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Quelli che "si dimettono" dalla Chiesa di Francesco

di Luciano Lanna - 27/03/2013

Fonte: segnavia





Luciano Lanna
Non ci piace la logica del dire “abbiamo avuto ragione” o “avevamo visto giusto noi”. Ma la tentazione c’è comunque stata di fronte alla notizia – lanciata sulla prima pagina del berlusconiano Giornale – delle “dimissioni” dal cattolicesimo di Magdi Allam. Uno sbattere la porta come se una fede fosse un taxi o un autobus sul quale si sale e si scende a seconda dell’interesse strategico del momento. Eppure lui, l’ex giornalista italo-egiziano di Repubblica e poi passato improvvisamente alla vicedirezione del Corriere, spiega che considera “conclusa” la sua conversione, quella sua adesione al cattolicesimo  “orgogliosamente” connessa, come ha precisato, a una visione del cristianesimo come “civiltà”. Un’accezione della fede che sa tanto – noi lo scriviamo e denunciamo da un decennio – di riproposizione di quella tentazione maurrasiana condannata a suo tempo dalla Santa Sede quale eresia essenzialmente atea e anticristiana. Non a caso Magdi Allam è, dal suo punto di vista, esplicito sia su questo punto spiegando di concepire l’identità cristiana come una realtà legata a fattori come la Nazione e la Civiltà: “La Chiesa – scrive nel suo commiato via Giornale – da sempre accoglie nel suo seno un’infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Così come la Chiesa è fisiologicamente globalista fondandosi sulla comunione dei cattolici in tutto il mondo, come emerge chiaramente dal Conclave. Ciò fa sì che la Chiesa assume posizioni ideologicamente contrari alla Nazione come identità e Civiltà da preservare, predicando di fatto il superamento delle frontiere nazionali…”. Lo ripetiamo, perché lo denunciammo personalmente nell’ottobre del 2005 nel convegno viterbese “Volo di notte”: questa modalità di presentare il cattolicesimo come strumento politico, riproponeva nei primi anni Duemila le tesi nazionaliste e di estrema destra di Charles Maurras e del suo movimento politico Action française, tesi che presentavano l’identità cristiana come sovrastruttura di unificazione politica e di civiltà. Tesi che però già negli anni Trenta del Novecento erano state condannate ufficialmente e sanzionate dalla Chiesa. Preparata già dal 1913 da papa Pio X – con l’esplicito rimprovero di subordinare la religione alla politica e al nazionalismo – la condanna arrivò infatti il 29 dicembre 1926: papa Pio XI metteva all’indice i libri di Maurras per decreto del Sant’Uffizio e l’8 marzo del 1927 agli iscritti all’Action française venivano addirittura interdetti i sacramenti.
Nonostante ciò, tali tesi tornano di moda quasi un secolo dopo, soprattutto dopo l’11 settembre 2001. Vittorio Messori, l’intellettuale cattolico che è stato l’intervistatore ufficiale di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ha da subito invitato a diffidare di chi, anche sull’onda della seconda presidenza di Bush jr, sollecitava “un uso della fede cristiana in funzione di copertura a battaglie politiche insieme al riferimento retorico alle radici cristiane ridotto a puro slogan da parte di coloro che non sono interessati alla vita reale di queste radici, ma a manifesti ideologici per giustificare scontri di civiltà o magari carriere politiche…”.
Eppure dal 2002 al 2006 è stato un crescendo di prese di posizione e manifestazioni ispirate a un neo-maurrasismogiustificato in nome della battaglia al relativismo e alla diffusione in Europa e in Occidente dell’Islam. Da destra, ma anche da parte di un certo occidentalismo già progressista e passato ad auspicare e delineare una nuova destra liberal-conservatrice.
Così, nel 2006 fu l’allora presidente del Senato Marcello Pera a lanciare una fondazione, Magna Charta, con l’obiettivo di salvare l’Occidente in nome dei presunti valori della cristianità. Per l’esattezza, con un manifesto, firmato da sessantasette esponenti della politica, della cultura e delle associazioni, Pera si diede il compito di preservare le tradizioni (citate quattro volte nel testo),”l’identita”, “i principi universali”, i “costumi millenari” e il “primato cristiano” di una civiltà “minata dall'interno da una crisi morale, culturale e spirituale”. Era quello il momento dell’emersione di tutta una serie di neo-convertiti al cattolicesimo da posizioni ultralaiciste di qualche anno prima. In prima fila al convegno indetto da Pera c’erano infatti gli ex comunisti Sandro Bondi e Ferdinando Adornato e l’ex radicale Gaetano Quagliariello (poi si aggiungerà dalle stesse file Eugenia Roccella), e non mancavano i “destri” Gianni Alemanno e Alfredo Mantovano. Ma seduti c’erano anche i giornalisti Fiamma Nirenstein e, appunto, Magdi Allam. Commentava giustamente su Repubblica Filippo Ceccarelli: “Mettere in agenda nientemeno che la crisi della civiltà occidentale rischia più che altro di mettere a nudo vanità, tornaconti, velleità e inadeguatezze. E poi: ammesso che questa crisi ci sia davvero, e che sul serio sia proprio il relativismo, come dice Pera, il veleno che attraversa la civiltà occidentale, ecco, il sospetto è che a questo esito non siano del tutto estranei molti di quelli che hanno firmato la magna charta del presidente del Senato”.
