La "ricreazione" alle spalle del popolo adesso è finita
di Massimo Fini - 02/10/2012
Ciò che più colpisce nello scandalo dei consiglieri Pdl della Regione Lazio (ma la questione va allargata, con tutta probabilità, anche agli altri partiti e alle altre Regioni) è, oltre l’impudenza e la nullità di politici, la loro mediocrità come uomini. Già sono dei miracolati che, in genere, non hanno alle spalle una professione, un mestiere e che non hanno mai fatto una vera ora di lavoro in vita loro. Se hanno raggiunto, nell’amministrazione pubblica, posti di rilievo e ben remunerati non è certo perchè si fossero "illustrati" in precedenza per qualche merito ma solo ed esclusivamente in virtù (diciamo così) del loro infeudamento in un partito. Potrebbero accontentarsi. Invece hanno venduto l’onestà, l’onore, la dignità per una cena in un bel ristorante, per una spesa al super-market, per attrarre una ragazza che non sono in grado di conquistare in modo normale.
Proprio in questi giorni sono stati incriminati per assenteismo quaranta impiegati pubblici di Trieste e tredici di Palermo che invece di stare sul posto di lavoro andavano a far spesa al supermercato. Ma almeno quelli spendevano soldi loro, sia pur mal guadagnati; quelli che ci dovrebbero rappresentare spendono invece, con grande disinvoltura e disprezzo dei cittadini, i soldi nostri. Ma ancora più grave, se possibile, delle ruberie e delle grassazioni è l’estesissimo fenomeno del nepotismo che emerge dallo scandalo della Regione Lazio. Costoro piazzano i loro parenti, i loro figli, i loro nipoti, le loro fidanzate, le loro puttane in posti di prestigio lautamente compensati. Valga, per tutti, il caso del segretario laziale Salvatore Ronghi che, secondo la deposizione di Franco Fiorito, «è riuscito a piazzare la sua fidanzata, Gabriella Peluso, facendole ottenere un posto da dirigente con un compenso di 100mila euro annui». Questo mentre l’Italia soffre di una disoccupazione giovanile oltre il 30% e i nostri figli non trovano lavoro e se lo trovano devono sfangarsela con 100 euro. Ognuna di queste assunzioni familiste e clientelari è uno schiaffo in piena faccia a noi cittadini. Ma noi continuiamo a subire. Molti si adeguano. L’Italia intera è diventata una gigantesca cosca mafiosa dove, per dirla con l’Ignazio Silone di Vino e pane (ma si era in pieno fascismo) "non c’è niente da fare: per vivere un po’ bene bisogna vendere l’anima".
Adesso, nel Paese di Alice, tutti fan finta di meravigliarsi che l’Italia si sia ridotta così, al penultimo posto nella scala mondiale della corruzione. Ma che cosa ci si doveva aspettare dopo che, già all’indomani di Mani Pulite, una schiera di politici, di intellettuali, di giornali, di media televisivi si sono impegnati a trasformare i ladri in vittime e i magistrati nei veri colpevoli e chi osava chiedere rispetto della legge anche per i rappresentanti della classe dirigente veniva bollato come "moralista", "giustizialista", "forcaiolo"? È ovvio che la classe politica, a tutti i livelli, nazionali e locali, ne ha tratto la convinzione di poter agire nella più piena impunità; di poter corrompere e corrompersi senza patire alcuna conseguenza. Adesso che il verminaio è stato scoperchiato per la seconda volta tutti i partiti, responsabili tra l’altro, pro quota, della disastrosa situazione economica in cui è precipitato il Paese, giurano di volersi emendare dagli antichi vizi. Ma l’occasione l’han persa vent’anni fa. Adesso chi gli crede più. La ricreazione, durata trent’anni, alle spalle del popolo italiano, è finita. Il vaso dell’esasperazione è colmo. E lo vedremo alle prossime elezioni. Ammesso che ci siano ancora elezioni.