Tra matematica e metafisica
di Elemire Zolla - 24/03/2013
Negli anni ’60 avevo appena letto Guénon e la sua idea d’una riforma radicale del pensare mi aveva inebriato. Comportava un atto preliminare audacissimo, sgombrare tutta la rivolta contro la metafisica di cui è pervaso il nostro mondo. Mettere fra parentesi l’intera filosofia successiva a Leibniz, tornare a utilizzare i concetti tradizionali, che rivoluzione entusiasmante! Altro che le ebbrezze misere misere degli appassionati di critica illuminista o peggio, posteriore.
Capitò alla fine del decennio che venissi a conoscere Federico Codignola: m’invitò a redigere una rivista, La nuova Italia. Ecco che mi si offriva l’occasione di spartire con qualcuno il proposito utopistico che mi si era acceso: riunire i pochi conoscitori delle singole materie, disposti ad applicare i consigli sconvolgenti di Guénon. Nel corso della rivista, vidi arrivarmi accanto alcuni ragazzi in quelle condizioni. Fra altri il matematico Paolo Zellini. Aderì con entusiasmo e cominciò a fornirmi i suoi saggi. In seguito, ebbe una cattedra e la casa editrice Adelphi prese a stamparne le opere, sicché ormai ha delineato un sistema piano e persuasivo della matematica.
Esce adesso presso Adelphi un suo trattato esemplare, Gnomon. Una indagine sul numero (pp. 480, L. 60.000). È singolare perché riporta tutto l’inizio della matematica allo gnomone, basandosi su un frammento di Filolao: il numero, mettendo tutte le cose in relazione alla sensazione, dà corpo e distingue i rapporti delle cose, sia nell’infinito che nel finito. Vale a dire, il numero, confrontato con la sensazione e con l’anima, è il punto d’abbraccio e di fusione tra conoscente e conosciuto e anche il mezzo per rendere conoscibili le cose e avvicinarle, stabilendo fra esse amicizia e accordo. Distingue e definisce i rapporti purché “si pensi secondo la natura dello gnomone”. Questo all’origine fu uno stilo fissato nella terra, la cui ombra serviva ai Babilonesi a determinare l’altezza del Sole o della Luna. Ma formava anche una figura a squadra e si venne a denominare gnomone tutto ciò che, aggiunto a una figura, la rende tuttavia pur sempre simile alla figura originaria.
Schopenhauer notava che l’intelletto produce simultaneità tra tempo e spazio correlandoli nella durata, unità di tempo e spazio, di mutamento e invarianza. Mercé lo gnomone la matematica afferma e ribadisce l’armonia corrispettiva all’anima, evita di cadere nell’Altro, riconduce al Medesimo, scarta il disordine. Proclo rammentava che i numeri svelavano gli dèi e i pitagorici presentavano il calcolo come iniziazione alla teologia. Plutarco illustra la concordanza delle teorie numeriche con la mitologia di Apollo e Dioniso, di Iside. Nel Timeo Platone parla del Medesimo o dell’Altro, l’uno essendo l’unità, la singolarità, la forma o idea, l’altro il disordine, il crescere o siminuire che getta nell’errore. Mercé lo gnomone la matematica salva dall’altro, conferma nell’unità che è soggetta sì a crescita o diminuzione, ma mantenendo intatta la sua forma. È alla teoria dello gnomone che ci si riferisce comunque nella teoria del numero sviluppata nell’algebra araba, di Cardano e Bombelli, nell’analisi di Viète, nella computazione algebrica di Newton, Raphson, Lagrange e Fourier, anche se tutti costoro dovettero rinunciare a menzionare le affermazioni di Filolao “per necessità di autoaffermazione”. Queste ritegnose parole racchiudono in breve tutto il sarcasmo che si può immaginare in Zellini.
Egli non si limita a esplorare i testi greci ma indaga a fondo la matematica indù, i Sulvasutra o trattati del cordino, risalenti al periodo fra il VII e il II secolo a.C. Essi forniscono i metodi per calcolare la costruzione degli altari del fuoco (Agni) a forma di falco, perché come falchi si desidera volare nei cieli mercé il sacrificio al fuoco. Già nei Veda, d’altra parte, si parla di chi “prende le misure del sedile di Agni”. Questo ci sposta al periodo fra il 2000 e il 1500 a.C. I mattoni si disponevano come nello spazio i punti nella geometria greca a foggiare le sette parole fondamentali: quadrati, triangoli, rettangoli, cerchi, gnomoni, parallelogrammi, trapezi. L’ordine coerente fra le sette parole era il logos che si opponeva all’altro. Ma è la matematica babilonese che precede, giustifica la pitagorica. Essa sviluppò con cura straordinaria la moltiplicazione secondo lo gnomone. Furono primi i Babilonesi a computare i tempi del Sole e della Luna, le congiunzioni e opposizioni fra gli astri, il loro sorgere e tramontare. Ma col Bruno lo gnomone servirà anche a definire le regole della magia, la matematica della metafisica in senso stretto.