Cipro: un test per far pagare ai risparmiatori i debiti delle banche in default
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi - 24/03/2013
La vicenda di Cipro è la prova provata dell’incompetenza di Bruxelles e della Troika (Fmi, Commissione europea e Bce) a trattare le crisi finanziarie e bancarie in Europa. Gli euroburocrati hanno potuto mostrare la loro arroganza sostenuti da quei “duri” europei che vogliono il rigore soltanto per poter salvare le banche in default.
Il sistema bancario di Cipro, a metà strada tra il legale e l’offshore, è pieno di soldi. Spesso di provenienza non limpida.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale avrebbe attività per 152 miliardi di euro pari a circa 8 volte il Pil del Paese. I depositi bancari, favoriti da tasse basse e da ancor più bassi controlli, ammonterebbero a 68 miliardi, dei quali il 40% sarebbe in mani russe.
La Cyprus Bank e la Cyprus Popular Bank, le due maggiori banche cipriote, sono in gravi difficoltà per le perdite in miliardi di euro subite sui bond greci. Ovviamente si può anche ipotizzare che il rischio di insolvenza sia dovuto all’accumulo di debiti causati da speculazioni andate male.
Il governo cipriota deve far fronte alla crisi di bilancio come tutti i Paesi europei dell’area mediterranea. Servirebbero circa 17 miliardi di euro. Chi paga? Il Meccanismo di Stabilità Europea, cioè il fondo di salvataggio creato ad hoc per simili situazioni? Oppure il governo cipriota che non ha soldi e che non può chiedere prestiti in quanto violerebbero il patto da stabilità europeo?
L’alternativa sarebbe l’insolvenza delle banche. Ma l’Europa non vuole. Si metterebbe in evidenza la “spazzatura” esistente nell’interno dell’intero sistema bancario che, come noto, è strettamente interconnesso. Nemmeno Cipro la vuole in quanto l’isola perderebbe la sua funzione di sistema “quasi off shore” che attrae capitali in cerca di “paradisi fiscali sottocasa”.
La proposta di tassare i detentori dei conti correnti però ci sembra la più provocatoria e la meno efficace. Provocatoria verso i capitali russi. Infatti segnerebbe negativamente i rapporti tra Europa e Russia proprio nel momento in cui, invece, è più urgente avere una proficua collaborazione nel campo infrastrutturale, industriale e commerciale.
Inefficace ed ingiusta nei confronti dei risparmiatori ciprioti che dovrebbero pagare il bail out delle banche che sono in crisi per comportamenti speculativi mai sanzionati dalle competenti autorità nazionali ed europee.
Le banche in crisi non sono delle “scatole chiuse” da salvare così come sono.
E’ dal fallimento della Lehman Brothers che, per simili situazioni, alcuni, e noi tra questi, sostengono che serve un “curatore fallimentare” che sappia distinguere nelle banche in default le parti sane da salvare da quelle marce da mettere fuori gioco. Un simile approccio di conseguenza impone la separazione delle banche commerciali da quelle di investimento per far sì che i risparmi dei cittadini e delle famiglie non siano usati per giochi speculativi ma soltanto per investimenti oculati.
Il caso di Cipro quindi può essere l’opportunità per definire nuove regole. La politica del ricatto dei “rigoristi” da una parte e delle banche che si sentono tutte “too big too fail” dall’altra non può che portare al caos economico e sociale.
Non vorremmo che l’approccio di Bruxelles nei confronti di Cipro diventi un test per l’intera Europa. Nel qual caso i cittadini e i risparmiatori verrebbero considerati “garanti di ultima istanza” e chiamati perciò a pagare i debiti fatti dalle banche!
E’ sintomatico il comportamento della Commerzbank, la seconda banca tedesca per importanza. Come è noto, ha avanzato la proposta di tassare il patrimonio finanziario degli italiani del 15% in modo da far rientrare il debito pubblico del nostro Paese subito sotto il 100% del Pil.
E’ la stessa banca che nel 2008 fu salvata con i soldi pubblici tanto da diventare quasi una banca statale. Infatti il governo di Berlino detiene il 25% delle sue azioni.
E’ quella stessa banca che, al momento dell’esplosione della crisi dei debiti pubblici, possedeva una grossa fetta dei 541 miliardi di euro in bond dell’Irlanda, del Portogallo, della Grecia e della Spagna in pancia al sistema bancario tedesco. Si comincia a mettere i piedi nel piatto degli altri quando probabilmente non si vogliono trovare soluzioni unitarie e si vuole perciò distogliere l’attenzione dai propri guai.
E’ davvero impossibile avere regole comuni per il sistema bancario e finanziario globale? Si cominci dall’Europa per poi coinvolgere gli altri attori internazionali. L’accumulo di comportamenti sconclusionati e di casi singoli non può che determinare crisi sempre più gravi.