L’ultimatum di Amnesty International alla Russia
di Tony Cartalucci - 19/03/2012
L’agenzia, indirizzata dal Dipartimento di Stato USA, chiede alla Russia di permettere a Stati Uniti e NATO di iniziare la rovina e il saccheggio della Siria.
Mentre la Libia si sminuzza in lotte intestine fra fazioni, con squadroni della morte razzisti e genocidi che scorrazzano in tutta la nazione per ripulirla dagli "indesiderabili", con intere regioni del paese che si distaccano come emirati del terrore semi-autonomi e con un presidente di un Istituto del Petrolio finanziato da BP, Shell e Total insediato come "primo ministro", si può chiaramente vedere che le decine di migliaia di morti causate dalla campagna della NATO sancita dall’ONU e guidata dagli USA contro la nazione nordafricana rappresentano un fallimento assoluto. Questo sarebbe, se salvare vite innocenti fosse stato davvero il suo obiettivo.
Tuttavia, se l'obiettivo era quello di fratturare la nazione in micro-Stati inefficaci e in lotta fra loro, intanto che si insediava a Tripoli un governo per procura inteso a dare il via libera ai contratti con le società occidentali per saccheggiare la ricchezza nazionale del Paese, allora è stato un successo clamoroso.
Tuttavia, il mondo è stato certamente ingannato dalle Nazioni Unite, dal Tribunale penale internazionale, dal governo degli Stati Uniti, dai governi britannico e francese, e, naturalmente, dalla NATO nell’eseguire la loro missione basata sulla "responsabilità di proteggere".
Consentire una replica dell’enorme misfatto che ha devastato irrimediabilmente la Libia sarebbe ingiustificabile. Eppure questo è esattamente ciò che Amnesty International sta pretendendo dalla Federazione Russa.
Immagine: Amnesty International usa gli stessi stratagemmi dell’«attivismo 2.0» adottati dai loro partner minori di Invisible Children, gli autori della truffa Kony 2012. Si noti la frase «Dona ora: combatti i cattivi con ogni dollaro», e come allo stesso modo di Invisible Children, Amnesty si rivolge al suo pubblico come se si trattasse di bambinetti. Ironia della sorte, succede che sia Amnesty sia Invisible Children coltivino una miriade di collegamenti con il Dipartimento di Stato USA e con gli interessi delle grandi imprese.
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Con l’appello intitolato “La Russia deve collaborare nel fermare lo spargimento di sangue in Siria”, Amnesty cerca perversamente di girare intorno alle violenze e i disordini chiaramente fomentati dall'Occidente all'interno della Siria presentandoli come se fossero in qualche modo risultanti dal rifiuto della Russia a capitolare di fronte a un altro intervento NATO. Un intervento, va aggiunto, di sicuro destinato a creare violenza diffusa, divisioni etniche e spargimento di sangue in tutta la Siria, così come il saccheggio da parte delle multinazionali occidentali, desiderose di riempire il vuoto lasciato una volta che l’establishment nazionalista siriano sia violentemente asportato come è stato per la Libia.
Il rapporto di Amnesty cita il bilancio delle vittime fittizio prodotto dall’ONU, basato esclusivamente sulle affermazioni dell’opposizione siriana, prima di lamentare il posizionamento delle truppe siriane e dei loro mezzi dentro e intorno alla città di Homs, che fino a poco tempo fa era - come è stato ammesso - la base operativa di militanti pesantemente armati. Amnesty chiede poi retoricamente: «Quante altre vittime dovranno soffrire prima che la Russia prenda una posizione decisa sui crimini contro l'umanità che si stanno compiendo in Siria?» Si potrebbe facilmente chiedere in risposta, quante altre vittime devono soffrire prima che il mondo assuma una posizione decisiva contro Wall Street e Londra, nella loro follia omicida globale che si estende dalla Libia alla Siria, all’Iran, lungo tutto l'Iraq, e nelle montagne e nei villaggi dell'Afghanistan?
Amnesty conclude il suo ultimatum chiedendo alla Russia di porre fine alle sue vendite di armi alla Siria, sebbene i governi occidentali attraverso la NATO e i gli Stati Arabi suoi clienti riforniscano costantemente di armi, fondi, e anche di combattenti stranieri il loro movimento di opposizione per procura.
Amnesty è finanziata e gestita dal Dipartimento di Stato USA e dalla grande finanza.
