Il corpo della Boldrini
di Eugenio Orso & Anatolio Anatoli - 08/05/2013
Il corpo delle donne, se non ci sbagliamo, è un film-documentario del 2009, di Lorella Zanardi e altri, che tratta del delicatissimo tema della dignità femminile violata. I media e la pubblicità, legati alla propaganda e al business, privi di limiti quanto si tratta di fare audience o di vendere la merce, violano in continuazione la dignità femminile, e il corpo delle donne, volenti o nolenti, è sempre di più merce capitalistica che appare sugli scaffali …
E’ in questo discorso, dalle sfumature drammatiche fatte di violenza contro la donna, di femminicidio diffuso e commercializzazione delle bellezze femminili, che si inserisce niente di meno che Laura Boldrini, iconcina del centro-sinistra e del falso rinnovamento della politica italiana. Quella stessa Boldrini che ha prestato nome e volto (e non anche il suo corpo?) all’operazione “rinnovamento della politica” nel dopo-Monti, per arginare il fenomeno Grillo ed eventuali proteste popolari diffuse.
Noi uomini sappiamo bene, per esperienza di vita a volte gioiosa, a volte tragica, che la donna può rappresentare l’oggetto di piacere … o del dispiacere. La Boldrini, nella fattispecie, essendosi prestata alla propaganda della politica liberaldemocratica che fintamente si rinnova e rinnova, può suscitare più dispiacere e delusione, in noi, che piacere nell’osservare la sua immagine, indubbiamente allettante e leggiadra.
La crociata di Laura Boldrini, ex funzionaria dell'onu “prestata” alla politica, è rivolta contro la mercificazione umiliante del corpo femminile, contro la violenza esercitata sulle donne, contro la loro situazione di minorità nel mondo del lavoro. Cosa sacrosanta, si dirà, ed è sicuramente vero.
E' altrettanto vero, però, che l’utilizzo del corpo delle donne nella pubblicità, i femminicidi in crescita e la relativa situazione di sfavore delle donne nel lavoro sono fenomeni negativi intimamente connessi alle logiche neocapitalistiche. Fenomeni che originano proprio da quel sistema che Laura Boldrini in qualche modo rappresenta, in quanto presidentessa della camera, e che necessariamente difende. Infatti, la liberaldemocrazia parlamentare altro non è se non il complemento politico del modo di produzione neocapitalistico che promuove e diffonde la mercificazione di tutto – corpo delle donne e della stessa Boldrini compresi, che causa con le sue dinamiche la perdita di ruolo del maschio, scatenando la sua violenza “di genere”, e provoca la compressione generale del fattore-lavoro, quanto a costi e diritti, cosa che coinvolge le donne quanto e più degli uomini.
Dice bene la bella presidentessa, quando afferma che gli spot pubblicitari riducono la donna a un oggetto, perché ogni prodotto è pubblicizzato servendosi del corpo femminile.
Dice bene, ma non è sincera e credibile.
Per essere veramente credibile, la Boldrini dovrebbe dirigere la sua critica contro quel sistema che l’ha “incoronata” presidentessa di un ramo del parlamento e, di conseguenza, contro il nuovo capitalismo finanziarizzato che impazza da qualche decennio, del quale il sistema politico nostrano è succube e tributario. Ma state pur certi che non lo farà mai, in modo chiaro ed esplicito, poiché lei stessa altro non è se non uno “spot”, un’immagine pubblicitaria di questo sistema (per quanto piacevole), che tenacemente cerca di mantenersi e di riprodursi, nonostante l’oggettivazione dei corpi, i femminicidi e le impari opportunità.
In maschia fede (ma non maschilista)