La cura dimagrante della società opulenta
di Emilio Piano - 14/10/2012
Pretendiamo il superfluo d-e-f-g senza nemmeno poterci permettere l’indispensabile a-b-c. Come ci spiegherebbe Franco Rodano (1920-1983), il capitalismo contemporaneo ha fregato Marx trovando nuove frontiere per consolidarsi grazie alla commedia noir del benessere, diventata ormai la tragedia che conosciamo. Oggi i lavoratori possono soddisfare meravigliosi bisogni che, fino a cinquant’anni fa, nemmeno pensavano di avere, come gli sms Vodafone, l’iPhone 5, le imperdibili offerte Auchan eccetera. Quello che un tempo si chiamava proletariato è oggi una massa indistinta che svolge suo malgrado una funzione di sostegno e conservazione del proprio usuraio e carnefice: schiavi alla moda che non avvertono più la sensazione viva del loro sfruttamento – truccato, attutito, mimetizzato – e si sentono perfino soddisfatti, felici di lavorare in un call center per 500 euro al mese con la Smart da pagare e gli aperitivi in un bar alla moda per dimenticare.
Proletariato? Oggi quasi nessuno può permettersi di formare una famiglia e avere dei figli.
Classe operaia? La lotta di classe è morta soffocata, travolta e schiacciata dall'azione di livellamento di un sistema che fa sentire irrinunciabili le cose superflue e promette a tutti il mondo di sogno del benessere (tanto per sognare è sufficiente dormire).
I politici italiani usa e getta incarnano bene il superfluo dell’opulenza, rappresentano egregiamente questa confusione edonistica asservita al consumismo-per-consumare, al benessere piovuto dal cielo.
Il cosiddetto progresso finalizzato al consumo a tutti i costi, o semplicemente “crescita”, si concentra nelle aree del mondo già sviluppate ed esclude vastissime zone arretrate, e così gli squilibri locali si scaricano nelle sacche di emarginazione e sottosviluppo a livello globale con un bassissimo costo del lavoro (le nostre scarpe fabbricate da bambini in Asia o i nostri oggetti di consumo fatti chissà dove in condizioni disumane da operai senza diritti).
Il sistema opulento crea una nuova classe che va ad aggiungersi a quella borghese e al proletariato di un tempo: gli emarginati e i poveri, del Meridione d’Italia, dei ghetti delle grandi città, della Grecia, della Cina, del Terzo Mondo… sono questi gli esclusi dal benessere.
Il fatto è che i poveri disperati disposti a tutto stiamo cominciando a diventare noi, perché questo sistema molto promettente e poco mantenente, che fa sentire lo sfigato simile al riccone perché entrambi hanno una vasta scelta per soddisfare i propri (bi)sogni, sta miseramente crollando anche qui.
Sarà la volta buona che, in barba alla distorsione dei consumi, il lavoratore tornerà a mettere in cima alla scala delle priorità – come sarebbe naturale – beni di prima necessità quali la casa, il cibo, la salute, la scuola, i trasporti pubblici e metterà invece in coda quelli superflui e individualistici come le macchine di lusso, le Hogan, il cellulare, l’iPhone, le Nike?
Contro il dominio del consumo egoistico e superficiale è necessaria una forma di austerità socioeconomica volontaria e collettiva vista come un valore etico-politico, a partire da ciascuno di noi, a partire da ora.