Speculazioni finanziarie, i parassiti delle economie di mercato
di Roberto Marchesi - 30/01/2012
Le primarie americane dei repubblicani, giunte ora al terzo traguardo parziale (con tre candidati alla pari con una vittoria ciascuno) ci hanno costretto a sentire, nei milioni di dollari spesi in propaganda, molte sciocchezze su come affrontare e risolvere la crisi.La “medicina” proposta dai repubblicani per risolvere la crisi è facile ed è ormai nota a tutti: meno tasse (soprattutto ai ricchi) e meno governo, così l’America tornerà ai fasti dei giorni migliori. Ma è vero esattamente il contrario, però funziona lo stesso. Gli slogan funzionano sempre.
Tuttavia, siccome questa bandiera è sventolata da tutti i repubblicani, i candidati dovevano fare qualcosa per diversificarsi, e sono passati ad un serrato confronto sul piano personale. Così è successo che nei giorni scorsi Gingrich (foto), accortosi che Romney non aveva ancora presentato le sue dichiarazioni dei redditi (come è tradizione per tutti i candidati alla presidenza Usa) è partito all’attacco per metterlo alle corde, accusandolo di tenere nascosti i suoi lauti guadagni, fatti tra l’altro con la sua attività di trader e di buy-out, a spese dei lavoratori e dei piccoli azionisti delle imprese che lui “risanava”, o liquidava tenendosi il buono. Anche se il motivo per cui Gingrich ha avviato questo confronto non è quello della giustizia sociale, facendolo ha aperto involontariamente uno squarcio di dimensioni enormi sulla diversità di tassazione dei redditi tra chi lavora (operai, impiegati e imprenditori) e chi specula sugli investimenti e sui risparmi altrui (i guadagni di borsa).
La differenza è stridente, dato che sui primi esiste quasi ovunque una tassazione progressiva che varia da paese a paese, e varia anche in funzione se la tassazione serve a coprire anche i sistemi di assistenza sociale (sanità e pensioni) oppure non li copre.
Questa tassazione perciò varia (mediamente) per es. da un minimo del 24% (negli Usa, dove non è compreso l’accantonamento per la sanità e la pensione) a massimi di oltre il 50% per le fasce più alte di reddito, soprattutto nei paesi che hanno le garanzie del welfare-state per tutti.
Il sistema di tassazione progressiva, secondo le fasce di reddito, non è una forma di appropriazione forzata sulle capacità e ricchezze altrui, è un indice di civiltà delle società evolute e assicura, attraverso l’equa redistribuzione delle risorse, quella pace sociale indispensabile non solo ai meno abbienti per condurre una vita dignitosa, ma anche ai ricchi per fare in serenità i propri affari. È un costo talvolta molto alto, ma che i ricchi dotati di umanità, oltre che di senso degli affari, sopportano volentieri. Ci sono molti esempi in tal senso.
Il più classico in questi giorni è quello di Warren Buffet, il multimiliardario americano che per primo ha denunciato lo scandalo dei miliardari che pagano in tasse sui propri guadagni un tasso inferiore a quello dei propri salariati. Ma c’è anche il caso della francese Liliane Bettencourt erede della fortuna del marchio l’Oreal, che subito dopo aver saputo di aver pagato solo il 4% circa in tasse sui suoi guadagni 2010 (di circa 250/mln di euro) ha provato vergogna e ha chiesto al governo francese di aumentarle le tasse.
Ma c’è il rovescio della medaglia, e qui torniamo proprio alla denuncia di Gingrich contro Romney, che finalmente ha presentato ieri le sue dichiarazioni dei redditi e ha così dovuto mostrare al mondo che ha guadagnato nel 2010, 21,7 milioni di dollari (quasi 60.000 dollari al giorno per ogni santo giorno dell’anno!), e nel 2011 poco meno (20.9/mln). Si tratta di guadagni fatti tutti nell’ambito di operazioni finanziarie e quindi classificati come capital gain, tassato con l’unica aliquota del 15%. Ma considerando le detrazioni ammesse, lui, su questi guadagni da nababbo, ha pagato una tassa del 13.9% nel 2010 e del 15.4% nel 2011. Se avesse dovuto pagare quello che pagano i suoi colleghi imprenditori che operano in settori diversi dal suo, avrebbe dovuto sborsare al fisco Usa più del doppio di quello che ha pagato, invece i suoi guadagni arrivano dalla sua attività di “intermediario finanziario”, cioè speculatore di borsa, quindi ha diritto ad un trattamento di favore (!).
Questa cosa non va giù ovviamente. Non solo ai comuni lavoratori e pensionati che guadagnano in un anno metà di quello che lui guadagna in un giorno, ma nemmeno ai suoi colleghi milionari e miliardari che operano in categorie diverse da quella della finanza speculativa.
Ma gli speculatori, furbescamente, ripetono ad ogni occasione che le rendite finanziarie non si possono tassare di più, perché il risultato sarebbe di far scappare gli investitori in altri paesi dove si paga di meno.
Ai paladini del libero mercato sembra un ragionamento logico. Ma non lo è.
Perché non è vero che non si possono tassare le rendite finanziarie come e di più del reddito da lavoro. Si può e si deve. Sta ai politici farlo.
Le speculazioni finanziarie sono il mortale parassita che, dopo essersi insinuato nelle borse al servizio di pochi personaggi avidi e senza scrupoli, sposta e divora le ricchezze prodotte nelle opulente democrazie industrializzate per consentire a quei pochi un sempre più vasto arricchimento fine a se stesso.
Persino dopo il tremendo tsunami finanziario del 2008, ancora non è stato fatto nulla di veramente efficace per evitare che ciò si ripeta.
È pura illusione sperare che questa gente si fermi di propria iniziativa. Lo si vede già da quello che propongono questi candidati repubblicani. Gingrich combatte Romney sulle rendite finanziarie solo perché vuole toglierselo dai piedi nella corsa alla poltrona più alta della Casa Bianca, ma non cambierà una sola virgola a questo disgraziato sistema di potere. Lo ha già detto! Battendo in cinismo persino Romney. Se lui diventerà presidente abolirà del tutto la tassa sul capital gain, con la solita scusa che se non si fa così la ricchezza si sposta altrove. Ma possibile che la gente non lo abbia già visto questo film? La ricchezza si sta già spostando altrove! E con grandissima velocità purtroppo. Non c’è tempo da perdere. È proprio grazie a queste sciagurate politiche di totale libertà alla finanza speculativa che siamo arrivati a questo punto.
La finanza cosiddetta creativa puo’ essere utile solo se gli si mette robuste briglie per tenerla sotto controllo e la si tassa adeguatamente, così da favorire le imprese produttive vere, quelle che creano ricchezza per tutti e tanti posti di lavoro, non pochi posti per un esiguo numero di privilegiati parassiti che si arricchiscono alle spalle degli altri.
Non c’è altra strada per uscire dalla crisi. E c’è un solo modo per riuscirci: votare chi promette di abbattere i parassiti, non chi propone di lasciarli liberi e prosperare a nostre spese.