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Lo scontro Iran – Arabia Saudita in Libano e Siria

di Jean Aziz - 05/05/2013



Rally to mark the end of a 40-day mourning period for Imad MughniyehIl punto che difendo su questo blog, è che la crisi siriana sin dall’inizio ha provocato l’interferenza di forze straniere nel Paese, forze che hanno commesso violenze da subito, a volte in modo molto professionale, contro l’apparato di polizia e militare del regime. Queste forze straniere, non contente di armare militarmente ed equipaggiare nella guerra mediatica ai cittadini siriani, gli appartenenti al movimento dei Fratelli musulmani, al wahabismo o solo coloro che pensano il proprio futuro personale o del clan potrebbe essere più luminoso senza Bashar al-Assad, hanno anche fatto giungere mercenari provenienti da Turchia, Giordania, e persino Tunisia, Cecenia ed Europa (non parlo dei siriani residenti in Europa). Va da sé che coloro che speravano in una democratizzazione della vita politica in Siria la scontano.
Per Jean Aziz, che abbiamo già incontrato su questo blog, forse tracciando una linea grossolana, sì, assistiamo in Siria a una guerra tra Iran e Hezbollah da un lato, e Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Stati Uniti dall’altra. Ed è l’asse turco-arabo-occidentale che ha preso l’iniziativa in questa guerra e fatto in modo che perduri in mancanza di una soluzione politica, che si è sforzato di evitare proprio come in Libia. Solo che il problema strategico è molto più grande della Libia e della Siria; se gli statunitensi sfrutteranno la sicurezza della loro amata entità sionista, i monarchi potranno voltarsi dall’altra parte!
Tuttavia, in un mondo razionale, questa crisi sarebbe stata risolta molto tempo fa e non avrebbe mai avuto luogo. Ma un mondo razionale sarebbe un mondo in cui gli Stati Uniti invece di cercare il confronto con Iran, Hezbollah e Siria, avrebbero cercato di avere normali relazioni con Paesi con cui non dovrebbero avere a priori alcun conflitto acuto. Sì, scrivo questo Paese, perché credo che Hezbollah non esisterebbe se gli Stati Uniti non sostenessero così ostinatamente e incondizionatamente l’entità sionista che non potrà mai avere una condizione normale nella regione. Anche per le monarchie di Arabia Saudita e Qatar, il nodo di una sconfitta dell’asse Siria-Hezbollah-Iran permetterebbe, infine, di normalizzarne i rapporti con l’entità sionista e quindi di seppellire i diritti del popolo palestinese. L’obiettivo è certamente illusorio e i monarchi, come il Gran Turco, dovrebbero pensare a ciò che Kant disse: “E’ un’illusione l’alone che rimane anche quando sappiamo che l’oggetto presunto non esiste”.

