Su di lui si è detto di tutto, più male che bene, ma noi non dobbiamo certo compensare, quanto piuttosto abbiamo bisogno di capire. Perché Chavez e la sua politica sono oggetto di quotidiane calunnie? Cosa rappresenta il Presidente venezuelano per il suo popolo, per il suo continente e per noi cittadini d’oltreoceano che da così lontano – e spesso in modo distorto – guardiamo a quel mondo?
Qualche mito da sfatare:
#1 Chavez il “Caudillo”
Chavez innanzitutto fu un militare, ed è da qui che proviene il soprannome di “caudillo” ovvero, dallo spagnolo, leader politico-militare a capo di un regime autoritario. Ecco che in questo appellativo fuorviante si crea la figura del Chavez che viene mostrata all’Occidente. Per di più, accostato a questi termini già pericolosi, si parla anche di Chavez socialista. Lo slogan chavista è infatti “Patria, Socialismo, o muerte”. Purtroppo, invece di parlare realmente del “socialismo del XXI secolo” come lui lo definisce, ci si ferma a questi tre luoghi comuni – militare, autoritario/dittatore, socialista – che altro non fanno che rimandare a Mussolini, al Fascismo o al NSDAP – il nazional socialismo – hitleriano.
Ciononostante, per contesto, sia storico che sociale, anche il mito del Chavez “caudillo” è da abbattere. Per quanto la carriera militare possa aver influenzato la sua vita, il presidente del Venezuela, proprio nell’ottobre 2012 eletto per la quarta volta, Chavez si riritrò dalle forze armate nel 1994 e vinse democraticamente – termine che a noi piace tanto, e tanto ci conforta – le elezioni del 1998 con il 56,2% dei voti. Per altro il suo governo, oggi, che viene spesso chiamato regime – come è appunto insito nella parola “caudillo” – non è un governo militare, non è un totalitarismo dove le forze armate reprimono le libertà primarie e, soprattutto, Chavez non è un sanguinario come a volte viene dipinto. Perché, altrimenti, da più di un quindicennio il popolo venezuelano continuerebbe a votarlo?
#2 Chavez il dittatore
Un altro mito da sfatare, oltre a quello del Caudillo, è quello del Chavez dittatore. In Venezuela infatti, negli ultimi 13 anni sono state organizzate 14 elezioni riconosciute secondo gli standard dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea, e nel 2007 quando venne bocciata al referendum la sua proposta di riforma costituzionale, come è giusto, rispettò il verdetto del popolo. Secondo uno studio pubblicato nel 2011 dalla Foundation for Democratic Advancement (Fda), organizzazione canadese, il Venezuela (con 85 punti), ancora prima degli Stati Uniti (30 punti) è il primo paese a rispettare la giustizia elettorale.
#3 Chavez il censore
Ovviamente, accanto a dittatore non può non apparire anche l’etichetta di censore. Quello che sentiamo dire quotidianamente è l’assenza di libertà di espressione, dove gli enti privati, giornali e televisioni, devono fare lo slalom tra leggi bavaglio e rischio di censura. Ma a dire il vero è proprio il settore privato che controlla la maggior parte dei mezzi di comunicazione venezuelani. Su 111 canali, 13 sono pubblici, e oltre l’80% della stampa è in mano a privati, per di più dell’opposizione, “El Universal” e “El Nacional” le testate principali. La disinformazione, dunque, non la vivono tanto i venezuelani quanto piuttosto noialtri, ai quali appunto viene detto, per esempio, che Chavez ha chiuso la più grande antenna televisiva privata, la Rctv. Ma, più semplicemente, alla televisione non è stata rinnovata la concessione per il mancato pagamento delle tasse. Altro esempio, tragicomico, fu quando Chavez dichiarò di “masticare coca”, ovvero foglie della pianta di coca, ogni mattina. I media, soprattutto quelli americani, gli diedero erroneamente del drogato.
Chavez – oltre tutte queste leggende che in Occidente vengono prese per vere – non è certo un santo o un profeta, non ha, ovviamente, come tutti i governi del mondo, risolto definitivamente i problemi del suo Paese – tra i più importanti la criminalità – ma per il suo popolo rappresenta un simbolo importante, un simbolo di lotta e di resistenza, un popolo di cui il 70% dei cittadini, fino al 1996 viveva sotto la soglia di povertà, e ora ne ha il tasso di riduzione più elevato del Sudamerica, insieme al coefficiente di Gini (che misura le disuguaglianze tra ricchi e poveri). Le politiche sociali di nazionalizzazione delle imprese hanno fatto si che il Venezuela, per anni privo delle sue risorse energetiche – petrolio e idrocarburi – in mano alle multinazionali straniere, alle quali erano state (s)vendute da governi-fantocci sottomessi ai mercati – un po’ come era avvenuto nell’Argentina di Menem – sia tornato padrone del suo mercato.
Chavez per il Venzuela e il Sudamerica è un simbolo, per noi un’alternativa (?), per l’Occidente sembra essere, invece, una scomoda minaccia, sia economica che ideologica.