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È in corso un colpo di Stato finanziario?

di Marshall Auerback - 17/11/2011

saldiitalia

È stato detto che l'Unione Europea è un'organizzazione particolarmente inefficiente nel mettere in atto pacchetti di salvataggio economico, ma quando si tratta di sovvertire la democrazia è altrettanto efficace e spietata quanto una ben rodata associazione a delinquere.  

Considerate quanto segue: in appena due settimane gli eurocrati sono riusciti ad eliminare due seccanti leader eletti, le cui azioni osavano interferire con il loro più ampio piano di finalizzazione del “Progetto Europeo”: un progetto che, a dirla chiara, somiglia molto a un golpe finanziario.

Primo, la Grecia, la quale ha in un certo senso fornito il modello: il primo ministro George Papandreu ha avuto l'ardire di cercare il consenso popolare tramite referendum per le riforme che influenzeranno la vita della popolazione stessa. Bene, a giudicare dalle petulanti reazioni del Cancelliere tedesco Angela Merkel, del Presidente francese Nicolas Sarkozy, ciò non andava chiaramente fatto. Intervenendo spudoratamente negli affari interni di un seguace della democrazia (e verosimile alleato) con pressioni (e minacce) sul governo greco, hanno fatto sì che come ultima conseguenza Papandreu fosse debitamente accantonato, dopo che per altro era tornato sui suoi passi.

E guarda un po' chi è il nuovo Primo Ministro greco: Lucas Papademos, precedentemente in BCE (naturalmente con la Goldman Sachs nel pedigree), con il compito di implementare l'ultimo set di “riforme strutturali”, le quali quasi certamente produrranno l'effetto di mandare la Grecia in una deflazione ancora più profonda.

Sicuramente le privatizzazioni andranno avanti, e i rapaci oligarchi greci grandi evasori fiscali saranno loro ad approfittarne a prezzo di saldo (presumibilmente con i soldi che hanno nascosto offshore nel mercato mobiliare londinese o nelle banche svizzere), in tal modo consolidando il loro controllo sulla mal funzionante economia greca.

La stragrande maggioranza dei greci soffrirà orribilmente. Loro non hanno voce in capitolo, nel senso che sono stati lasciati davanti alla scelta di suicidarsi o di presentarsi davanti al plotone di esecuzione. Ma c'è di più, non tutto è stato perso: senza dubbio Goldman Sachs guadagnerà sostanziali commissioni dall'aiutare il nuovo governo a mettere all'asta gli asset dello Stato.

Una volta attraversato lo Ionio ci appare come il tandem “Merkozy” abbia giocato le sue carte con successo anche nel secondo round. Questa volta il successo è stato conseguito nell'eliminazione della loro fastidiosa nemesi, il Primo Ministro Silvio Berlusconi. Si può pensare ciò che si vuole su Berlusconi, ma in questo caso aveva ragione a lamentare che un rude stratagemma politico fosse stato messo in atto dalla BCE contro di lui, l'accettazione da parte di francesi e tedeschi degli irrazionali e controproducenti programmi fiscali di austerità in cambio del “supporto” di gente del calibro del FMI. Andate a chiedere ad un argentino cosa implica il “supporto” del FMI.

Tutto ciò che Berlusconi doveva fare era voltarsi verso Atene per vedere quali sono i probabili risultati del nuovo assalto al welfare state italiano. Ma la reazione euforica dei mercati alle sue dimissione era surreale: come se i tacchini votassero a favore del giorno del Ringraziamento.

A Roma questo gioco di potere franco-tedesco è stato supervisionato da un astuto ex comunista, il Presidente Giorgio Napolitano, che stava architettando di fargli succedere come primo ministro un eurocrate di vecchia data, Mario Monti. Date uno sguardo al suo background, impeccabili credenziali: un “ergastolano” virtuale all'interno delle strutture tecnocratiche che governano l'Unione Europea, il tutto mescolato con alcune esperienze nel settore privato come amministratore di entità come la Coca Cola e, naturalmente, come advisor internazionale per Goldman Sachs.

