Cosa c’è dietro a Grillo
di Marcello Foa - 26/02/2013
E ora? I risultati richiedono pochi commenti, sono chiarissimi: Bersani un disastro, Monti polverizzato e ininfluente, Berlusconi straordinario se si pensa da dove partiva nei sondaggi, Grillo vero vincitore delle elezioni con un risultato oltre ogni aspettativa.
Attenzione, però: Grillo, come ho già ho avuto modo di sottolineare, è stato oltre che bravo, fortunato: se non ci fossero stati gli scandali MpS, Finmeccanica, Formigoni, rimborsi spese, eccetera che hanno provocato un’ondata di disgusto per la politica, non sarebbe mai riuscito a raggiungere il 25%. Il Paese ha premiato l’unico leader che non si è mai compromesso con la partitocrazia e che nessuno può accusare di aver maneggiato fondi pubblici. Bravo, bravissimo.
Ma adesso viene il difficile, per tutti. Grillo non può più essere solo il leader di un movimento di protesta, ma deve diventare il leader di un movimento che, legittimamente, può pretendere di governare. Il che significa strutturarsi, scegliere una possibile squadra di governo, i capigruppo in Parlamento, gestire decine di parlamentari, evitare che Roma e il Palazzo non seducano e inghiottiscano i suoi pur volenterosi simpatizzanti, come già è avvenuto con la Lega e in parte persino con Monti. Ne sarà capace? E cosa farà? Rimarrà all’opposizione?
Di certo Beppe Grillo è destinato a diventare il nuovo Belzebù della politica italiana, scalzando per la prima volta in 20 anni Berlusconi. Questa è la grande novità. A far paura – o a suscitare ammirazione – non è più Silvio Berlusconi ma Beppe Grillo, che inquieta sia la destra che la sinistra.
Quanta paura hanno Pd e Pdl di Beppe Grillo? Secondo me tantissima e questo influenzerà la nuova legislatura. Se i due partitoni fossero sicuri delle loro chances di successo, la soluzione più logica sarebbe quella di sciogliere le Camere e andare a rivotare.
Ma il Partito democratico è in preda a una profonda crisi esistenziale e sa che se si tornasse alle urne in questo clima il 29-30% si dimezzerebbe.
Il Pdl è sempre più Berlusconi-dipendente, il che gli permette di rimanere a galla, ma senza alcuna garanzia per il futuro; anzi, sebbene straordinario, il successo del Cav in termini assoluti non è riassicurante: 5 anni fa il centrodestra aveva il 48% ora il 28%. Questo significa che Berlusconi riesce ancora a mobilitare lo zoccolo duro degli elettori di centrodestra, ma ha perso il contatto con l’elettorato di opinione moderato, che in parte è andato a Monti, in parte ha scelto Grillo.
Sia Berlusconi che Bersani sanno che se si andasse a votare entro i prossimi 6 mesi, a ottenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato non sarebbe nessuno di loro, bensì Beppe Grillo.
Ecco perché l’ipotesi più probabile è quella di un governassimo Pd-Pdl , magari guidato da una personalità superparte, a termine per cambiare la Costituzione, per rifare la legge elettorale. E, naturalmente, per tentare di sgonfiare Beppe Grillo con attacchi concentrici e delegittimanti, che peraltro sono già iniziati nell’ultima fase della campagna.
Che ci riescano è tutto da vedere: Beppe Grillo è l’interprete di un’Italia che non si può liquidare come di estrema sinistra o di estrema destra, ma è un’Italia trasversale, arrabbiata, composta sì da giovani sconcertati e senza futuro, ma anche da molti operai, libero professionisti, piccolo imprenditori che stanno perdendo il proprio status, il proprio benessere, la propria libertà.
Il successo di Grillo è il sintomo di un fenomeno sociale molto profondo, apolitico, che supera le distinzioni sociale e che richiede risposte nuove, diverse, coraggiose.
Saper interpretare questa Italia è l’esigenza primaria, che sfugge ai partiti (e, ahimé ai giornalisti). E finché Pd e Pdl rimarranno ancorati ai vecchi schemi, Grillo avrà lunga vita.