Martedì 12 Marzo, il Parlamento si è espresso (per alzata di mano), su una soluzione «non vincolante», cioè una presa di posizione politica che quindi non avrebbe avuto vincolo legislativo, chiamata “Mozione per eliminare gli stereotipi di genere in Ue”, e che chiedeva agli Stati membri di fare ogni sforzo per eliminare la discriminazione delle donne dalla pubblicità e chiedeva il bando di ogni forma di pornografia dai media. La risoluzione recitava pressappoco così: “Si propone un divieto alla pornografia su tutti i media. Internet inclusa”. È bastato che, giorni prima della votazione, circolasse la voce che il Parlamento europeo avrebbe votato su questa risoluzione, perché si scatenasse una rivolta sul web; centinaia di migliaia di cittadini hanno scritto altrettante mail di protesta ai parlamentari: oltre 600 mila in soli tre giorni, un vero e proprio “attacco”. Subito l’Europa, ha replicato dicendo che la proposta era stata “comunicata male”, in quanto non s’intendeva proibire per legge la pornografia da tutti i media, ma solo dalla pubblicità. Fatto sta, che al momento della votazione la mozione è stata respinta. Qui c’è qualcosa di poco chiaro, poiché che la pubblicità abbia contenuti sessuali (anche subliminali) è risaputo e riprovevole, ma il termine “pornografia” mi sembra fuori luogo, e, a parte il web, non mi risulta che sugli altri media ci sia la pornografia, a parte le TV decodificate, naturalmente. Anche se la proposta è stata respinta, ritengo che sia stato grave anche solo “proporla”, né avrebbe dovuto tranquillizzare il fatto che la soluzione fosse ”non vincolante”, poiché oramai sappiamo che tutto ciò che oggi non è vincolante, lo può diventare domani. L’Italia ha compiuto sforzi enormi per uscire dal condizionamento della Chiesa e approdare a un’indipendenza laica, e adesso sembrerebbe che quel moralismo che è uscito dalla porta rischi di rientrare dalla finestra ma sottoforma di moralismo laicista. L’idea di proibire la pornografia dai media, non è, infatti, frutto di una morale cattolica né del condizionamento della Chiesa, quanto di un nuovo moralismo di derivazione “post-sessantottina”, che si fonda sui cosiddetti “diritti civili” che conducano direttamente a una “disciplina sessualmente corretta” di modernistica concezione. È incredibile la contraddizione nella quale si viene a trovare la società attuale, che più insiste a ribadire ed esaltare le presunte virtù liberaldemocratiche, tanto più si chiude in un carcere a cielo aperto. Certo è triste costatare che di tutto il marcio che viene dall’Europa, dalla catena dell’euro alle politiche di austerità che stanno mandando gli stati nazionali in bancarotta, dalla disoccupazione alla perdita di sovranità degli stati, di tutte queste cose, l’unica che riesca a smuovere i popoli e spingerli alla protesta e alla disobbedienza, sia il pericolo di perdere la pornografia. Né possiamo negare che da anni, l’eccesso di corpi nudi, d’immagini stereotipate delle donne, la trasformazione del sesso in consumismo dei corpi, sia stata talmente nauseante, da poter sostenere con assoluta certezza di trovarci oramai da tempo prigionieri di una “pornocrazia”. La pubblicità e la moda, poi, sono sempre più di cattivo gusto, soprattutto se si tiene conto non solo del fatto che è completamente ingannevole, ma che usa il sesso e i corpi per lucrare e aumentare i consumi. Inoltre, è giusto tutelare il più possibile i minori, non solo da abusi, ma anche dall’accesso a materiali pornografici. Tuttavia, occorre valutare bene di che cosa stiamo discutendo; se si fosse trattato di promuovere delle politiche finalizzate a ridurre o anche eliminare dalle televisioni l’indecente spettacolo del velinismo, e disciplinare il mondo della pubblicità e della moda, la proposta non solo sarebbe stata ragionevole, ma addirittura benvenuta. Un’altra necessità, sarebbe stata quella di impedire che i bambini possano entrare in siti internet che hanno contenuti pornografici o comunque inadeguati per dei minori. Ma se l’intenzione fosse stata quella di proibire ogni contenuto pornografico dai media, compreso il web, e questa proibizione fosse stata valida anche per gli adulti, allora si sarebbe scivolati nel moralismo e nel puritanesimo, perché ogni individuo adulto è libero di fare qualsiasi cosa che non rechi danno altrui. È sicuramente riprovevole una società pornocratica, dove il sesso e il vizio non siano l’eccezione ma la regola, e in cui ogni forma di perversione sia trasformata dalla propaganda dei media in “valore”, tale che occupi completamente ogni spazio privato e pubblico della società e ogni istante della vita della gente; ma stiamo comunque discutendo di questioni “morali”, e ciò che è immorale – o peccaminoso da un punto di vista religioso – non può essere tramutato in reato, in qualcosa di proibito o punito dalla legge. Inoltre, l’auspicabile superamento di una società volgare e