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Dopo le elezioni

di Gianluca Donati - 10/05/2013

 


 

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Prima delle elezioni fu pubblicato un mio articolo su “Il Giornale del Ribelle”, nel quale ardivo una previsione: trionfo di Grillo, scarso risultato dei “montiani”, pareggio sostanziale tra centrodestra e centrosinistra, e convergenza “al centro”, per un governo “di larghe intese”, sul quale “i poteri forti” avrebbero cercato di costruire una nuova Democrazia cristiana, di matrice “tecnocrate”. Questa previsione è stata centrata in pieno, al contrario di quello che avevano previsto quasi tutti i giornalisti e opinionisti. Dove viceversa non ho indovinato, è stata la previsione di Quirinale e Palazzo Chigi, dove avevo immaginato Amato per il primo e Monti - bis per il secondo. Sia ben chiaro, Monti ci ha provato a farsi il bis, ma il suo risultato elettorale è stato un disastro e Napolitano non gli ha perdonato di non aver mantenuto la promessa di non candidarsi. In quanto ad Amato, il suo nome è circolato per il Quirinale, assieme a quello di altri personaggi, ma sappiamo poi com’è andata a finire. Lo stallo alla Camera e al Senato è stato talmente paralizzante che ha fatto saltare tutte le precedenti manovre, inoltre Bersani, che ha condotto una campagna elettorale tra le peggiori della storia della politica italiana, è riuscito successivamente a superarsi in mediocrità, quando ha tentato di farsi conferire l’incarico a guidare un governo. Bersani ha probabilmente creduto che i “5 stelle” fossero facilmente condizionabili e, sommato alla loro totale inesperienza, era convinto che li avrebbe facilmente messi nel sacco. Per quanto il Pd abbia sempre pubblicamente negato, la sua speranza era di una spaccatura dei grillini, e quindi nel fatto che una parte del 5 stelle avrebbe alla fine votato la fiducia al suo governo. Se la manovra è riuscita per l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, Bersani ha fatto clamorosamente cilecca quando si è trattato di prendersi il Quirinale, ed era quella la partita decisiva. Che al PdL non importasse un fico secco di prendersi la presidenza del Senato, lo conferma il fatto che ha riproposto Schifani. Il centrodestra sperava che il Senato andasse al centrosinistra, per giocarsi tutto per il Quirinale, ma se il Cavaliere ha vinto la partita, è stato a causa degli errori tattici di Bersani e delle laceranti divisioni che hanno spaccato il Pd; considerando che Bersani sperava di ottenere la fiducia con il sostegno di almeno una parte del 5 stelle, ma si teneva anche come carta di riserva la possibilità di riversare su Grillo la responsabilità di un eventuale fallito accordo, non si capisce per quale motivo Bersani si sia incaponito sul no a Rotodà. O meglio il motivo lo sappiamo, e cioè che quel nome non era gradito alla parte “cattolica centrista” del Pd, perché considerato un “mangiapreti”, ma proporre Marini ha significato porre la pietra tombale su qualsiasi accordo con i grillini. Marini, infatti, presupponeva un “accordo” con il PdL e Berlusconi. A quel punto, i rappresentanti del Pd, inteso come partito unico del centrosinistra, hanno impallinato Franco Marini, anche per impedire “l’inciucio” con il centrodestra, che ne sarebbe derivato dall’elezione di Marini, e successivamente, anche come ritorsione, l’altra componente del Pd, centro-sinistra (con trattino), ha affondato Prodi, che, di fatto, sarebbe stato la negazione assoluta a qualunque possibile dialogo con il centrodestra. Nel momento nel quale il fondatore dell’Ulivo prima e del Pd dopo, è clamorosamente bocciato dal centrosinistra stesso, diventa palese che il Pd perde su tutti i fronti. Per metterci una pezza, ha riproposto Napolitano, che, sostenuto anche dall’altra parte del Parlamento, ha avuto una fiducia bulgara. Bersani non poteva più sperare di andare a Palazzo Chigi e, poiché come capo dello Stato è rimasto un laico, come nuovo Presidente del Consiglio è stato scelto un cattolico come Enrico Letta.  Tuttavia, ancora una volta viene il sospetto che gran parte di ciò che è accaduto fosse stato pianificato da tempo. Da quando Monti diventò Presidente del Consiglio, i due Letta, Enrico e lo zio Gianni, hanno improvvisamente acquistato una strana riverenza. È indispensabile ricordare ancora una volta che Gianni Letta è un gesuita (come Mario Monti) e che suo nipote Enrico ha ammesso pubblicamente di appartenere al Gruppo Bilderberg. Un’altra assidua frequentatrice dei salotti buoni della finanza internazionale, è Emma Bonino, che è stata scelta come ministero degli esteri, il peggio che si potesse immaginare per la Farnesina, considerando anche la sua linea completamente piegata agli Usa e Israele, e infatti, appena nominato, il Governo Letta è stato subito ben accolto da Israele. Per quanto riguarda il resto del governo, a parte qualche eccezione, sembra una riedizione della vecchia Democrazia Cristiana. Questo governo si trova quindi la benedizione di tutti i poteri forti: finanza, Vaticano, Ue, Usa, ecc.

