La lezione di Rio+20: cambiare il nome della specie da homo sapiens a insipiens
di Gianfranco Bologna - 25/06/2012
Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aprendo la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (www.uncsd2012.org) il 20 mattina a Rio de Janeiro, ha affermato che il documento finale non ha risposto alle aspettative ed ha sottolineato come i negoziati siano stati molto difficili. "Personalmente, ha detto, mi aspettavo un documento finale più ambizioso".
Fino all'ultimo le organizzazioni della società civile hanno cercato di contribuire a dare concretezza al documento finale per renderlo adeguato alla sfida che abbiamo di fronte a noi: come imparare a vivere nei limiti di un solo pianeta.
E il 21 giugno sera importanti rappresentanti della società civile, scienziati, leader di grandi associazioni internazionali, come WWF, Greenpeace, Oxfam, e think tank, come il Club di Roma, figure rappresentative dei movimenti del Sud del mondo come Vandana Shiva e tanti altri, hanno firmato un documento dal titolo "Il Rio+20 che non vogliamo" parafrasando il testo del documento finale "Il futuro che vogliamo" che dice chiaramente che il "futuro che vogliamo" non si trova nel documento che porta questo nome.
Ecco il testo:
"Il "Futuro che vogliamo" non è quello risultato dal processo negoziale di Rio+20.
Il "Futuro che vogliamo" è fatto di impegni concreti e azione, non di sole promesse. Ha l'urgenza necessaria per risolvere, non posporre, la crisi sociale, ambientale ed economica. E' fatto di cooperazione ed è in linea con la società civile e le sue aspirazioni, non solo con le posizioni comode dei governi.
Nessuno di questi punti si trova nei 283 paragrafi del documento ufficiale che questa Conferenza lascerà in eredità. Il documento intitolato "Il Futuro che vogliamo" è mediocre e non è altezza dello spirito e dei passi avanti fatti nei vent'anni trascorsi da Rio92. Né è all'altezza dell'importanza e dell'urgenza delle questioni affrontate. Le agende fragili e generiche per i prossimi negoziati non garantiscono risultati.
Rio+20 passerà alla storia come la conferenza ONU che ha offerto alla società globale un esito segnato da gravi omissioni. Mette a rischio la conservazione e la resilienza sociale ed ambientale del pianeta, così come ogni garanzia di diritti umani acquisiti per le generazioni presenti e future.
Per tutte queste ragioni, come molti gruppi e individui della società civile, registriamo la nostra profonda delusione rispetto ai capi di Stato, sotto i cui ordini e guida hanno lavorato i negoziatori, e dichiariamo che non ammettiamo né avalliamo questo documento.
Anche la comunità scientifica internazionale ha fatto il possibile, organizzando, tra l'altro proprio il 18 giugno un High Level Dialogue on Global Sustainability, che ha prodotto un ennesimo appello dal titolo "The Future We Choose" (Il futuro che scegliamo, scaricabile dal sito http://www.stockholmresilience.org/research/researchnews/movebeyondaspirationalstatements.5.5d9ea857137d8960d477d3.html ).
Oggi, come ho più volte ricordato sulle pagine di questa rubrica, la comunità scientifica che studia i cambiamenti globali ed il ruolo della pressione umana su di essi è coordinata in un grande partenariato internazionale, l'Earth System Science Partnership (ESSP, www.essp.org), nato nel 2001 con il patrocinio della più grande organizzazione scientifica internazionale, l'International Council for Science (ICSU, www.icsu.org). Inoltre esiste inoltre un coordinamento internazionale dei sistemi di osservazione della Terra denominato Global Earth Observation System of Systems (GEOSS, www.earthobservations.org) che coordina tutti i dati provenienti dai numerosi satelliti da telerilevamento.
La conoscenza scientifica che abbiamo acquisito negli ultimi decenni sul sistema Terra è veramente notevole e la scienza è in grado di fornire significative valutazioni sullo stato di salute dei sistemi naturali del nostro pianeta.
Infatti, come ricorda il testo dell'appello "Il futuro che scegliamo" : "Siamo sulla soglia di un futuro con rischi senza precedenti dal punto di vista ambientale. Le evidenze scientifiche sono inequivocabili. Gli effetti combinati del cambiamento climatico, della scarsità delle risorse, della perdita di biodiversità e della perdita della resilienza degli ecosistemi con una domanda sempre crescente, pongono un pericolo reale al benessere dell'umanità. Questo futuro genera rischi inaccettabili alle capacità di resilienza dell'intero sistema Terra, incluso i suoi abitanti. Abbiamo generato una nuova epoca geologica, l'Antropocene. In questa epoca vi è il rischio inaccettabile che la pressione umana sul Pianeta possa proseguire seguendo la traiettoria del Business As Usual (del fare come se niente fosse) provocando cambiamenti repentini e irreversibili con conseguenze catastrofiche per le società umane e la vita sulla Terra." Proprio sul concetto di Antropocene la comunità scientifica del Global Change ha prodotto un bellissimo sito web divulgativo www.anthropocene.info con un filmato introduttivo di tre minuti veramente molto affascinante.
L'appello continua ricordando che : "Con una leadership audace e coraggiosa e azioni determinate è possibile una transizione verso un futuro sicuro e prospero. Ma entrambi sono essenziali e il tempo sta scorrendo rapidamente. Ogni ritardo oggi ci chiude le opportunità per progredire e incrementa il fardello di ineguaglianza e povertà, non solo per le future generazioni ma anche per quanti vivono oggi. La nostra generazione è la prima che ha il privilegio di comprendere la piena complessità delle sfide che dobbiamo affrontare e per le quali abbiamo già nelle nostre mani la conoscenza, la tecnologia e le risorse finanziarie richieste per avviare un futuro sostenibile. L'applicazione di questi strumenti per affrontare le ineguaglianze economiche e sociali, rafforzare il ruolo delle donne ed assicurare una buona governance, costituiscono il prerequisito per vivere bene entro i limiti dei confini planetari".