materialistica, che si consumi esclusivamente in piaceri e in vizi sfrenati, è da correggere con strumenti educativi e con promozioni culturali, e non con proibizioni legislative, o metodi polizieschi. Il problema è politico, l’assenza cioè di un “senso dello Stato”, che incoraggi un “senso civico”. Ma l’aspetto più grave, sono le motivazioni che accompagnavano la proposta di Mozione, in quanto avrebbe dovuto promuovere “la parità di genere superando stereotipi sessisti soprattutto nei confronti delle donne”. Qui si ricadeva nella solita retorica “tardo femminista”; a prescindere dal fatto che nei materiali pornografici, l’uomo è stereotipato quanto la donna, ad ogni modo nessuno obbliga le pornoattrici – né i porno attori – a svolgere quel mestiere, che tra l’altro, in genere, gli fa pure guadagnare delle considerevoli somme di denaro. Né chi guarda il materiale pornografico, è costretto a farlo, e sappiamo che sempre più donne guardano materiale pornografico, e generalmente non si lamentano del contenuto. La pornografia è “un break”, un momento in cui “si stacca la spina” dalla realtà, e ci si allontana dalla ragione, così come dalle regole, dalla morale, dalle condotte e persino dalla dignità personale. Nella pornografia, così come nell’atto sessuale, noi ci concediamo un “ritorno allo stato animale”, all’istintività, e poiché è l’unico momento in cui possiamo sostanzialmente farci “i porci comodi”, è gravissimo che adesso lorsignori vogliono toglierci anche quello. Nella camera da letto, non dovrebbe essere concesso a nessuno di ficcare naso; ognuno fa quello che gli pare, fermo restando, naturalmente, il consenso del partner. Non vogliamo “galatei”, su com’è giusto farlo, per rispettare gli standard del “sessualmente corretto” di derivazione “liberal”. Se una donna vuole fare la pornostar ed esplicarsi in indecenti atti che sono “degradanti”, sono affari suoi, e se una donna con il proprio compagno, durante l’amplesso, vuole “degradarsi”, non deve interessare minimamente i potentati europei o mondiali. Anche perché dovrebbero spiegarci cosa significa “degradante”, e con quale insolenza loro si ergono a sommi giudici di cosa è di buon gusto e cosa non lo è. Ciò che per una persona è degradante, può non esserlo per l’altra; non esiste un “gusto unico”, men che mai “un pensiero unico”. È anche tutt’altro che improbabile che il desiderio di abolire la pornografia dai media e da internet, non sia che il primo passo per giungere a una totale abolizione futura della pornografia, oppure all’accettazione della pornografia, a patto che rispetti gli standard del “sessualmente corretto”. Appare evidente che la loro contrarietà alla pornografia, è dettata dal fatto che a loro giudizio tale materiale diseducherebbe le persone e quindi il fine ultimo è, appunto, quello di educare le persone a fare sesso in modo “corretto”, pretendendo così di condizionare le condotte sessuali private. Ciò è tanto più grave se si tiene conto che a livello pubblico invece, le oligarchie politiche ed economiche spingono per una sempre maggiore immoralità e mancanza di educazione e disciplina. Questa è una società dove si è pubblicamente immorali e disordinati, ma privatamente moralizzati e obbligati; l’eccesso di licenza pubblica conduce al caos e al nichilismo, cosi come l’opprimente mancanza di libertà privata comporta un’alienazione individuale atroce. Ma questo “nuovo moralismo”, non proviene dalla Chiesa cattolica, che appare più che mai barcollante, bensì dalla “nuova chiesa laicista”, dalla chiesa dello pseudo liberalismo modernista. Questa “nuova chiesa” ha le sue fondamenta storiche sulla “liberté” illuminista, ed è andata definitivamente al potere dopo il sussulto delirante “dell’amore libero” di sessantottina memoria; ma di “liberté” e di “amore libero”, ne vediamo sempre meno, poiché a parte discutibili “diritti civili” dati in pasto alle masse in modo raffazzonato per aggiungere caos al caos, a livello individuale e intimo ci sembra che stiamo perdendo sempre più terreno. Che queste idee provengano da una sinistra post-comunista, o da una destra liberal-decadente, questo “pseudo liberalismo” racchiude in sé il peggio del liberalismo illuministico e i vecchi rottami dell’ideologia sovietico-comunista, che come diceva polemicamente Filippo Tommaso Marinetti, “pretendeva di costruire un mondo, liscio come una palla di biliardo”. La vecchia ideologia comunista, sconfitta dalla storia, si è convertita in progressismo libertario e si contende il controllo della globalizzazione con il suo rovescio, un liberismo reazionario, ed entrambe contengono le stesse premesse giacobine, la stessa arroganza, la stessa patologica ossessione di “correggere la natura”, cambiare la storia, imporre una morale politica che renda le persone “perfette”, e il mondo pacificato. Ebbene se questa è la pace, preferiamo la lotta!
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