La settimana passata, complice il bel tempo e le temperature ancora estive, avevo deciso di recarmi in moto nella magnifica penisola sorrentina. Partito di buon mattino, all’altezza di Napoli, preso da un attacco di stanchezza, decido di fermarmi per una breve pausa in uno dei tanti paesotti della regione circumvesuviana, mosso, tra l’altro, dalla bellezza del panorama circostante, caratterizzato da colline boscose e agglomerati urbani sparsi qua e là. Per cui, incuriosito, devio all’altezza di Palma Campana, località dal nome che ci porta agli occhi un’immagine di esotica amenità…
E qui invece inizia un’autentica discesa all’inferno. La splendida campagna è stata trasformata in un colossale mondezzaio a cielo aperto. Mondezza ovunque. Sottopassaggi, cigli della strada, campi coltivati, abitazioni, ogni luogo possibile e immaginabile è stato trasformato in una discarica a cielo aperto. Muri di spazzatura imputridita da mesi di esposizione al capriccio degli elementi, accanto ad altrettanto insidiose interminabili filiere di “munnezza” che fanno capolino tra il verde delle coltivazioni. Qua e là tra i capannoni industriali fanno capolino delle lussuose ville, circondate da filo spinato e telecamere.
Arrivo finalmente in una località chiamata Palma Campana, ma potevo benissimo trovarmi a Colombo, Delhi, Dacca o Islamabad. Non un italiano nelle strade ma, centinaia e centinaia di immigrati-schiavi orientali, lì per lavorare una terra i cui frutti avvelenati dalla “munnezza”, verranno spacciati sulle tavole degli italiani come genuini ed autentici prodotti della generosa natura campana. L’unica italica presenza avvertibile è data da qualche macchinone cafone che qua e là sfreccia per le strade del paese, incurante di tutto e tutti.
Oggetto di sguardi di curiosa ostilità, decido di recarmi presso l’unico bar aperto del paese dove, a parte la lounge music a tutto volume e le architetture “american way”, non c’è quasi nulla da mettere sotto i denti, per cui, rifocillatomi alla ben’e meglio decido di allontanarmi da quel posto maledetto da Dio, un perfetto scenario naturale per guerre tra clan e malaffari di ogni tipo. Ma oramai è troppo tardi. L’aria fetida che spira da quel sito, mi ha rovinato la giornata. Decido di tornare verso casa, mi fermo per un purificatore bagno di mare, ma in me permane una nube scura e tante domande. Ma la storia della “munnezza” non era finita? Ma come, non era questo il governo delle innovazioni tanto gradite all’euro-circo di Bruxelles? Non dovrebbe essere Monti il Professore-Presidente della Provvidenza, un autentico “Deus ex machina” calato dal cielo grazie alla graziosa intercessione del nostro Presidente Napolitano? Evidentemente no.
A ben vedere le cose non vanno affatto bene, anzi, non vanno affatto. L’altro giorno in un afflato di mistico autocompungimento, il Nostro Professore-Presidente, (ora nell’inedita versione maschile di una Santa Caterina da Siena in preda a qualche mistico tormento…) ci ha rivelato che le sue curette salva-Italia qualche riflesso negativo sul già tremolante andazzo della nostra economia l’avrebbero avuto. Il tutto nelle modalità di una chemioterapia in salsa economica, in cui per curare il male che corrode un organismo, si finisce con l’ammazzare il paziente. Tassare allo sfinimento tutto e tutti, svendere i beni dello stato, tagliare settori come cultura, sanità e, invece, non toccare inutili spese militari, favorire banche, assicurazioni e comparti finanziari privati, vi sembra un modo per rilanciare l’economia di un paese?
E tanto per rimanere in Europa, gli ultimi provvedimenti della BCE, il cosiddetto Fondo salva-stati, ma specialmente la possibilità di acquistare senza limiti titoli dei paesi più in difficoltà da parte dei più virtuosi, altro non rappresentano se non l’ennesimo provvedimento salva-banche tramite la produzione “ex nihilo” di valori cartacei e quindi totalmente slegati dall’andamento delle economie reali.
Tanto per capirci: chi saranno coloro che, in primis acquisteranno i titoli del debito pubblico dei vari paesi dell’eurozona in difficoltà? Ma le banche, naturalmente. E chi è che provvederà a distribuire tali titoli ai singoli acquirenti? Sempre le banche ed affini quali assicurazioni, finanziarie, fiduciarie, etc., naturalmente. Allora di che razza di provvedimenti salvifici si va cianciando? Bisognerebbe spiegarsi un po’ meglio e specificare che a salvarsi qui sono esclusivamente i poteri forti dell’economia e della finanza e i loro vari strumenti ufficiali (le solite banche, finanziarie, assicurazioni, etc.).
Per chi invece di lavoro ci vive (e ci muore, sic!) resta il progressivo restringimento delle proprie capacità di reddito, dovuto al continuo e sempre meno evitabile ricorso ai vari strumenti finanziari, che siano l’acquisto dei titoli di stato, che siano mutui o il ricorso a forme di pagamento elettronico quali carte di credito o bancomat, o anche la semplice detenzione di valuta, tutti egualmente gravati da costi occulti, a partire da quello rappresentato dal signoraggio.