Ci si potrebbe chiedere perché Amnesty International stia palesemente operando in contraddizione con la dichiarazione sulla propria missione, volta a «proteggere le persone laddove la giustizia, la libertà, la verità e la dignità siano negati.» Il nostro primo indizio viene da chi attualmente gestisce Amnesty International: Suzanne Nossel, direttore esecutivo.
La Nossel aveva appena terminato un incarico in veste di Vice Assistente Segretario per le Organizzazioni internazionali presso il Dipartimento di Stato USA, giusto prima di essere nominata a capo di Amnesty. È stata anche vice-presidente della strategia e delle operazioni per il «Wall Street Journal» nonché consulente su media e intrattenimento alla McKinsey & Company (una delle otto multinazionali con qualità di socio “sovventore” del Council on Foreign Relations). In tutta evidenza la manipolazione delle percezioni del pubblico è una sua specialità, di certo ora ben messa a frutto in relazione alla Siria.
Video: la Nossel, ancora al Dipartimento di Stato, mentre parla della "Primavera Araba" costruita dagli USA e del ruolo degli Stati Uniti nel sostenere i gruppi di opposizione. Sta parlando al National Iranian American Council, e cita in particolare l’istituto Brookings per spiegare i suoi argomenti sulle violazioni dei diritti umani in Iran. C’è da chiedersi se la Nossel abbia sfogliato anche il rapporto del Brookings intitolato "Which Path to Persia?" ("quale percorso verso la Persia?", NdT) che cospira apertamente per rovesciare l'Iran attraverso "rivoluzioni colorate" appoggiate di nascosto, armando una lista di gruppi terroristici (come gli Stati Uniti stanno facendo ora in Siria), e provocando l'Iran in una guerra che non vuole[1]. La Nossel sta, ovviamente, continuando il suo lavoro volto a minare nazioni sovrane facendo leva sulla causa dei diritti umani in Amnesty International.
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Come Amnesty International possa essere considerata imparziale quando è guidata da una signora che è palesemente una rappresentante degli interessi esteri americani, sia del governo sia di tutta la sua classe dirigente aziendale e finanziaria, è sbalorditivo. Quel che è peggio è che la stessa Amnesty International è effettivamente finanziata dal governo e dal grande business. Amnesty International riceve finanziamenti dall’«Open Society Institute» dello speculatore di Wall Street George Soros (pagina 8 del rapporto annuale), così come dal Dipartimento britannico per lo Sviluppo Internazionale (pagina 8), dalla Commissione europea e da altre fondazioni finanziate da grandi imprese.
Amnesty International è compromessa da un conflitto di interessi sconcertante in cui la sua organizzazione è sproporzionatamente finanziata e gestita dai rappresentanti di Wall Street e Londra. È chiaro che non solo Amnesty International è compromessa, ma sta anche sfruttando con malizia la nobile causa dei diritti umani per dar corso a un’agenda politica con suoi specifici interessi, che nel caso della Siria è costituita da un cambiamento di regime in favore della creazione di uno stato cliente dell’Occidente.
I disordini in Siria sono sostenuti dagli Usa e sono stati pianificati da tempo.
La Siria è stata messa in tabella per un cambio di regime fin dal 1991. Nel 2002, l'allora sottosegretario di Stato USA John Bolton aggiunse la Siria a un “Asse del Male” in via di espansione. Si sarebbe in seguito rivelato che le minacce di Bolton contro la Siria si sarebbero manifestate in forma di finanziamenti clandestini e di sostegno per i gruppi di opposizione all'interno della Siria lungo un arco che comprende entrambe le amministrazioni Bush e Obama.
In un servizio della CNN dell’aprile 2011, il portavoce in carica del Dipartimento di Stato Mark Toner dichiarava: «Noi non stiamo lavorando per minare questo governo [siriano]. Quel che stiamo cercando di fare in Siria, attraverso il nostro sostegno alla società civile, consiste nel costruire il tipo di istituzioni democratiche, francamente, che noi stiamo cercando di creare nei paesi di tutto il mondo. Quel che c'è di diverso, ritengo, in questa situazione è che il governo siriano percepisce questo tipo di assistenza come una minaccia al suo controllo sul popolo siriano».
Le osservazioni di Toner sono arrivate dopo che il «Washington Post» aveva pubblicato dei dispacci diplomatici che indicavano che gli Stati Uniti hanno finanziato i gruppi di opposizione siriani almeno dal 2005 e hanno proseguito fino ad oggi.
