Berlusconi mi sta simpatico come uno spruzzo di candeggina negli occhi, ma devo ammettere a denti stretti che, nonostante la senescenza, tatticamente è quello che ci sa fare di più. Per tre mesi ha fatto un continuo gioco di affondi e ritirate, “Mi ritiro… ma forse torno,…ma non subito….. Cioè torno… Cioè no… oppure si..”; ha aspettato le primarie del Pd per assicurarsi che l’avversario sarebbe stato il vecchio rassicurante Bersani. Poi ha aspettato che scadessero i tempi per la riforma del sistema elettorale (che evidentemente non voleva) giovandosi dell’involontario assist del Pd. Ora spiazza tutti, provocando la crisi e costringendo gli altri a chiedere elezioni a febbraio. Morale: si voterà a febbraio, come voleva lui, che adesso fa finta di concedere che si potrebbe votare il 10 marzo, ma lasciando agli altri il compito di dire “febbraio” per evitare un “Vietnam parlamentare” per i prossimi tre mesi. Chapeau! Ed allora che si fa? Ma, soprattutto, che cosa vuole fare il Cavaliere che, a rigor di logica, dovrebbe essere spacciato in partenza?
Partiamo da questa premessa: nei mesi scorsi la sinistra è stata percorsa da una prematura euforia, sentendosi la vittoria in tasca, perché l’avversario stava pietosamente franando, senza che il centro ne raccogliesse l’eredità. La realtà era molto meno rosea: nel 2008 i partiti maggiori (Pdl, Lega, Pd e Udc) avevano ottenuto 31 milioni di voti, pari all’84% circa dei voti validi espressi ed al 66% circa sull’elettorato totale. Stando ai risultati delle amministrative più recenti, si ricava una tendenza per cui, oggi quegli stessi partiti raccoglierebbero, grosso modo, il 60% dei voti espressi, ma su una base totale più bassa di 9 milioni di voti, per cui il totale sarebbe di circa 20 milioni di voti: una perdita secca di circa 11 milioni, in gran parte andati all’astensione ed in misura ridotta ma significativa al M5s.
Dunque, non è tanto il Pd o il centro sinistra ad aver vinto, quanto la destra ad aver perso. Ma i suoi voti non sono andati né verso il centro né verso la sinistra (se non in misura assai contenuta), il grosso dei voti di destra sono nella bolla dell’astensione. L’esperienza insegna che alle amministrative la tendenza all’astensionismo è sempre più pronunciata, ma poi, alle politiche molti tornano all’ovile di partenza. Dunque, mai come questa volta, sarà decisivo il flusso di ritorno dei voti dall’astensione ed è lì che si farà la battaglia.
Il Cavaliere parte certamente svantaggiato: ha un partito distrutto, ormai decisamente sotto il 20%, i mercati finanziari gli faranno costantemente la guerra, sottolineando con un tonfo in borsa ogni sua uscita, avrà contro quasi tutti i quotidiani ed una parte delle Tv. Soprattutto, la sua immagine è logorata dal ricordo degli anni passati e del suo ultimo terribile governo. E poi: passi per i sospetti di Mafia, ma l’immagine dell’arzillo vecchietto, che corre ancora dietro alle ragazze, anche se non si ricorda più per cosa, abbatterebbe un elefante.
