La fine dell'UE
di Gianni Petrosillo - 24/05/2013
Solo i moralisti vivono di pregiudizi e solo gli sciocchi, che solitamente coincidono con i primi, non cambiano idea, poiché basandosi su dogmi incontrastabili non hanno pensieri da approfondire ma riti da consumare. Il precetto non si discute anche quando è dannoso e chiaramente disastroso. Lo è, ad esempio, quello dell’Europa unita (su mere basi monetarie) a tutti i costi, così come pedissequamente accettato dalla nostra classe digerente stolida e rigorista col portafogli altrui. Eppure i nostri guai cominciano lì dove inizia l’euro e, probabilmente, non finiranno finché questa fisima valutaria non sarà derubricata da aspirazione inclusiva qual era ad illusione storica qual è.
Tuttavia, ignari della situazione, i sacerdoti della finanza, come Mario Draghi, Presidente della BCE, sostengono che la moneta unica è irreversibile come una legge di natura. Già questo la dice lunga sulla loro qualità di esperti che anziché studiare e risolvere problemi si mettono a pontificare come fossero Papi. I vicari terra-terra del dio di carta. Tutto è caduco su questo pianeta, figuriamoci nella zolla economica europea. Però, come spiegarlo agli apprendisti stregoni che hanno fatto carriera chiudendo gli occhi sulla realtà ed aprendo la bocca esclusivamente per sputare sentenze a comando? Orbi che parlano “dall’alto dei ciechi” o autentici delinquenti che si sono fatti una posizione scavando a noi la fossa? Ai prostrati l’ardua prepotenza.
Andiamo ai vituperati fatti. L’Europa invece di darsi una strategia (geo)politica ha armeggiato con una serie di parametri finanziari. Certo, l’immagine offerta per attirare i futuri membri non era quella della dittatura di Maastricht o del fiscal compact, in tal caso nessun ci sarebbe cascato. Si è ricorso, invece, ad una grande narrazione, quella del superamento dei confini nazionali e delle barriere egoistiche delle patrie per favorire la libera circolazione delle persone, delle merci e dei valori universali.
La globalizzazione, almeno nelle loro teste, aveva trionfato sulle antiche divisioni del mondo bipolare e si annunciava un avvenire di pacificazione mondiale basato sugli scambi di beni e di esperienze. Tutti ne avrebbero guadagnato e nessuno se ne sarebbe pentito. Perfettamente l’inverso di ciò che è accaduto. Pochi stanno cantando vittoria e molti arrancano nel mare della crisi, per noi più impetuoso che altrove. I cittadini di questi paesi maltrattati cominciano a dubitare delle virtù taumaturgiche dell’Europa e della sua moneta, qualcuno inizia anche ad avanzare l’ipotesi che, forse, ci sarebbero più possibilità di risalita sbarazzandosi definitivamente dell’una e dell’altra, tornando al vecchio ordine politico e al precedente conio nazionale.
Ma non si può nemmeno immaginare una cosa del genere, urlano i giannizzeri di Bruxelles, il destino unitario, ma disgiunto nelle opportunità dei popoli europei, è incontrovertibile. Addirittura si rischierebbe una sorte peggiore di quella in atto. Peccato non ci sia la controprova alla facile scomunica, mentre abbiamo la prova provata che l’UE ha fallito su tutta la linea.
Siamo in democrazia o no? Benissimo, allora lasciamo che siano i medesimi cittadini ad esprimersi in un referendum. Se il M5S lo proporrà, noi lo sosterremo anche se non siamo grillini e molti dubbi nutriamo nei loro riguardi. Conta la situazione, che è tragica per l’Italia. Ma neanche questo va bene, perché la democrazia è una filastrocca elettorale mica un processo decisionale in cui ognuno ha il diritto di esprimersi come gli pare.
Ha ragione il filosofo francese Ranciére quando sostiene che: “Non viviamo in una democrazia, ma in uno stato di diritto oligarchico” dove tali oligarchie economiche e statali (dipendenti dagli Usa, ma questo lo aggiungiamo noi) fondano la loro legittimità su sedicenti requisiti naturali (che ci danno il fatalista Draghi) per togliere a chicchessia il diritto di cambiare ciò che non li convince o, persino, li impoverisce.
Sarebbe bello se la democrazia fosse realmente “l’azione che strappa continuamente ai governi oligarchici il monopolio della vita pubblica e alla ricchezza l’onnipotenza sulle vite”. Ma non essendo niente di tutto ciò siamo pronti ad abbandonare lo storico concetto degli antenati greci che i nostri nemici epocali hanno svuotato di contenuti per contrastarli su altri presupposti.
L’Europa non può gestire alcuna sovranità perché dovrebbe innanzitutto riceverla dai Paesi concorrenti alla sua fantomatica statura, i quali avendola già ceduta ai predominanti d’oltre-atlantico le demandano un sovrappiù di subordinazione.
Per questo ci si attacca o si attacca, alternatamente, (al)la Germania, l’unica che mantiene una leadership, seppur condizionata, in questo maldestro ambiente. Dipende dalla congiuntura, finché le cose andavano bene essa era il nostro motore adesso che vanno male è colpa delle sue fissazioni fiscali. Né l’una né l’altra. La Germania subisce l’attrazione dell’orbita Atlantica come tutti, ma godendo di una relativa autonomia derivante dalle sue capacità economiche e sociali, può scaricare sui vicini il peso dei momenti difficili.
E che volete che faccia? Non ha il coraggio e la forza di rendersi alternativa agli Usa ma ha quella per tentare di salvarsi dall’imminente crac. Che sarà sociale e non tecnico. Berlino sta guardando alle sue tradizionali aree d’influenza, quelle baltiche e balcaniche (dove però è molto arretrata negli ultimi anni), per parare il colpo.
Anche qui non avrà vita facile, dovendo agire tra russi e americani, ma almeno potrà misurarsi in questa sfida, puntando a familiarizzare più celermente con Mosca, senza rompere con Washington, mentre l’Italia, presa di sorpresa, perderà ancora tempo a rimettere insieme i cocci dello Stivale, sempre che non finisca impietosamente soffocata dalle sue stesse rovine. In questo scenario, al momento fantapolitico, ma non si può mai dire, quel che resterà dell’Europa, a guida francese, subirà l’ulteriore stretta degli Usa, con un peggioramento indicibile delle condizioni di esistenza delle altre nazioni, specialmente mediterranee.
Dell’Europa unita non resterà un granché ed anche quello che potrebbe conservarsi sarebbe meglio perderlo subito poiché ci troveremmo di fronte ad una mera escrescenza geografica dove si concentrerebbero spinte ed attriti dello scontro multipolare (e poi policentrico) del quale saremmo vittime e testimoni passivi. A questo ci stanno conducendo i nostri beati e beoti europeisti.