In un reportage dell’AFP dell’aprile 2011, Michael Posner, assistente del segretario di Stato USA in materia di diritti umani e di lavoro, ha dichiarato che «il governo degli Stati Uniti ha stanziato 50 milioni di dollari negli ultimi due anni per sviluppare nuove tecnologie per aiutare gli attivisti a proteggersi da arresti e processi da parte dei governi autoritari».
Il reportage spiegava poi che gli Stati Uniti «hanno organizzato sessioni di formazione per 5.000 attivisti in diverse parti del mondo. Una sessione tenutasi in Medio Oriente circa sei settimane fa ha riunito attivisti dalla Tunisia, dall’Egitto, dalla Siria e dal Libano, che sono tornati nei loro rispettivi paesi con l'obiettivo di formare i loro colleghi in loco» (enfasi in grassetto aggiunta). Posner avrebbe aggiunto: «Sono ritornati e si è avuto un effetto a catena». Tale effetto a catena, naturalmente, è la "Primavera Araba", e nel caso della Siria, l'impulso per le turbolenze in corso che minacciano di scardinare la nazione e puntano a un intervento straniero.
Più di recente, le rivelazioni sul fatto che militanti siriani siano stati in realtà armati, addestrati, finanziati, e persino raggiunti sul campo di battaglia dal Gruppo combattente islamico della Libia (LIFG), classificato dal Dipartimento di Stato USA come organizzazione terroristica straniera (# 27), evidenziano una volta di più la necessità del governo siriano guidato dal presidente Assad di tentare di ristabilire l'ordine a tutti i costi.
Il «Telegraph» ha poi riferito nel novembre 2011 che il leader del LIFG, Abdul Belhaj, si è incontrato con alti dirigenti dell’«Esercito Siriano Libero» lungo il confine turco-siriano. È stato riferito che Belhaj stava assicurando la fornitura di armamenti e denaro (entrambi da lui ricevuti dalla NATO), così come l'invio di combattenti del LIFG per addestrare e combattere al fianco dei militanti siriani.
VoltaireNet.org confermerebbe il ruolo di Belhaj e del suo LIFG non solo nell’assistere i militanti siriani, ma in realtà nel guidarli nella destabilizzazione della Siria armata dalla NATO.
A giudicare dagli ultimi dieci anni di guerra globale condotta dagli Stati Uniti in nome della lotta contro "i terroristi", verrebbe da chiedersi perché essi e Amnesty International stiano protestando anziché plaudire ai tentativi della Russia di rafforzare la posizione di Assad contro provati terroristi stranieri che stanno destabilizzando una secolare nazione. Ancora una volta, come in Libia, emerge che il mondo è ingannato da quel che si rivela sempre di più come un circo geopolitico troppo interessato e illegittimo, incentrato su Wall Street e Londra.
Amnesty parla per Wall Street e Londra, non per i diritti umani.
Chi firma la petizione di Amnesty per sostenere le sue richieste nei confronti della Russia? Potrebbero essere forse le stesse suggestionabili persone attirate dalla truffa ormai implosa di “Kony 2012”?[2] Abbastanza ironicamente, Amnesty International si era da tempo piazzata in quella nave che affondava, con la sua petizione indirizzata al Presidente Obama e intitolata "Basta con l'uso dei bambini soldato", che a un certo punto dichiara: «Mi congratulo con il governo degli Stati Uniti per il suo sostegno agli sforzi per arrestare Joseph Kony . Vi esorto a inviare anche un forte messaggio agli altri gruppi armati e ai governi della regione in modo che capiscano che il reclutamento e l'impiego dei bambini nei conflitti armati non saranno tollerati».
Amnesty ha acciuffato il trucco da propaganda di guerra di Invisible Children cavalcandolo, non solo offrendo ad AFRICOM un pretesto per stabilire una presenza in Uganda, ma avvisando tutti i gruppi armati "nella regione" affinché sostengano la possibilità di essere usati per giustificare l'espansione di AFRICOM in tutto il continente.
Non vi è alcuna ragione per cui la Russia debba dar retta alle parole di Amnesty International, che ha semplicemente riconfezionato le esigenze e i desideri delle multinazionali sovvenzionatrici di Wall Street e Londra, con il pretesto di ipocrite "preoccupazioni umanitarie".
Fonte: http://landdestroyer.blogspot.it/2012/03/amnesty-internationals-ultimatum-to.html.
Traduzione a cura della Redazione di Megachip.