Quel che sta prendendo piede non è altro che un colpo di Stato finanziario da parte delle classi di rentier dell'Eurozona. Ed è una delle tristi ironie della storia che, al limite nel caso dell'Italia, tutto questo sia stato architettato da un ex comunista, il quale con ogni probabilità sarebbe stato cacciato fuori dal governo italiano (à la Berlinguer)[1] da un'operazione da guerra fredda della CIA, se egli fosse salito a quel ruolo trent'anni prima.

Come siamo arrivati a questo punto dentro l'UE? È difficile puntare il dito contro una persona. Noi abbiamo assistito all'incedere di questo vasto progetto, portato avanti da una manciata di burocrati non eletti da nessuno, per diversi decenni o più. Jacques Delors ha davvero costituito una figura influente, ma non ha agito da solo. L'intero progetto europeo è stato guidato in maniera sempre crescente da questi non eletti eurocrati in pianta stabile, che si sono scambiati le posizioni dentro e fuori le strutture di governo dell'UE, e speso qualche anno per avere i requisiti allenandosi presso il settore privato in posti come Goldman Sachs o JP Morgan.

Si può fare caso al fatto che tutto questo cominciò con l'ascesa al potere del Presidente francese François Mitterand all'inizio degli anni '80, che provò ad attuare una genuina economia progressista per la Francia. Lui fu prontamente messo a repentaglio fino a che non imparò a “collaborare” con i poteri che stanno nascosti dietro il trono.

Fino ad allora il piano di gioco è rimasto sostanzialmente lo stesso: i commissari europei mettevano mano ad ogni sorta di diktat, regole, regolamentazioni, tranne che, ovviamente, fare ricorso a qualche tipo di legittimazione democratica ogni qual volta incontravano una resistenza popolare.

Si parte in piccolo e si costruisce gradualmente, fino a mettere tutti davanti al fatto compiuto.

Quando vi è una reazione negativa democratica tramite referendum, la battuta di arresto è solo temporanea.

I Paesi, come l'Irlanda, che hanno osato votare nella maniera “sbagliata” in un referendum nazionale, non hanno visto rispettata la loro volontà. La burocrazia europea ha generalmente risposto non prendendo atto di una popolare espressione di volontà democratica, ma ignorando i risultati fino a che gli sciocchi contadini non hanno realizzato in che errore erano incorsi e non hanno rivotato nella maniera giusta.

Se per fare ciò si ha bisogno di due, o anche tre referendum, va bene così. Politicamente l'interpretazione di ogni aspetto dei trattati riguardanti il governo dell'Europa è sempre stato ampiamente lasciato nelle mani dei burocrati non eletti, operanti presso istituzioni che sono prive di qualunque legittimità democratica.

Questo, a turno, ha condotto un crescente senso di alienazione politica e un conseguente spostamento verso partiti estremisti ostili a qualsiasi tipo di unione politica e monetaria in altre parti d'Europa. In circostanze politiche tese, questi partiti estremisti potrebbero diventare maggioritari.

Una figura che qui emerge tragicamente è George Papandreu. Per quanto in maniera inefficace, Papandreu è stato profondamente impegnato nel raggiungere l'accordo di ottobre. Ma come ha notato l'economista di Harvard (e advisor del governo greco) Richard Parker, Papandreu ha dovuto affrontare una tempesta di fuoco proveniente da più fronti: competitor nel suo stesso partito che miravano a subentrargli, parlamentari del suo stesso schieramento che minacciavano l'ostruzionismo su nuove misure di austerità, la totale intransigenza di Samaras e del suo partito, per tacere dell'economia in piena deflazione fino al collasso prima che arrivasse un qualche aiuto reale.

Indire il referendum era divenuto l'unico strumento per spegnere tutti i fuochi in un colpo solo – forzando i politici greci e i loro potenti sostenitori a cedere, e forzando i leader europei a ritornare immediatamente al tavolo delle trattative per arrivare ad una forma finale di un piano di soccorso realizzabile.

Sicuramente era destinato al fallimento, data la potente opposizione che aveva di fronte. Il primo ministro greco veniva punito da una parte dai suoi “alleati” nell'UE, che hanno imposto una punizione collettiva al popolo greco a causa di decenni corruzione interna al sistema, malgrado il fatto che il primo ministro avesse fatto pulizia. Fare della Grecia una moderna democrazia funzionante è stata la ragion d'essere dell'ingresso in politica di Papandreu.