Gli studiosi che hanno sottoscritto il documento (tra cui i noti studiosi delle scienze del sistema Terra Will Steffen, John Schellnhuber, Johan Rockstrom, Carlos Nobre e diversi premi Nobel, come il chimico Yuan Tseh Lee, presidente dell'International Council for Science, vedasi www.icsu.org) ricordano che abbiamo bisogno di riconnettere le società umane con la biosfera. La prosperità e l'equità per il futuro dipenderanno da una transizione verso la sostenibilità globale che non è solo necessaria e urgente ma per noi è una scelta. "Il tempo di agire è ora !"
Il documento considerando la storica opportunità che deriva da Rio+20 per avviare il mondo sul sentiero della sostenibilità; chiede di
- Assicurare una responsabilità di stewardship planetaria, implementando gli accordi multilaterali, rafforzando gli assessment scientifici integrati e le istituzioni per lo sviluppo sostenibile a tutti i livelli, dal locale al globale, includendo tutti gli stakeholder e mantenendo un approccio integrato all'equità, l'economia e l'ambiente;
- Prendere azioni urgenti che vadano incontro alle necessità globali per l'alimentazione, acqua e energia in una maniera sostenibile, evitando pericolosi cambiamenti climatici, salvaguardando la biodiversità della Terra e gestendo in maniera sostenibile gli oceani;
- Ripensare il modello economico, ripensando i modelli di produzione e consumo, disaccoppiando la crescita e la prosperità dall'utilizzo delle risorse, andando oltre il PIL come misura del progresso delle società, incoraggiando l'innovazione e gli investimenti di sostenibilità a lungo termine e inserendo un prezzo per le risorse naturali, incluso il carbone;
- Avviare una trasformazione globale, l'anno 2015 segna una congiuntura critica e si richiede urgentemente un'azione decisiva per una roadmap che richieda il raggiungimento dei Millennium Development Goals (MDGs), l'adozione dei Sustainable Development Goals (SDGs) e la conclusione di un accordo sul clima che segua la migliore conoscenza scientifica disponibile offrendo una strada per un futuro vitale ed equo all'umanità.
Il 14 giugno 2012 è stato reso pubblico lo statement dello IAP, il network globale delle Accademie scientifiche di tutto il mondo - "IAP Statement on Population and Consumption" (vedasi www.interacademies.net) dedicato alla Conferenza Rio + 20. Lo Statement è di sole due pagine e si conclude con un breve paragrafo intitolato "The Need for Urgent Action": Tra l'altro, afferma : "Popolazione e consumo costituiscono il cuore dello sviluppo sostenibile e degli sforzi per avviare il mondo verso un uso sostenibile delle risorse naturali.
Ma sono temi politicamente ed eticamente sensibili ed è fondamentale che questo non condizioni il fatto che vengano considerati negletti dai decisori politici. Il mondo ha bisogno di adottare un approccio razionale basato sulle evidenze derivanti dalla crescita della popolazione e dagli insostenibili modelli di consumo che vengono praticati [...] Le scelte che faremo sulla gestione della popolazione umana e del consumo delle risorse per i prossimi 50 anni ci coinvolgeranno per i secoli a venire.
Esiste un range di futuri possibili. Se noi agiamo subito è realistico immaginare delle traiettorie dove la crescita della popolazione inizia ad arrestare, i modelli di consumo diventano sostenibili, i cambiamenti globali indotti dall'intervento umano vengono mantenuti nei limiti di fenomeni governabili e il benessere umano viene incrementato. Un fallimento nell'azione potrebbe condurci su futuri alternativi con potenziali e profonde implicazioni catastrofiche per il nostro benessere. Più si ritarda l'azione più saranno necessarie misure radicali e drastiche. Ciascuno ha un suo ruolo da svolgere: individui, organizzazioni non governative, e i settori del pubblico e del privato. "
Poco prima di Rio +20, nell'aprile 2012, è stato pubblicato anche il rapporto dell'autorevole Royal Society, l'Accademia scientifica della Gran Bretagna, dal titolo "People and the planet", prodotto da un prestigioso team di scienziati presieduti dal premio Nobel, Sir John Sulston.
Il rapporto propone 9 raccomandazioni che partono dal presupposto che l'impatto umano sui sistemi naturali della Terra ha raggiunto livelli veramente preoccupanti e che nei paesi ricchi del mondo il consumo materiale pro capite ha raggiunto livelli superiori alle possibilità dei sistemi naturali della Terra che possono consentire di mantenere una popolazione di 7 miliardi di persone e più. Le raccomandazioni della Royal Society riguardano, ad esempio, l'obiettivo per i paesi più sviluppati e per le economie emergenti di stabilizzare e poi ridurre i livelli del consumo materiale attraverso un uso efficiente delle risorse e l'ottenimento di un disaccoppiamento dell'attività economica rispetto al suo impatto ambientale, l'obiettivo di disporre urgentemente di programmi di salute riproduttiva familiare a livello nazionale e internazionale ed la necessità di una forte collaborazione tra i governi nazionali per sviluppare istituzioni e sistemi socio-economici che non dipendano più dalla crescita continua del consumo materiale.
Di tutto ciò e di tantissimi altri fondamentali contributi della comunità scientifica internazionale non è stato tenuto affatto conto.
Forse bisognerebbe chiedere alla Commissione Internazionale di Nomenclatura Zoologica di modificare il nome scientifico della nostra specie da Homo sapiens a Homo insipiens.