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Euro e Grecia

di Francesco Mario Agnoli - 12/11/2012

 

  La situazione dell' Italia e di altri paesi europei che hanno avuto la dabbenaggine di adottare l'euro è triste, quella della  Grecia è drammatica, quasi terminale. Come hanno mostrato le  immagini  dei telegiornali di mercoledì 7 novembre, le piazze e le strade  di Atene ricorrentemente, a distanza di pochi giorni,  si riempiono di   folle di gente alla disperazione. Sarà stata colpa  dei passati governi e  i greci pagano per averli eletti e non averli controllati (ma gli italiani non hanno fatto niente di meglio). Tuttavia, colpa o non colpa, il fatto è che oggi la Grecia si trova intorno al collo il cappio della troika-triade (Ue, Bce e, peggiore di tutti, Fmi), che, mese dopo mese, lo avvita  un po' di più  e che quasi ogni cittadino, inclusi quelli che fino a ieri si credevano benestanti o comunque fuori dalla zona a rischio, sentono questo  cappio stringersi anche intorno al proprio collo.

   Ma che succederebbe  se i Greci prendessero il coraggio a due mani e, gettando l'anima oltre l'ostacolo, abbandonassero l'euro? Certo, una tambureggiante campagna mass-mediatica   ha fatto di tutto per convincerli (e convincere tutti gli europei) che  sarebbe non tanto un salto  nel buio, quanto un  sicuro disastro e io non mi sento abbastanza esperto per garantire  che non sarà così (chi lo è si faccia avanti).  In ogni caso è fuori di dubbio che ci saranno molti (magari proprio ad Atene) pronti ad obiettare: se ci tenete tanto, perché a dare l'esempio, a gettare l'animo oltre l'ostacolo non siete voi italiani?

   Il fatto è che noi italiani, oltre ad essere stati  fino a pochi mesi fa il popolo più stupidamente europeista del continente, non siamo (o non siamo ancora) alla disperazione. Politici, economisti, giornalisti, mezzibusti hanno lavorato bene e  a fondo, sicché, per effetto  dei timori che ci sono stati instillati e che, fondati o infondati che siano,  mulinano nella nostra mente come verità scientifiche, (o di vangelo per i pochi, residui credenti)  purtroppo solo nella disperazione si può trovare il coraggio di compiere  un gesto che le più alte autorità  politiche e i guru dell'economia hanno  classificato come il peggiore dei peccati mortali, causa della rovina di chi lo compie e di tutti i fratelli europei.

    Tuttavia, al punto in cui sono arrivati, i greci cos'hanno da perdere? Anche se fossero esatte le profezie più disastrose sulle conseguenze negative  dell'uscita dall'euro, le condizioni della stragrande maggioranza sono già tali che  ben difficilmente  potrebbero peggiorare.

   Del resto in fondo all'animo di ogni greco (ma  anche di ogni italiano, spagnolo, portoghese, irlandese, e magari anche di altri europei, cittadini di paesi in apparenza più forti)  nonostante tutto cova il sospetto che la casta  dei banchieri e degli eurocrati ci tenga tanto a mantenere nella zona euro paesi considerati e definiti un peso,  perché se uno solo abbandonasse di sua volontà l'area euro e, una volta uscito, si trovasse meglio di prima, altri si affretterebbero a seguirlo e l'intero edificio dell'Europa monetaria, già  lesionato e malmesso,   andrebbe a carte quarantotto, seppellendo sotto le  macerie del baraccone i baraccanti.

    Se il sospetto che questo possa essere vero   ha qualche pur modesto  fondamento, è molto probabile che prima che scadano i cinque, lunghissimi, dolorosi anni  previsti dalla cancelliera Merkel per l'inizio  della ripresa   uno di questi popoli (si tratti de greci o di altri) giunga alla determinazione di correre il rischio e aprire la strada. Se fossero i greci e se avessero successo (nessuno  può con certezza escluderlo) salverebbero  per la seconda volta l'Europa, come i loro antenati alle Termopili. Allora dai persiani, oggi dai banchieri.