E, dall'altra parte, i parassitari oligarchi greci stessi, che hanno visto nella sua azione un attacco frontale al loro controllo dell'economia greca, hanno combattuto per distruggerlo politicamente fino a spingere la Grecia ad un passo dall'essere uno stato fallito.

E ora la Grecia ha fornito un comodo modello. È stata ora messa in piedi una crisi (che poteva facilmente essere evitata anni fa dalla BCE – la Grecia conta per circa il 2,5% del Pil dell'eurozona) che si sta espandendo, ma che sta fornendo ampie opportunità di liberarsi di seccanti uomini politici che non fanno ciò che gli era stato detto di fare (nella sostanza abbracciare la “cultura della stabilità” che la Germania continua ad invocare, ma che in realtà non è altro che il consolidamento del controllo dei rentier sui vari governi).

Similmente in Italia, la BCE ha provveduto sì a comprare i suoi bond, ma in maniera molto fredda e certamente non sufficiente ad arrestare l'incessante rialzo dei tassi d'interesse.

Il nuovo capo della BCE, Mario Draghi (anche un lui un ex uomo di Goldman Sachs) cominciò il suo mandato con una secco avvertimento secondo il quale la BCE non avrebbe agito da prestatore di ultima istanza (nascondendosi dietro dubbi tecnicismi legali), e cosi facendo ha messo il suo compatriota in una posizione nella quale le sue dimissioni erano l'unica azione per salvare il Paese da un'immediata crisi finanziaria.

Berlusconi era anche un facile obiettivo, data la sua pittoresca e dubbia storia privata. E il suo probabile sostituto, (ormai certo, il testo originale è del 12 novembre, NDT) Mario Monti è un perfetto esattore del pizzo agli occhi per gli oligarchi finanziari d'Europa. Lui è, infatti, parte di quella che può giustamente essere chiamata “mafia finanziaria” che ha distrutto il pianeta a partire dal 2008.

Questi sicari di questo fangoso e opaco mondo finanziario sono ora stati incaricati di implementare le politiche di austerità sulle povere famiglie dei lavoratori per salvare il settore finanziario da una deflazione del debito – una crisi artificiale creata a causa dall'architettura dell'Eurosistema, che come noi sappiamo, era stata celebrata da questi stessi “mercati” finanziari quando l'euro fu lanciato nel 1999.

Tristemente un gran numero di italiani vedono tuttora nell'euro la loro salvezza da un passato di corruzione, che molti associano alla lira e agli alti tassi di interesse, anche se il corrotto Berlusconi è stato anch'egli intimamente sodale della stessa élite dell'euro.

E lo stesso Draghi ha un passato alquanto dubbio: come abbiamo segnalato in un recente post, l'Italia, storicamente, sfruttava attivamente l'ambiguità delle regole contabili per operare transazioni che avevano come intento quello di fuorviare le istituzioni europee, gli altri governi dell'Unione, e il suo stesso popolo su quelle che sono le vere dimensioni del suo deficit di bilancio.

Ci sembra proprio adeguato che Draghi sia ora l'uomo chiamato a occuparsi delle conseguenze delle frodi nella contabilità nazionale.

Ma difficilmente lo sarà per i popoli d'Europa, che continueranno ad essere schiacciati sotto lo stivale dell'austerità fiscale, da parte di un’élite sempre più distaccata e democraticamente irresponsabile. Non c'è di che stupirsi se le strade di Madrid, Atene e Roma stanno cominciando a infiammarsi.  

 

Fonte: http://neweconomicperspectives.blogspot.com/2011/11/financial-coup-detat-in-making.html

Traduzione per Megachip a cura di Piergiuseppe Mulas.



[1]    Nel testo originale è detto «a la Juan Berlinguer». Probabilmente l'autore fa un po' di confusione e si riferisce a Enrico Berlinguer. Si intuisce in ogni caso un’allusione al fatto che gli USA si opposero al c.d. Compromesso storico.