A volte mi chiedo dove si fermi il tempo, dove dimorino quei puntini di sospensione della nostra vita in cui ci sentiamo a ‘casa’, dove il tempo scompare per un istante, lasciandoci in quel limbo emotivo di quiete, stasi, rilassamento, in cui ci culliamo nel pensiero, nell’attesa, nell’assaporare l’attimo e fermarlo. Ed ecco che nel fremere della corsa quotidiana cresce l’anelito a rallentare i ritmi, ad andare più piano, decelerare. Cercare di afferrare quegli attimi, sempre più sporadici, in cui si vive al rallentatore, senza fretta, in un clima di domestica pacatezza. “La calma nell’azione. Come una cascata diventa nella caduta più lenta e sospesa, così il grande uomo d’azione suole agire con più calma di quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere prima dell’azione.” diceva F. Nietzsche. L’azione costante è inevitabile, siamo cascate di energia produttiva, di acqua fremente, siamo fiumi in piena che scorrono ricoprendo ogni cosa, senza sosta. Sempre nei flutti, sempre in avanti. Produttivi, incisivi, proiettati sugli obiettivi, sembra impossibile poter dire di no alla velocità e alla competizione, siamo sempre collegati accesi sull’’on’, perché lo ‘stand by’ ci sembra solo un tasto funzionale, adatto solo a riprendere temporaneamente fiato. Eppure questa posizione, tra l’attività e l’inattività, è l’unica che ci fa assaporare ogni istante fino in fondo, che ci pone in relazione con il nostro essere più profondo, ci aiuta a riflettere con più consapevolezza e a prendere le decisioni più giuste.
Il nostro corpo non può fermarsi: il cuore batte centottantamila volte in 24 ore, pompa 8.600 litri di sangue. I nostri polmoni respirano in un giorno 120 mila litri di aria. I nostri ritmi, quindi, sono già velocissimi per necessità fisiologica e accelerarli sbilancia l’equilibrio psicofisico.
Il tempo della vita è il bene più prezioso che abbiamo. E’ vero che non bisogna sprecarlo. Tuttavia, chi vive con ritmi rilassati, comprende più degli altri se stesso e il mondo. La fretta, invece, è un modo di bruciare il tempo della propria esistenza senza viverlo pienamente. Dobbiamo sì essere lucidi e consapevoli, afferrare al volo quello che gli antichi greci chiamavano ‘kairos’, il momento opportuno. Tuttavia, ci sono dei momenti in cui dobbiamo rilassarci, riflettere, rallentare il ritmo dei nostri pensieri, sedimentarli, ponderarli, assaporarli, ascoltare il nostro stesso respiro. Dobbiamo diventare tutti un po’ più ‘filosofi’. Ma a cosa serve nel terzo millennio la filosofia? Serve a meditare. Platone diceva che il vero filosofo deve fermarsi, sedersi e mettersi a meditare perché soltanto in questa forma d’immobilità si riesce a pensare. E il pensiero è vitale. Quando pensiamo e meditiamo entriamo in un altro ritmo, che possiamo definire infinito. Noi viviamo tutti i giorni nel tempo finito, quello misurabile, dagli orologi, dai calendari, dagli appuntamenti e dalle scadenze. Tutte cose necessarie. Tuttavia, nello stesso tempo, dobbiamo saper entrare nell’infinito per assaporarlo. Se non riusciamo mai a conoscerlo e a entrarvi, non saremo in grado neanche di apprezzare il finito quotidiano.
Lentezza, attesa, ozio. L’ozio è un’arte, elogiato da Lafargue, Bertrand Russel, De Masi, per Nietzsche, era una virtù, per Kundera: “ il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”. Grande successo ha avuto il libro di Muriel Barbery “L’eleganza del riccio”, la storia di una donna che trascorre la sua vita a osservare e imparare molto dai comportamenti delle persone che popolano l’elegante casa in cui lei è portinaia, e nella sua tranquilla dimora, trascorre all’insaputa di tutti anche dei più maligni, il suo tempo a divorare libri, intere opere enciclopediche, e a formarsi una coscienza di sé e degli altri così fine, da far invidia al miglior psicologo o professore di filosofia teoretica.
Quante volte ci troviamo dietro la macchina una persona che suona impaziente, osserviamo sorridendo gente che sbuffa in fila alla posta, o di fronte ad una cassiera che ‘va lenta!’, oppure diventiamo impazienti di fronte a una persona che prima di decidere, riflette qualche secondo. Esseri lenti per la nostra società non è una qualità, ma un male, un difetto, una manchevolezza. L’etica calvinista l’abbiamo ormai nel sangue: guai a sprecare tempo! ‘Il tempo è denaro’, ‘chi ha tempo non aspetti tempo’. Eppure dobbiamo imparare a svuotare la testa dai pensieri per formarne di nuovi ed essere consapevoli del fatto che questo sia un atto creativo.
La lentezza invece è un bisogno fisiologico, fa parte dell’essere umano. Se si andasse più lentamente, se ci si guardasse attorno senza fretta, forse si vedrebbero più cose, molti più dettagli, bellezza, si capirebbero di più le persone. Quante volte le persone ci parlano e noi non le ascoltiamo, non diamo loro la giusta attenzione.
Cercare lentezza è anche un insegnamento zen: ‘fermati, respira profondamente, sorridi e pensa positivo’. Per riuscirci, proviamo a rallentare, a essere consapevoli, focalizzati su ciò che la vita ci offre, senza pensare troppo al domani, senza fretta, frenesia, stress. Il risultato del rallentamento sarà la qualità, in tutte le cose che faremo. Proviamo a mangiare più lentamente, migliora la digestione, si sentono meglio i sapori, si mangia di meno e meglio. Respiriamo più profondamente, ci consente di calmare i nervi, ridurre lo stress e assumere maggiore consapevolezza del momento. Conversiamo di più e meglio, dando alle conversazioni il giusto tempo, senza fretta, ci aiuta a capire di più i nostri interlocutori, magari non solo attraverso cellulari o chat, ma guardandoli negli occhi. Il dialogo diretto è un modo piacevole per comprendere a fondo una persona, ascoltando le sue vibrazioni. Quante volte ci accorgiamo che ‘le ore volano’, dialogando con una persona interessante?
Impariamo a meditare. A entrare cioè nel profondo del nostro essere per cercare la nostra essenza, i nostri desideri, le emozioni, i progetti, i pensieri in fieri per valutarli, crescerli, arricchirli, vederne i punti deboli. Dedicare tempo a noi stessi e ai nostri pensieri è vitale: essi saranno le nostre azioni future. La nostra vita.
Infine assaporiamo l’amore: per la vita, per un hobby, per una persona. Con lentezza, con passione, dedizione, cura, cogliendone le infinite sfumature, le emozioni, concedendo qualcosa di noi ad ogni persona che incontriamo.
Agire con più lentezza, significa tornare ‘a casa’: ritrovare qualità, armonia, serenità ed energia per costruire la nostra esistenza, nel migliore dei modi.
Ecologia del vivere: la dimora del tempo sospeso
di Stefania Taruffi - 22/05/2012