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Il mondo moderno non è poi così contraddittorio quando si conosce il modo di operare dell’oligarchia

di Kemi Seba - Lorenzo Vitelli - 24/03/2013

Fonte: lintellettualedissidente


Kemi Seba
Kemi Seba

Kemi Seba è un attivista e predicatore nero francese, anti-sionista e anti-imperialista. Nasce a Strasburgo nel 1981 e comincia le sue prime esperienze politiche all’età di 18 anni quando frequenta la Nation of Islam, presidiata, a quel tempo, da Karim D. Muhammad. Ha fondato in questi ultimi anni diversi movimenti, tra cui Tribu Ka, organizzazione interdetta per accuse di “razzismo”, dal governo Chirac nel 2006. Vive tuttora in Senegal dove lavora per l’Afrikan Mosaique ed è Ministro francofono del New Black Panther Party.

1- Il mondo moderno è un sistema pieno di contraddizioni, e in che modo il fenomeno imperialista e neocolonialista Occidentale, in nome dei “diritti umani”, sta distruggendo l’identità sociale e culturale dei paesi africani e del Medioriente?

Il mondo moderno non è poi così contraddittorio quando si conosce il modo di operare dell’oligarchia. Io direi d’altronde che quest’ultima si regge su due tipi di discorsi, quello della virtù, della fratellanza, dell’unità, mentre il suo ruolo è quello di asfissiarci, ucciderci, dividerci. L’Imperialismo nasce e sussiste nel nostro malfunzionamento, e per portarsi a termine, deve distruggere le matrici dei popoli. La nozione di patria, la nozione di famiglia, la nozione di unione uomo-donna, la nozione di procreazione. Più vi sarà degenerazione tra i ceti di bassa condizione più aumenteranno il loro profitto le classi alte.

La conservazione della propria identità è l’ultimo bastione di resistenza al mondialismo.

2- I vostri movimenti “Tribu Ka”, “génération Kemi Seba”, MDI, movimento di idee panafricane che difendono l’identità afro-discendente, sono tutti stati dissolti dopo l’accusa di razzismo. Cosa ne pensate del concetto di “razzismo” e del concetto di “razza”?

Faccio notare che non sono stato condannato giuridicamente perché attaccavo i Banchi gli Arabi o altri, ma proprio perché condannavo l’oligarchia. Fintanto che restavo, ai tempi del mio debutto, nella mia adolescenziale collera nera, rigettando ogni dialogo con i non-Neri, non disturbavo nessuno.
A partire dal momento in cui il mio discorso si è affinato nella forma, e intensificato nel contenuto geopolitico, e che miravo sempre più le élites nelle mie analisi e nelle mie azioni territoriali, lo Stato francese si è innervosito. E ovviamente il sistema ha tentato di bloccarmi facendomi passare per un fascista nero, un Hitler nero. Senza dubbio interdicendomi tre organizzazioni, pensavano di fermare la mia lotta panafricana dissidente, ma non hanno tenuto conto della mia resistenza.

 Per quanto riguarda la razza, personalmente non ci credo. Delle persone di qualsiasi colore possono avere un genotipo simile. Ma la Storia ha fatto si che il fenotipo abbia dell’importanza. Che lo si voglia o meno, il fenotipo è una caratteristica importante che segna le differenza tra i popoli. Non credo di più alla nozione di popolo che non alla nozione di razza. Quando vi parlo del popolo svedese voi saprete che non assomiglia a quello della Nigeria, che sia fisicamente (fenotipo), culturalmente, spiritualmente. E’ in queste differenze che io credo. Più in generale, come insegna l’Onorevole Ministro Louis Farrakhan, i primi popoli avevano un aspetto comune, avevano la pelle scura, e formavano in realtà uno solo ed unico popolo.
Per tornare alla nozione di razza, la cosa più intrigante è che i primi ad avere “razzializzato” l’Umanità e commesso innumerevoli crimini barbari su quest’ultima (da prendere in considerazione l’oligarchia talmudica), desiderano, nel momento in cui l’Umanità domanda loro di rendere il conto, abolire in apparenza le differenze, nel suo progetto sistematico di “babilonizzazione” generalizzata. Tutto ciò dovrebbe far riflette coloro che credono ingenuamente alla United Colors of Benethon. Io vedo più il progetto mondialista dei Bengourion…

3 – L’Occidente, per sfruttare la manodopera degli immigrati, ci ha inculcato l’idea umanista e cosmopolita di una società tollerante e multiculturale. Ma non è forse proprio questo multiculturalismo che, paradossalmente, sta distruggendo qualsiasi differenza etnica? Cosa vuol dire essere “etno-differenzialisti”?

