate dal forte attrito sorto tra la posizione della Merkel, che preme per un consolidamento, quella della Bce, decisamente contraria a tale ipotesi, e quella di Moody’s e Standard & Poor’s che non si sa bene cosa vogliono di preciso ma che intendono comunque guadagnarci. Recentemente il ministro delle finanze tedesco, Schauble, ha dichiarato che l’Eurogruppo prenderà una decisione definitiva nel vertice programmato per il prossimo 20 giugno: «Bisogna aver pazienza fino ad allora».
Insomma, mentre i mercati continentali vacillano, la Grecia affonda nella palta e i timori sul debito sovrano dell’area Euro aumentano di giorno in giorno, Germania e Bce si accapigliano come due vecchie comari. Il risultato è stata l’improvvisa impennata delle scommesse degli speculatori internazionali sul crac ellenico. Il primo default di Eurolandia, insomma, si profila minaccioso all’orizzonte. La cosa che più inquieta è che non sarà neppure l’ultimo.