Per quanto riguarda Napolitano, gli Usa avevano pubblicamente dichiarato di auspicare un suo secondo mandato; esauditi! Uno dei peggiori Presidenti della Repubblica della storia italiana, che ha ordinato di distruggere le intercettazioni telefoniche che ci furono tra lui e Nicola Mancino sulle presunte trattative tra Stato e mafia, il Capo dello Stato che ha esercitato un potere sulla nazione come se fossimo in regime presidenziale, che ha spinto Silvio Berlusconi a dimettersi, e imposto il governo tecnico di Mario Monti, non eletto, che ha in un anno impoverito il popolo italiano e fatto gli interessi di banche ed Europa.

Tuttavia è difficile pensare, considerando anche l’età avanzata, che Napolitano possa restare al Quirinale per tutto il nuovo settennato, né facile che questo governo di larghe intese possa durare a lungo, giacché dopo le prime ore dal voto di fiducia al Senato cominciava già a traballare sulla spinosa questione dell’IMU. Infine, sebbene per il momento il Pd sia rimasto compatto, non è escluso che presto si assista a un’implosione del partito e che una parte, quella più a sinistra, decida di defilarsi.

Un’ultima considerazione è doverosa nei confronti del Movimento 5 stelle; alle elezioni in Friuli Venezia Giulia, il movimento grillino si è notevolmente rinsaccato. Inviterei alla cautela su possibili  previsioni, perché stiamo parlando di un dato locale e non nazionale, inoltre non sappiamo ancora quando andremo a nuove elezioni e cosa accadrà prima di quella data. Tuttavia, quel risultato elettorale, unito a ciò che sembrerebbero confermare anche tutti i sondaggi, indica una possibile tendenza, e cioè che “l’onda lunga” del Movimento 5 stelle si è arrestata e sta subendo probabilmente un processo di riflusso. Anche questo fatto l’avevo largamente preannunciato all’indomani delle elezioni, in un altro mio articolo, quando Massimo Fini si era spinto invece in una sua ardita previsione, che io definii eccessivamente ottimistica. In un successivo ottimo articolo, uscito proprio in questi giorni, Fini muove le sue prime, precise critiche sulla tattica scelta da Grillo. L’analisi di Fini è ineccepibile, e personalmente aggiungerei che, tattica a parte, il tallone d’Achille del Movimento 5 stelle è la totale inconsistenza politico-culturale, l’inesperienza dei suoi eletti, la mancanza di credibilità di giovani pur dotati di buona volontà. Alcuni di loro non sapevano neppure che per Costituzione il Capo dello Stato deve avere almeno cinquant’anni, altri non sapevano chi fosse il Presidente della BCE. E soprattutto, la cosa più importante, è indispensabile comprendere che c’è una parte di eletti e di elettori del “5 stelle” che, seppure non lo ammettano pubblicamente, si sentono “di sinistra” e la totale chiusura a possibili accordi con il Pd e Sel non è andata loro a genio; infatti, si registrano le prime divisioni al suo interno e persino defezioni ed espulsioni. Del resto, questo misto di “democrazia diretta” e leaderismo genera contraddizioni che prima o poi dovranno esplodere, con tutte le conseguenze del caso.