Quelli che conoscono un minimo i fatti della guerra planetaria che viviamo oggi sanno che le élite hanno prodotto un concetto vestito del mantello dell’amore e della pace mentre il contenuto è genocidario. Personalmente, lo nomino l’”Imperialismo della virtù”. Ci parlano dei diritti dell’Uomo, ma vogliono sopratutto che l’Uomo cammini dritto nella trappola che questi demoni dal volto umano gli tendono. E’ quindi evidente che il multiculturalismo genera una società multi-conflittuale. Certi popoli non hanno granché da vedere culturalmente, e se è evidente che la condivisione arricchisce, non possiamo neanche negare che la coabitazione forzata distrugge. Lo penso dal più profondo del mio cuore, ne ho fatto l’esperienza, la società multi-conflittuale, ne sono il frutto.

Per quanto riguarda l’etno-differenzialismo, è un termine che non mi appartiene, è stato teorizzato dalla “nuova destra”, o GRECIA. L’ho utilizzato perché si avvicinava da quello che ho imparato formandomi politicamente negli anni 90′ in grembo alla Nation of Islam. Ho optato per questo termine per definire la mio visione della diversità perché il mondo francese è talmente chiuso nei confronti dei concetti stranieri che se non si rientra nelle caselle che lui stesso ha tracciato, si passa per dei folli. La nuova destra crede alla differenza dei popoli, ma i suoi scopi a lungo termine non sono i miei e non lo sono mai stati, ecco perché non uso più questa terminologia.

4 – In che modo l’afrocentrismo può essere una soluzione per sollevare l’Africa dalla sua condizione coloniale?

Se seguite la mia riflessione, che ha evidentemente evoluto in 14 anni (ho cominciato questa attività politica nel 1999), saprete che non credo più nell’afrocentricità da più di 7 anni. Mi sono reso conto con il tempo che questa corrente, malgrado le buone intenzioni di certi fratelli che ci si trovano, non era che una pallida copia dell’eurocentrismo. La mia visione porta molto più su quello che ho concettualizzato oggi, la Supra-negritudine, corrente di pensiero che si articola su 3 assi per il mio popolo, l’autodeterminazione, l’anti-vittimizzazione, e la virilità popolare. Ne parlo in maniera più dettagliata nel mio saggio “Supra-négritude”, che apparirà nell’edizione Fiat Lux di qui a qualche settimana.

5- Quali sono gli uomini del passato che hanno ispirato la vostra lotta?

Adolescente, ero un drogato del filosofo Nietzsche (sopratutto i suoi scritti “Anticristo” e “Così parlò Zarathustra”). Vivevo al ritmo delle punchlines del rapper 2Pac, ero affascinato dalla collera politica nera del dottor Khallid Muhammad, la poesia del fratello guineano Léon Gontran Damas, il lato iconoclasta del particolarissimo nazionalista olandese Pim Fortuyn, l’intrepidità del primo ministro congolese Patrice Lumumba, la classe dissidente dell’indomabile Winnie Mandela. Molta gente di orizzonte differente mi ha segnato. Ma ce ne sono due più di qualsiasi altro che sino ad oggi, hanno avuto un impatto su di me. Riservo i loro nomi per l’uscita del mio libro.

6- Quali consigli potete dare in un periodo di crisi socio-economica, ma sopratutto esistenziale e identitaria, ai giovani migranti in Occidente e ai giovani africani?

Di informarsi bene sulla destinazione che pensano essere un paradiso terrestre. Perché si potrebbe benissimo dare che sia un inferno su terra.