Il vizio della modernità
di Alessandro Bavelloni - 12/11/2012
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L’ Antimodernità può essere interpretata anche come risposta alle delusioni conseguenti le domande che, almeno in apparenza, presentavano risposte scontate, poi puntualmente smentite dai “falsi miti di progresso” che la scienza e la tecnica ci hanno riservato. In poco più di 50 anni, si è passati dalla carrozza trainata da cavalli alla conquista dello spazio e le automobili, diventate nel frattempo più uno status symbol (ed una cattiva abitudine) che una condizione di impellente necessità, sarebbero state destinate presto (nell’immaginario collettivo, ma anche in alcune azzardate ipotesi scientifiche) dalla strada alla pista di lancio e dalla gomma alle ali. I mezzi a 4 ruote hanno superato i cent’ anni di vita, ma le macchine avveniristiche di Metropolis di Fritz Lang sono ancora lungi dal venire: per contro, siamo sempre alle prese con ruote, volante, cambio, frizione e freni (a pedale e a mano). Il climatizzatore automatico, il navigatore satellitare o l’assistente al parcheggio sono semplici protesi addizionali, anche utili, ma che lasciano inalterata la sostanza del mezzo. Sulle automobili moderne occorre sempre un umano alla guida, in barba al sogno di mezzi auto pilotati. Le automobili corrono sempre e solo su strade, proprio come un secolo fa. Eccola, la Modernità. Gli aeroplani civili sono pressappoco gli stessi di 40 anni fa, con pari di crociera (o giù di lì) ma con l’aggiunta della dotazione elettronica per il volo strumentale: ma ancora, spesso e volentieri, in caso di nebbia, gli aeroporti chiudono. E la qualità del servizio e del comfort a bordo è precipitata, nell’ultimo decennio, di pari passo con il low-costaggio dei voli. Eccola, la Modernità. Il cinematografo del XIX secolo è si è ravvivato di un multicolore 3D, ma le proiezioni sono sempre su di uno schermo bianco, con gli spettatori intenti a mangiare noccioline, come nell’800. Il Re Leone o Alla Ricerca di Nemo, anche in forma tridimensionale, sono sempre quelli degli anni ’90. Gli apparecchi televisivi di 60 anni fa hanno la stessa funzione di quelli attuali: televidei, menu a scorrimento ed immagini HD non bastano a far gridare al miracolo e diventano anzi una forzatura, un’ostentazione modernista che alimenta l’incompletezza dell’invenzione, il “vorrei, ma non posso farvi entrare nel mio schermo”. Eccola, la Modernità. Le lampadine ad incandescenza, della seconda metà dell’800, sono ancora qui tra noi per spiegarci che sono ancora le più economiche (e di molto) il che, in tempi di crisi, fa la sua porca differenza. Specie quando le costosissime sorelle, a risparmio energetico, ci mettono una vita a produrre la luminosità richiesta e quando lo fanno è già tempo di spegnerle nel bagno, nel ripostiglio, nel corridoio, nella mansarda o nel garage: luoghi di breve permanenza per definizione. Eccola, la Modernità. Il telefono, inventato nella seconda metà dell’800, si è evoluto nei moderni cellulari con touchscreen, tastiere virtuali e altre furberie tecnologiche, ma l’ utilizzo di base è sempre quello: trasmettere la voce a distanza. E le videochiamate costano ancora troppo per giustificarne l’ utilità. Eccola, la Modernità. I Compact Disc hanno quasi trent’anni e i DVD quindici, eppure immarcescibili nella loro immutabile essenzialità e, per giunta, senza le auspicate espansioni di memoria. Quei dischi argentati, che a dire dei loro produttori dovevano essere eterni, si graffiano anch’essi e, dopo qualche decennio, tendono a funzionare male; talvolta i dati, la musica e le immagini vanno persi. Magicamente. I vecchi LP, i nastri audio e le videocassette VHS chiedono vendetta, vogliono farsi ancora ascoltare e vedere, seppur gracchianti e traballanti. Eccola, la Modernità. Internet e la posta elettronica si sono diffusi 20 anni fa e funzionano come allora: le connessioni sono certamente più veloci, ma devono fare i conti con il grosso limite costituito dagli obsoleti doppini telefonici, di cui è ricco il Vecchio Continente, con buona pace della modernissima fibra ottica che, prima o poi, si deve ricongiungere a loro: il collo di bottiglia del sistema. Eccola, la Modernità. I sistemi operativi più diffusi al mondo hanno compiuto i 30 anni di vita, con appena qualche finestra colorata in più, mentre i software più utilizzati per l’elaborazione dei testi, la gestione delle basi di dati ed i fogli elettronici, hanno solo aggiornato la loro versione on-line ed effettuata qualche operazione di restyling ma si copia e si incolla, come sempre, proprio come 30 anni fa..Le chiavette wireless continuano ad essere lente e la copertura Wi-FI copre sempre poco, a dispetto del suo ampliamento. Eccola, la Modernità. La medicina progredisce con la ricerca e la sperimentazione, ma si continua a morire di cancro. Nonostante il progresso della scienza. Il virus dell’HIV è stato isolato 30 anni fa, ma ancora non è stato debellato. Nonostante il progresso della scienza. La chirurgia ha perfezionato tecniche già esistenti decenni fa, riducendone l’invasività e migliorando il decorso post-operatorio. Ma la sanità è diventata un costo insostenibile, le operazioni devono essere eseguite in fretta e a poco prezzo e gli errori umani si moltiplicano. Il medico di famiglia, un tempo diagnostico, si è ridotto a mero prescrittore di farmaci ed analisi cliniche con poco tempo e troppi pazienti in lista per avere pazienza con noi pazienti-impazienti ma con immutato diritto di essere ammalati esattamente come quelli di 30 anni prima. In barba all’informatica, alle carte elettroniche ed alle reti accessibili in ogni dove, ci tocca girare sempre con il foglio di carta per mostrare l’esenzione ticket in farmacia. Eccola, la Modernità. La vita dell’uomo occidentale si è mediamente allungata, ma la qualità del tempo a propria disposizione si è ridotta, grottescamente ed impietosamente, di pari passo con l’avanzare della Modernità. Che imponeva grandi sfide, tra cui la ricerca dell’energia infinita quale sinonimo di ricerca della pietra filosofale ancorchè consolatoria dopo il fallimento dei progressi in campo medico. Energia per sempre, a bassissimo costo e ad impatto ambientale nullo:energia dall’Idrogeno. Che è l’elemento più leggero in natura e più abbondante nell’universo conosciuto ma che, sulla Terra, esiste soltanto sotto forma di composti, tra cui l’acqua. E’ stato quindi immediato pensare alla sua produzione attraverso il processo meno impattante: l’ elettrolisi e ad un successivo impiego sia come combustibile per autotrazione che come fonte energetica primaria per la produzione di elettricità attraverso le fuelcells, le celle a combustibile.Se non che l’ elettrolisi, a livello industriale, risulta inaffrontabile perché ha un rendimento negativo (consuma cioè più energia di quanto ne produce) mentre le celle a combustibile sonoancora lungi dall’essere perfezionate e, comunque, costano ancora troppo. Eccola, la Modernità. Alla luce di tutte queste promesse mancate, il progresso (e con esso la Modernità) appare allora come la grande occasione disattesa, come un vizio alla pari dell’alcool o del fumo, come un orpello tecnologico che cancella il passato e la memoria, congelando il presente in un involucro fittizio, nello scorrere del tempo. E che non lascia alcuna tangibile traccia di cambiamento.
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