Dunque, sulla carta, le possibilità di successo dovrebbero essere ridotte al lumicino, per non dire inesistenti; eppure la sorpresa può esserci. Partiamo da una cosa: Berlusconi sicuramente amerebbe vincere, ma a questo giro potrebbe bastargli un pareggio che, nello specifico, potrebbe essere dato da una situazione di ingovernabilità al Senato. Ad esempio, un risultato del tipo:
Pdl-Lega: 109
Udc: 30
Centro sinistra: 141
M5s: 32
Altri (Svp, Uve cc.): 3
Per cui nessuno ha la maggioranza e i giochi si riaprono, magari per un nuovo governo di unità nazionale o simili. Bisogna tener presente che al Senato il premio di maggioranza non è nazionale, ma dato regione per regione. Questo significa che la campagna del Cavaliere deve concentrarsi per vincere in alcune regioni chiave (segnatamente, Lombardia, Calabria e Sicilia, mentre il Veneto sarebbe affidato alla Lega). Non ci vuole molto a prevedere alcune possibili mosse:
a- maxi- stanziamento per una campagna elettorale ultra milionaria (già nel 2008 spese circa 40 milioni di Euro, questa volta ci metterà tranquillamente il doppio)
b- formazione di una sorta di “lista civica” di trenta-quarantenni, senza precedenti politici, con fedina penale immacolata
c- offensiva web con una campagna elettorale all’”americana” (non è detto che gli riesca perché lui è uomo di televisione e non di web, ma può permettersi di pagare il meglio specialista in materia, per cui vediamo che succede)
d- recupero del voto di scambio mobilitando di nuovo la solita rete di portatori di voti che erano rimasti alla finestra nelle amministrative. Ed in particolare in Sicilia i risultati potrebbero essere molto diversi da quelli delle regionali…
e- recuperare l’alleanza con la Lega
f- guerra dei sondaggi (e non è detto che essa sia sempre scoperta)
Soprattutto è chiaro che la campagna elettorale sarà giocata su un tasto: “il governo Monti è stato un governo voluto dalla sinistra che, come al solito, è il partito delle tasse, io garantisco il calo della pressione fiscale”. Così da scaricare sulla sinistra l’impopolarità del governo Monti presso i lavoratori autonomi. E questo potrebbe essere un grande richiamo su quelli di essi che hanno infittito le schiere astensioniste (anche perché Bersani si sdraierebbe sulla linea dell’”agenda Monti” nell’illusione che questo gli renda voti di centro). Per il resto, Berlusconi presenterebbe la caduta del Pdl come il risultato dell’azione eversiva della magistratura, della scorrettezza di Napolitano, della pressione dei poteri forti e sul fatto che Alfano è un povero scemo. E almeno sull’ultimo punto…
Ovviamente non è detto che la ciambella riesca con il buco, perché l’uomo è logorato e perché gli avversari non sono solo quelli del Pd ma anche gente danarosa quanto lui. Però qualcosa otterrà e vedrete che già dai prossimi sondaggi il Pdl inizierà a recuperare. Si tratta di vedere se quel qualcosa sarà sufficiente a raggiungere almeno il risultato dello stallo al Senato.
Ora analiziamo due possibili scenari valutando due ipotesi: che la coalizione di centro presenti come suo candidato Monti (e meglio ancora Draghi, se ci stesse) o che Monti non si candidi.
Prima ipotesi: il centro presenterebbe una candidatura forte (per quanto Monti sia impopolare presso una larga fetta dell’elettorato, miete, tuttavia, consensi in altri settori), per cui potrebbe recuperare una quota importante di voti, ma a chi li prenderebbe? Non è affatto detto che li mieta a destra, c’è la consistente possibilità che vada a succhiarli nell’area moderata del Pd. Potrebbe determinarsi una competizione a tre (con Grillo come quarto incomodo) decisa dall’argomento del “voto utile” e decisivi sarebbero, per questo, i sondaggi: se essi segnalassero una gara fra destra e sinistra, gli elettori di centro si dividerebbero, per puntare su quello che ha maggiori possibilità di vittoria sul competitore più sgradito (e, in questo senso, sembra più facile che sia la destra a raccogliere consensi in quell’area più sensibile al riflesso condizionato dell’anticomunismo);
se invece essi segnalassero che la competizione è fra sinistra e centro, sarebbe Berlusconi ad essere massacrato dal “voto utile”, per cui gli elettori della destra si sposterebbero sul centro per sbarrare la strada alla sinistra; se, infine, la competizione fosse fra centro e destra, questo potrebbe risucchiare voti di sinistra verso il centro.
In ogni caso, Berlusconi può giocare sul fatto che le forze dei suoi avversari si dividerebbero: non dovrebbe raggiungere il 40-45% per vincere, ma gli basterebbe un 30-33% (e forse meno) anche per effetto della presenza di Grillo e dei suoi. E questo sarebbe ancora più semplice nelle regioni decisive al Senato per il “pareggio”. Dunque, in questo schema c’è una vittima predestinata: il terzo polo (inteso come il polo che si collocasse al terzo posto). Ma probabilmente anche il M5s che si vedrebbe frenato nella sua corsa dal discorso del “voto utile”, soprattutto se diventasse concreta la minaccia di una vittoria di Berlusconi.
Secondo scenario: il centro presenta un signor Nessuno come Presidente del Consiglio (un Passera o un Cordero di Montezemolo qualsiasi o addirittura Casini). In questo caso la ripresa della destra sarebbe fisiologica, perché il centro sarebbe spacciato dal primo momento, la competizione sarebbe a due e (a meno di sondaggi che segnino uno stacco oltre gli otto punti fra Pd e destra), questo segnerebbe anche la massima compressione del M5s per via del “voto utile”.
In tutti i casi il Cavaliere non è ancora spacciato come credevamo.