Senza parlare del cosiddetto “Fondo salva-stati”, che altri non è che una formula riattualizzata dell’infame progetto Euro. Il paese dell’eurozona in difficoltà si illude di poter attingere a questa riserva finanziaria costituita, in primis, dai contributi dei paesi dalle economie più forti, dimentico dei costi che gravano sull’intera operazione, che saranno debitamente spalmati su tutte le fasce di una popolazione per una o più generazioni. Un po’ come accade con le carte di credito, i cui costi finiscono con il superare sempre i vantaggi delle varie operazioni. Euro, Fondo salva-stati e via discorrendo, altro non sono che immense operazioni “carta di credito” i cui costi vanno sempre nelle tasche delle varie banche, strangolando progressivamente le varie economie nazionali.
E siccome la finanziarizzazione delle varie economie ha raggiunto un ritmo spasmodico grazie alla Globalizzazione, qualsiasi soluzione in tal direzione altro non farà che aumentare il succedersi e l’intensità delle varie crisi finanziarie globali, il tutto a vantaggio esclusivo dei grandi burattinai che stanno dietro al progetto del Nuovo Ordine Mondiale.
Ma c’è anche chi crede che la soluzione a tanto problema stia semplicemente nell’aumentare spropositatamente le imposte, senza operare alcuna profonda svolta sistemica. Parliamo di gente alla Francois Hollande che, con le sue gabelle dice di togliere ai ricchi, ma in verità supporta un’impostazione geoeconomica tutta in favore dell’assoluta supremazia delle multinazionali francesi in Africa e, laddove tale supremazia venga messa in discussione, non si esita ad operare sanguinosi colpi di mano, perpetrati con tanto di spaventose pulizie etniche, pur di installare personaggi come l’attuale presidente della Costa D’Avorio, Ouattara, ex funzionario FMI che, di una delle poche economie floride dell’Africa, hanno fatto una dependance delle multinazionali francesi, agli ordini dei diktat del FMI. Senza contare gli altri interventi francesi in Libia, per esempio, o adesso quello di cui si sussurra in quel di Siria, tutto a supporto dei locali “barbudos”.
Anche in Italia, in fin dei conti, si è verificato un colpo di mano, all’italiana però. Qui, anziché atroci operazioni di pulizia etnica, si è preferito non fare alcuna operazione di pulizia, lasciando tutta la sporcizia in appalto alla malavita, assunta a strumento di tutela degli interessi del globalismo, attraverso riciclaggio, traffico di droga, munnezza e quant’altro alla faccia della salute e dell’integrità fisica dei cittadini.
Ma, come si dice “business is business” e quindi i partiti, calatisi le braghe, hanno direttamente demandato la gestione della “res publica”, ai rappresentanti in pectore dei poteri forti, bypassando direttamente il parere dei cittadini, in barba ai tanto osannati dettami della carta costituzionale.
A questo punto, però, “sic stantibus rebus”, troviamo veramente un’offesa alla nostra intelligenza il parlare di “ripresa”, come fa il nostro beneamato Presidente del consiglio, ad ogni umorale batter d’ali delle Borse o ad ogni proclama di qualche boiardo di Bruxelles. Altresì e doppiamente offensive, le critiche, le condanne e l’intromissione negli affari di altri paesi, come la Siria, quando noi, veramente, in fatto di violazioni di diritti, inosservanza alle varie costituzioni, impicci e malaffari non siamo secondi a nessuno.
Forse, della Siria dà fastidio che, essendo ancora una repubblica laica, nazionale e socialista, riconosca tra i propri fondamenti quello del diritto al lavoro che, oramai in Italia, grazie a certe simpatiche uscitine è oramai platealmente messo in discussione, preferendosi quello più tipicamente italiota alla raccomandazione; se poi si è giovani, carine e “veline”, tanto meglio: Berlusconi docet!
Per questo, sarebbe necessario cominciare a guardare a quanto sta accadendo nelle piazze di New York, Madrid, Lisbona e in tanti altri posti dove, invece delle solite logore vetero-formazioni politiche, sta prendendo piede una sempre più serrata critica al capitalismo ed al turbo liberismo, animata da un eterogeneo insieme di gruppi e movimenti di cittadini e studenti.
L’Italia, in questo, è rimasta indietro. Alla grande varietà di analisi ideologiche non si accompagna, però, la volontà di addivenire alla creazione di un Fronte Antagonista, operativo sul piano della politica ed in grado di fornire delle indicazioni reali al diffuso senso di disagio collettivo, a causa del campanilistico tribalismo da cui la politica nostrana (anche ai suoi piani più nobili) è affetta.
Di fronte a questo stato di cose, le armi della continua denuncia, la critica serrata, le proposte, la veicolazione in rete di certe istanze, potranno rappresentare un primo importante passo, in direzione della formazione di un comune sentire, senza però dimenticare d’altra parte che, non si può certo rimproverare questo esecutivo di poca coerenza o di non parlar chiaro, anzi. Il “culo in faccia” di certi signori, a questo punto, è quasi degno di ammirazione, perché lancia un guanto di sfida a tutti coloro che hanno una testa per pensare, non lasciando più molti dubbi sulla natura della posta in gioco e del conflitto in atto.