L’Iran contro la diplomazia saudita in Libano
Tre settimane di sviluppi della situazione in Libano sono state sufficienti a cancellare la sensazione che una svolta nelle relazioni tra l’Arabia Saudita e l’Iran fosse vicina, almeno in Libano. Questa sensazione aveva preso forma il 6 aprile, quando il parlamento libanese, con un consenso quasi totale, nominò Premier Tammam Salam, per formare un nuovo governo a Beirut.
In un primo momento, ci sono stati alcuni segnali che una svolta nel rapporto tra l’Arabia Saudita e l’Iran fosse in vista. L’ambasciatore saudita a Beirut, Ali Awad Asiri, aveva chiaramente aperto verso Hezbollah. Tanto che alcuni dissero che l’Arabia Saudita aveva avviato il contatto diretto con la più potente organizzazione sciita in Libano attraverso un ufficiale dei servizi di sicurezza libanesi, che gode della fiducia del segretario generale di Hezbollah,Hassan Nasrallah stesso. E’ stato anche detto che il vice di Nasrallah, sheick Naim Qassim, dovesse recarsi in Arabia Saudita per condurre una missione di Hezbollah per discutere del rapporto tra la periferia sud di Beirut e Riyadh. La delegazione doveva inoltre affrontare il problema della formazione di un nuovo governo [in Libano] e l’accettazione di una nuova legge elettorale, al fine di garantire che le elezioni abbiano luogo entro la fine del mandato dell’Assemblea libanese attuale, il 20 giugno, ed evitare di andare verso l’ignoto.
Questa impressione ottimista è rapidamente scomparsa ed è diventato chiaro che la strategia della tensione tra l’Arabia Sudita e l’asse iraniano rimane valida fino a nuovo avviso. Sembra che le due parti siano impegnate in una serie di manovre per migliorare le proprie posizioni e capacità in preparazione di un attacco a sorpresa contro l’altra parte. Sotto la copertura dell’apertura a Hezbollah a Beirut, l’asse saudita puntava a una battaglia regionale per rafforzare l’assedio al regime siriano e rovesciare il Presidente Bashar al-Assad. Quando i sauditi si stavano preparando ad attaccare la capitale siriana, hanno ritenuto prudente non aprire più di un fronte alla volta. Così hanno fatto una tregua con Hezbollah e mostrato buona volontà verso quest’ultima, mentre il cappio arabo-turco-occidentale si stava stringendo intorno al collo di Assad. A loro volta, l’Iran e Hezbollah non si sono lasciati ingannare dall’operazione saudita. Pochi giorni dopo aver iniziato a testare le reazioni dell’altra parte, l’Arabia Saudita ha iniziato il suo attacco: gli alleati libanesi di Riyadh hanno indurito le loro posizioni sulla formazione del nuovo governo e la redazione della legge elettorale, rendendo consapevole l’asse di Hezbollah [Hezbollah e i suoi alleati in Libano] della manovra, spingendoli a cambiare tattica. Quindi Hezbollah ha contrattaccato su quasi tutti i fronti.
Sembra che l’Arabia Saudita abbia scommesso su un cambiamento favorevole della situazione militare in Siria, mentre ciò è in realtà favorevole al campo iraniano. Un fattore sul campo ha invertito la situazione: in due settimane, le forze pro-regime sono avanzate in tutte le regioni intorno a Damasco e Homs. Questo sviluppo ha posto 370 chilometri del confine siriano-libanese sotto il controllo del regime siriano e dei suoi alleati in Libano. Intrappolando e isolando una parte significativa dei sunniti, che tradizionalmente sono sostenuti dall’Arabia Saudita; quasi mezzo milione tra Akkar e Tripoli, attraverso l’interposizione dell’esercito siriano e dei suoi alleati libanesi. Ma la risposta contro l’Arabia Saudita, in Libano, ha avuto altre manifestazioni: la visita di Hezbollah a Riyadh di cui stavamo parlando non è mai accaduta e si è appreso che Nasrallah s’è recato a Teheran di recente. Nonostante molte speculazioni sugli obiettivi di questa visita e la sua tempistica, Hezbollah è rimasta vistosamente in silenzio sull’argomento. Il partito non ha né confermato né smentito. Tuttavia, le immagini di Nasrallah che incontra la Guida suprema iraniana Ali Khamenei sono state pubblicate sui social network. Ambienti vicini a Hezbollah dicono che la foto è stata tratta dagli archivi, ma la foto non sembra vecchia.
Un’altra manifestazione del contrattacco è stato l’annuncio della distruzione, al largo di Haifa, da parte israeliana, di un drone proveniente dal Libano. Ma a differenza di incidenti simili, come quando Israele distrusse un drone Ayyubil 9 ottobre 2012, Hezbollah ha rapidamente negato di avervi qualsiasi cosa a che fare. Alcuni hanno interpretato che tale negazione sia stata causata dal fallimento del drone Ayyub 2 nel penetrare in profondità sul territorio israeliano. Ma il drone avrebbe dovuto forse limitarsi a sorvolare i giacimenti di gas israeliani nel Mediterraneo. In questo caso, il drone è stato in grado di inviare un messaggio a Israele, il che spiega anche la negazione diHezbollah. In questi ultimi due giorni, ambienti vicini al partito hanno gestito la questione in maniera evasiva, chiedendosi: se il tutto è causato da un ragazzino del Libano meridionale che giocava con un aereo telecomandato portando gli israeliani a sospettare che Hezbollah gli fa la guerra? Alcuni a Beirut credono che il contrattacco iraniano contro le avanzate dell’Arabia Saudita, abbia provocato le dimissioni dell’ex primo ministro libanese Najib Miqati, andando ben al di là della scena libanese e toccando persino Bahrain ed Iraq. Si è parlato della scoperta di depositi di armi per l’opposizione del Bahrein, a Manama, e delle truppe del Primo ministro iracheno Nouri al-Maliqi che sono entrate a Hawija e minacciano di fare lo stesso ad Anbar.
Tutte cose che confermano ancora una volta, che qualsiasi accordo tra i libanesi dovrebbe avvenire sotto la protezione internazionale, vale a dire, almeno con un accordo tra Washington e Teheran. Ma un tale accordo non sarà in grado di intervenire mentre alcuni eventi non si saranno prodotti, come le elezioni presidenziali in Iran a giugno o i risultati dei negoziati sul nucleare di Almaty (se riprenderanno). Nel frattempo, la situazione in Libano porterà sia all’estensione della crisi che alla proroga il mandato del parlamento e al rinvio della formazione di un nuovo governo, ossia all’esplosione della situazione!
La maggior parte delle organizzazioni e dei partiti libanesi e stranieri preferisce la prima opzione.

Jean Aziz è un collaboratore di al-Monitor Liban Pulse. È un editorialista del quotidiano libanese al-Akhbar e ospita un dibattito politico su OTV, canale televisivo libanese. Aggiungiamo che questo cristiano originariamente faceva parte delle Forze libanesi, un movimento di estrema destra, prima di raggiungere il Generale Michel Aoun su posizioni nazionaliste, moderatamente anti-siriane (o moderatamente filo-siriane), favorevole all’intesa interreligiosa e ostile all’entità sionista. Questo è il motivo per cui noi diciamo che è vicino a Hezbollah. quasi come Michel Aoun.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora