Le piazze finanziarie? Peggio dei manicomi criminali
di Luca Aterini - 28/09/2011
Uno studio svizzero mostra come gli operatori finanziari siano meno cooperativi e più aggressivi degli psicopatici
È preoccupante pensare che all'università elvetica di San Gallo credano significativo raffrontare le percentuali di egoismo, spietatezza e non cooperazione mostrate da un pericoloso psicopatico con quelle di un trader professionista (col presupposto che lo scarto tra le due sia pari a zero, o quasi). D'altronde, i risultati del recente studio condotto sul tema hanno colto di sorpresa i ricercatori stessi: il loro giudizio preliminare si è infatti dimostrato alquanto ingiusto - nei riguardi degli psicopatici.
Nell'ambito di una tesi per un Mba (master in business administration), Thomas Noll e Pascal Scherrer sono giunti a questa spiazzante conclusione, pescando 27 professionisti della finanza, commercianti di materie prime, bancari e operatori di hedge found, mettendoli poi a confronto con un gruppo di 24 psicopatici (ed a un terzo gruppo di controllo, formato da 24 persone "normali").
Davanti ad un test strutturato come il classico dilemma del prigioniero - il problema forse più famoso nella teoria dei giochi, utilizzato anche per l'illustrazione dell'equilibrio di Nash - i soggetti appartenenti al gruppo di controllo si sono dimostrati i più cooperativi, seguiti dagli psicopatici e, infine, dai maghi della finanza. I trader sono dunque risultati più aggressivi, egoisti e inclini al rischio rispetto a tutti gli altri, manifestando come scopo principe della loro azione solo quello del proprio guadagno relativo, finendo così dietro gli psicopatici (ed il gruppo di controllo, ovviamente) anche per quanto riguarda il guadagno assoluto conquistato. È dunque più profittevole lasciare un hedge found in mano ad uno psicopatico che non ad un affamatissimo squalo dell'alta finanza? Si oltrepassa il grottesco.
Nonostante lo studio sia stato portato avanti su un numero piuttosto limitato di soggetti, Noll ritiene che rimanga statisticamente significativo, dato anche l'influsso che un solo, importante trader - si è visto più volte - può avere sul mercato.
‹‹Quello mostrato dal gruppo degli operatori finanziari è un comportamento molto distruttivo - osserva il coautore Thomas Noll, psichiatra e responsabile del centro di detenzione di Pöschwies. È come cercare di possedere la macchina più bella del quartiere rovinando quella del vicino con una mazza da baseball››.
Dati i risultati della ricerca, fanno notare dalla Svizzera (una delle prime piazze finanziarie al mondo) che se il comportamento degli operatori finanziari è lo stesso al lavoro come davanti al dilemma del prigioniero, forse prima dell'assunzione i datori di lavoro dovrebbero valutare anche quest'aspetto dei propri dipendenti. Ma sorge spontaneo il dubbio concreto che possa essere proprio l'ambiente di lavoro in cui questi soggetti si trovano ad operare ad incentivare comportamenti estremamente aggressivi e competitivi come quello dimostrato in laboratorio.
La crisi economica e finanziaria che ancora galoppa veloce, più che il granello di sabbia che ha inceppato l'oliato meccanismo dell'economia mondiale, altrimenti perfettamente funzionante, si dimostra ogni giorno di più il finale (o uno dei tanti "fine primo tempo") scontato di una scialba commedia sull'avidità umana. Il problema di fondo rimane culturale, ed una rivoluzione culturale contro l'egoistico ed assolutista interesse personale si dimostra la chiave di volta per ingranare nuovamente marcia giusta e risalire la china.
Se madre Natura ci ha facilitato le cose, predisponendoci biologicamente come "l'animale più sociale" del pianeta, siamo pur dotati anche di libero arbitrio, e da qualche decennio (secolo?) a questa parte abbiamo scelto di forzare la strada della competizione continua (sic). Come però ci insegna anche la teoria dei giochi, la cooperazione è molto più profittevole, oltre che più umana: direttamente dalle parole del premio Nobel John F. Nash Jr., intervistato tempo fa da Piergiorgio Odifreddi per l'Espresso, ‹‹un gioco può essere descritto in termini di strategie, che i giocatori devono seguire nelle loro mosse; l'equilibrio c'è, quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme: unilateralmente possiamo solo evitare il peggio, mentre per raggiungere il meglio abbiamo bisogno di cooperazione››.