Il dilemma grillino…
di Umberto Bianchi - 10/05/2013
Il 21 Aprile, mi sono ritrovato quasi per caso tra i manifestanti del 5 Stelle, in marcia verso il Colosseo. Urla, applausi, slogan rabbiosi, qualche volto stagionato da ere geologiche di vecchio antagonismo, l’occhieggiare di qualche vetusto vessillo nel mezzo di tanta marea umana, tricolori, ma anche tanta, tanta gente comune. Padri, madri, con tanto di ragazzini al seguito, ciclisti della Domenica, ragazzotti da coro da Stadio, tutti egualmente accomunati da un’unica ossessiva istanza: basta con le prevaricazioni, le incapacità e le ingiustizie di una politica che in tanti, troppi anni, ha cianciato di cambiamento, riforme, migliorie varie, senza pur tuttavia, essere riuscita a concludere nulla, anzi, rimanendo sostanzialmente inerte e paralizzata davanti agli eventi di una crisi senza precedenti. Una marea montante di sincero entusiasmo, in una bella giornata di primavera, su cui però si è subito addensata una nube: l’impressione di una montagna che ha partorito un topolino. Quello che doveva rappresentare un chiaro segnale di civile rivolta, a coronamento della quale doveva stare un discorso a tinte forti di Grillo, si è invece risolto in un nulla di fatto, semplicemente perché il leader del 5 Stelle, dopo una fugace apparizione, ha preferito dar disdetta ed andarsene, adducendo a motivo di questo gesto, la conclamata intenzione di non voler soffiare sul fuoco dell’esasperazione popolare.
Francamente, questa motivazione sembrava avere tutta l’aria di una scusa, messa lì a coprire un’altra e più preoccupante realtà, ovverosia quella di una manifesta ritrosia e/o incapacità a gestire la rabbia montante della gente. Un’impressione supportata dalla considerazione che, una cosa è la politica on line, un’altra è la realtà, quando cominciano a muoversi le masse e gli sviluppi possono essere imprevedibili e farsi difficilmente gestibili.E qui ritorna con prepotenza la tematica dell’insufficienza dei movimenti a guida carismatica o, quanto meno, imperniati sulla soverchiante presenza di una personalità. I limiti e le ristrettezze di una simile impostazione dovrebbero essere agli occhi di tutti.
La Post Modernità ha spiazzato tutte quelle forme di aggregazione politica che, incentrate su un rigido verticalismo imperniato nella figura del “capo”, “duce”, “segretario”, “leader”, etc., di fronte agli umani limiti di queste figure, hanno cominciato a scricchiolare sino ad arrivare, molto spesso, alla propria fine per autoconsunzione. In questo contesto tali e tanti sono gli esempi offerti agli occhi di tutti, dalla storia passata e da quella più recente, che il solo provare a farne un elenco risulterebbe essere un lavoro lezioso ed inutile.
L’attuale contesto storico, animato da un marcata tendenza alla fluidità ed all’insicurezza (vedi Zygmunt Baumann, sic!), all’interconnessione di tutte le realtà operanti a livello socio economico e culturale, ad un’economia e sempre più imperniata sui servizi e sempre meno sulla produzione, non può non prediligere un tipo di approccio all’azione politica che non sia di tipo “orizzontale”. Tale approccio, dovrebbe essere incentrato su un lavoro di “equipe”, di squadra, in cui il singolo intuito politico, andando di pari passo con una sinergia organizzativa grazie alla quale, tutti gli elementi sarebbero preziosi ma al contempo intercambiabili, garantirebbe in tal modo una continuità all’azione politica e l’effettivo rafforzamento della democrazia diretta, attraverso una prassi politica che, consolidandosi nel tempo, di una determinata organizzazione politica e delle sue idee, farebbe una testuggine in grado di resistere alle spinte centrifughe e dissolutorie, rappresentate dal vigente modello di sviluppo Tecno Economico.
Il pericolo che oggidì, nel contesto occidentale, corre un Movimento come il 5 Stelle, e generalmente, tutti i movimenti di natura antagonista, è rappresentato dalla tendenza ad un graduale passaggio da movimento a setta para politica, al proprio interno sempre più animata da spinte centrifughe. Una cosa, questa, che altro non farebbe che sancire l’ennesima sconfitta dell’antagonismo politico. Per questo, è da non sottovalutare assolutamente il nuovo esecutivo Letta, caratterizzato da una scaltra ripresa dell’iniziativa politica, volta ad accontentare apparentemente i mal di pancia dell’opinione pubblica; cosa che, il precedente esecutivo montiano invece, non propendeva assolutamente a fare, a causa della sua presunta natura “tecnica”. Per questo, al giorno d’oggi, dovrebbe assurgere ad imperativo categorico, l’idea di un lavoro politico di squadra, sempre più svincolato dalla pericolosa dipendenza dai vari capetti di turno.
Un lavoro all’insegna della contestazione dura del Sistema, partendo da 5 irrinunciabili paletti, lì piantati all’insegna del “Fuori”: Fuori dall’Euro! Fuori dall’Unione Europea! Fuori dal WTO! Fuori dall’influenza politica USA! Fuori dal sistema del Signoraggio Bancario! Credo, a questo punto, che non vi sia più tempo da perdere. Ora lo spartiacque è ben chiaro e nitido, tracciato lontano dai chiaroscuri del politichese nostrano, per cui possiamo tranquillamente dire che, chiariti certi punti, a parlare saranno solamente i fatti e null’altro più.