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L'abbiccì dell'indipendenza nazionale

di Gianni Petrosillo - 24/04/2012


Il vecchio mondo politico italiano è marcito dalla testa ai piedi, per questo ogni proposta di riforma del sistema, dei partiti, delle istituzioni, degli assetti economici ed industriali si riduce ad un comizio ideologico che provoca sbadigli, ad un concerto di fandonie che genera indignazione,  ad uno spettacolo di frottole sul quale piovono inevitabili i fischi e le uova del pubblico, in attesa del lancio vero e proprio delle pietre e delle molotov. Almeno ce lo auguriamo, al contrario dei giornalisti perbenisti e degli onorevoli disonorati, strenui difensori del loro libertinaggio costituzionale, che sono accorsi al capezzale dei ministri contestati per contestare l’inciviltà dei tafferugli e la perdita di contegno delle masse. Ma le zuffe con interpreti sobri ed arrabbiati non sono segno di barbarie e di maleducazione, sono invece indice di perdita della pazienza da parte di persone che non sostengono più la situazione, sono la naturale reazione della gente agli assalti al proprio tenore di vita messo a rischio dalle in-decisioni e dalle scelte sballate di una classe dirigente che non guida nulla ma si fa orientare dall’esterno. Anzi, vorremmo ricordare ai frati scalzi della stampa scandalizzata che la stessa democrazia (e le sue grandi espressioni storiche) si è affermata a forza di delitti, guerre civili e colli mozzati , quindi per favore, cari cantori un tanto al pezzo del politicamente corretto, non venite a farci la morale sull’esecrabili e sull’insolenza del gesto villano contro chi ci toglie il pane e tenta di sfamarci con l’aria fritta della spending review, la quale, peraltro, è una ulteriore dieta somministrata a soggetti già affetti da anoressia cronica. Semmai, la spesa pubblica andrebbe razionalizzata con spostamento di risorse dalle colonie di parassiti che infestano lo Stato alle comunità felici, come quelle delle imprese pubbliche strategiche, in via d’estinzione e di liquidazione. Quindi, i puritani e gli educatissimi difensori del regime professorale ringrazino pure dio se, al momento, siamo ancora alla fase dell’ortaggio e del gamete perché di questo passo non ci vorrà molto per giungere a quella della clava e della pistola (oggi impropriamente rivolta dai disperati contro se stessi). Certo, finché c’erano solo i black bloc ad inscenare casini metropolitani da rivoluzionari d’azzardo, costoro avevano gioco facile a stigmatizzare la plebaglia scudata e armata di bastone, ma ora è meglio che tacciano perché la collera non esce dalle bocche e dalle mani affusolate dei no global ma da quelle di folle globalmente stufe di essere vessate ed angariate da esecutivi incapaci. Con tutto ciò Monti, in barba alle lamentele generali, prosegue nell’instaurazione della dittatura fiscale, sponsorizzato nella sua opera distruttiva dai furfanti finanziari mondiali, così come i suoi Ministri, dalla Fornero a Passera, vanno avanti a dar prova di eccedente tracotanza e di scarsa competenza, confermando quanto era nelle previsioni di questo colpo di stato appoggiato dal PresdelRep Napolitano: sono stati cooptati dalla cupola internazionale, braccio secolare dell’egemonia Usa, per costringere il Paese ad accettare una piena e completa sudditanza. Questi signori della muffa, annunciati al popolo come la migliore penicillina disponibile sulla piazza dopo la malattia dello spread, non potevano che essere sostenuti in parlamento dai leader della fuffa e della truffa, screditati fino alla cima dei capelli, eppure non ancora parchi di ciance e di banalità. La loro parola d’ordine è proseguire sulla scia del disordine costituito per mettere una lapide sulle nostre speranze di ripresa e di protagonismo geopolitico. Anche se ora annunciano il restyling delle loro organizzazioni, chi dicendo di voler rinunciare al contributo pubblico, chi riproponendosi come usato sicuro sulla strada dissestata della crisi mondiale,  fingono di non comprendere che da loro non potrà partire alcun rinnovamento poiché sono lo scarto soggettivo di un oggettivo decadimento dal quale si esce soltanto con un rinverdimento degli apparati dello Stato e con una nuova idea di sovranità nazionale. Questo è l’unico abbiccì di cui ha bisogno l’Italia libera ed indipendente che non vuole finire nel WC della storia.