Sullo sfondo c’era, evidente, il tentativo di strumentalizzare il pontificato di un papa teologo come Ratzinger, sottacendo la sua attività al tempo del Concilio Vaticano II come i suoi scritti sulla bellezza delle fede o sul pensiero di Agostino. E su questo scenario arriva la “conversione” al cattolicesimo di Magdi Allam, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, preparata da un cattolico pidiellino come Maurizio Lupi. Anche se qualcuno, va ricordato, aveva comunque espresso qualche dubbio. Come il vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli: “Dopo aver letto la lettera con la quale Magdi Cristiano Allam ha raccontato la sua conversione ho visto approfondirsi e acuirsi il mio dubbio. Mi è sembrato fuori luogo il fatto che a poche ore dal battesimo ricevuto (un dono di grazia) Allam abbia pubblicato una sorta di manifesto antimusulmano dicendo che ‘la radice del male è insita in un Islam che è fisiologicamente...”. Tornielli, intanto, ricordava come Magdi Allam in precedenza non fosse stato un musulmano professante ma un egiziano laico. “Mi rallegro – aggiungeva Tornielli – per l’approdo a cui il giornalista è giunto dopo un cammino interiore e degli incontri significativi. Non discuto in alcun modo la scelta di celebrare il battesimo in San Pietro. Discuto, invece, il significato anti-islamico che Allam ha voluto dare fornendo la mattina di Pasqua l’interpretazione del gesto del Papa. Interpretazione battagliera, che non mi risulta poi così condivisa Oltretevere. Vorrei ricordare, perché è importante farlo, che dopo il discorso di Ratisbona 138 intellettuali musulmani hanno scritto al Papa e si sono gettate le basi per il dialogo”. Magdi Allam, in un articolo intitolato “La doppiezza del terrore”, aveva invece espresso critiche durissime ai 138, bollando tra l’altro come ingenue le reazioni del cardinale Angelo Scola (patriarca di Venezia) e Jean Luis Tauran (presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso). “Allam – proseguiva Tornielli ­– ha inoltre sostenuto fino in fondo la guerra anglo-americana contro l’Iraq, osteggiata da Giovanni Paolo II e realisticamente descritta come catastrofica da Benedetto XVI”.
L’atteggiamento dei cristiani verso l’Islam d’altronde è quello ufficialmente sancito dal Concilio Vaticano II e ribadito più volte da Papa Benedetto XVI, il quale 25 settembre del 2006, nonostante del tesi dell’allora neo-convertito Magi Allam, dirà: “In un mondo segnato dal relativismo, e che troppo spesso esclude la trascendenza dall’universalità della ragione, abbiamo assolutamente bisogno d’un dialogo autentico tra le religioni e tra le culture, un dialogo in grado di aiutarci a superare insieme tutte le tensioni in uno spirito di proficua intesa. In continuità con l’opera intrapresa dal mio predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, auspico dunque vivamente che i rapporti ispirati a fiducia, che si sono instaurati da diversi anni fra cristiani e musulmani, non solo proseguano, ma si sviluppino in uno spirito di dialogo sincero e rispettoso, un dialogo fondato su una conoscenza reciproca sempre più autentica che, con gioia, riconosce i valori religiosi comuni...”. 
Ecco, adesso, cinque anni dopo, e sempre in prossimità della Santa Pasqua, Magdi Allam esce, se ne va, sbatte la porta. “E’ vacillata la mia fede nella Chiesa”, dice. E spiega questo suo distacco soprattutto per la legittimazione cattolica dell’Islam come vera religione accomunata a quella di Roma dalla fede nell’unico Dio creatore, del Corano come testo sacro e religioso, delle moschee come luogo di culto: “E’ una autentica follia suicida – sostiene, giudicando anche i Papi – il fatto che Giovanni Paolo II si spinse fino a baciare il Corano il 14 maggio 1999, che Benedetto XVI pose la mano sul Corano pregando in direzione della Mecca all'interno della Moschea Blu di Istanbul il 30 novembre 2006, e che Francesco I ha esordito esaltando i musulmani che adorano Dio unico, vivente e misericordioso”.
Insomma, adesso è tutto chiaro. Le “dimissioni” di Ratzinger e l’arrivo di Bergoglio hanno fatto saltare il tappo. Nessuno può più pensare di imprigionare la Chiesa nei suoi schemi umani, troppo umani. Di disinnescarne la carica di misericordia e speranza. Il cristianesimo torna prepotentemente a riproporsi come salvezza e redenzione, come lo stupore di un incontro con qualcuno che ti stava aspettando. Non moralismo, non adesione intellettuale a un sistema, non ritualità fine a se stessa, non copertura a presunti progetti di civiltà. Ci pensino bene tutti coloro che ancora pensano di “usare” la Chiesa e i cattolici per lanciare le battaglie dai toni da crociata unicamente in difesa di valori cosiddetti non negoziabili. La speranza e la salvezza sono qualcosa di molto più reale e di molto più importante dei valori. Andassero a rileggersi la polemica anti-pelagiana di Sant’Agostino.