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La Realpolitik Ue? L’usura

di Lorenzo Moore - 20/03/2013

 

Varie spade di Damocle restano pendenti su Cipro.
Abbiamo visto il sistema bancario cipriota mettersi subito in serrata per spronare i parlamentari ad accettare il piano-salasso con vittime designate i cittadini.
Con il terzo voto negativo, ieri, del parlamento, il collasso è immediato (e le cornacchie di Bruxelles già hanno urlato il possibile “fallimento dello Stato” cipriota. Come se una nazione potesse “fallire”...)
Ma anche se il parlamento avesso votato “sì”, il collasso bancario sarebbe stato soltanto rimandato.
Il debito pubblico, in ambo i casi, si aggraverà, con ulteriori interessi usurai da devolvere ai mecenati della grande finanza. Che si sono già premuniti al riguardo: gli euro-banksters non hanno concesso i 17,5 miliardi richiesti da Nicosia, allentando così - ma non rimuovendo, da bravi strozzini... - il cappio.
L’attrazione di Cipro - del popolo cipriota - verso un’uscita immediata dall’area euro diventerà in ogni caso fatale.
Non soltanto per Nicosia. Ma per Atene, Madrid, Lisbona, Roma e, perché no, Parigi. E proprio grazie alla “ricetta” del prelievo forzoso sui conti correnti privati, che giustamente impressiona (dopo il precedente assoluto del governo Amato in Italia...) ogni cittadino europeo.
Peraltro questo taglione - alla Amato o alla cipriota - farà riflettere, la speranza è ultima a morire, anche i gioiosi elettori italiani (di una parte) delle forze di regime (Monti, Bersani) che dichiarano nei loro programmi “necessario” ridurre al minimo l’uso dei contanti in Italia. (La scusa è quella dell’antiricilaggio... ma anche i nostri bebè sanno che i nostri capitalisti, quelli veri, hanno già provveduto a trasferire altrove, nelle isole dorate, i loro tesori liquidi. Magari in Svizzera, come ha insegnato l’eredità di Gianni Agnelli).
Vediamo le cronache di queste ore.
Dall’inizio della crisi a Nicosia, sono state tre le sedute parlamentari, dedicate all’approvazione delle misure di salvataggio del sistema bancario cipriota, andate a vuoto.
Il presidente Nicos Anastasiades, presentatore del “piano” ordinato dalla troika affama-Stati (Fmi, Bce, Ue), non è riuscito né il 17 e né il 18 ad aggregare i (2) numeri in grado di evitare quello che viene dichiarato “il collasso bancario” dell’Isola-Stato europea nell’oriente del Mediterraneo.
Poi un conclave presidenziale inatteso ha rinviato alla notte le votazioni di ieri, del 19.
In precedenza con l’annuncio della nefasta applicazione di un prelievo forzoso su tutti i depositi dei cittadini residenti e non (6,75 e 9,9% rispettivamente sui risparmi fino od oltre i 100 mila euro, due erano stati i ricatti verso i ciprioti.
L’uno, quello di Bruxelles, che ha praticamente dichiarato: “trovate voi il metodo, ma dovete pagare i 5,8 miliardi di euro di prestiti ad usura scaduti; noi possiamo concederVi un’altro prestito ad usura per 10 miliardi”.
L’altro, quello del “fallimento”. Con il feudatario locale dell’eurocrazia, il neopresidente cipriota, subito piegato, il 16, al vergognoso piano di prelievo forzoso urbi et orbi, alleviato da una posteriore proposta di “dispensa” per i percettori di redditi minimi.
Lezioni cipriote da assorbire bene. Nel Bel Paese.