Donare: un atto eversivo
di Alessandro Lauro - 01/07/2013
Uno degli aspetti piu’ importanti della logica della decrescita e’ il dono. L’arte del donare – va detto – non e’ un’esclusiva dei decrescenti, questi l’hanno intelligentemente presa a prestito dal comune vivere umano che ci caratterizza tutti.
Solitamente si pensa al dono come a “qualcosa” da donare e non a caso negli scambi tra beni autoprodotti noi conosciamo la regola dell’obbligo di donare, l’obbligo di ricevere e di ridonare il doppio di quello che abbiamo ricevuto. E’ sicuramente un’ottima pedagogia e anche urgente da perseguire per non smarrire gli ultimi barlumi di umanita’.
Si’ perche’ l’atto del donare e’ prima di tutto un atto di umanizzazione importante. E non a caso la decrescita felice lo ha fatto suo in un contesto dove la crescita scriteriata ha causato – tra le altre cose – atti di barbarie e disumanizzazioni a livelli molto profondi.
Ma la logica del dono va approfondita e non va lasciata solo all’ambito dello scambio (ambito importante ma non unico) di beni materiali. Se infatti lo lasciassimo solo in questo frangente resteremmo comunque in superficie e rischieremmo di sciupare la potenza benefica di tale atto.
Sono convinto infatti che il dono sia diverso dal “dare”. In quest’ultimo infatti noi scambiamo beni, oggetti, merci o servizi che presuppongono una vendita, un prestito uno scambio mercantile. Il Dono invece presuppone la persona: non si dona cio’ che si ha ma si dona cio’ che si e’, la propria presenza. In altre parole si dona la propria persona con il proprio tempo e la propria personalita’ e lo si fa senza attendersi per forza una reciprocita’. Questo atteggiamento e’ molto importante perche’ l’unico in grado di generare rapporti e rapporti sinceri basati sulla fiducia nell’altro. E si badi bene che se certamente in una buona maggioranza dei casi a tali gesti nel tempo si e’ ricompensati con altrettante azioni benefiche, questo non sempre e’ garantito e anzi suo prosupposto non deve essere tale garanzia e non sempre deve averne l’obbiettivo. Se cosi’ non fosse dove andrebbe a nascere la fiducia nell’altro diverso da me?
C’e’ dunque un rischio nel donare. Questa infatti e’ un’azione asimettrica e la domanda che potremmo porci e’: perche’ cio’ avviene? Molte possono essere le risposte e principalmente credo che cio’ sia possibile perche’ l’uomo e’ capace di bene e’ capace di amore, e lo sa fare in piena liberta’ assumendosene il rischio. In ogni caso anche nell’ipotesi di un donare non ricambiato o rifiutato, chi ha compiuto tale gesto ha messo in atto una vera azione eversiva: ha donato senza aspettarsi nulla in cambio. E’ uscito fuori dalle regole delle reciprocita’, dello scambio, del mercato, innestando un valore positivo che resta tale e spiazza e pone interrogativi salutari.
Abbiamo detto che il vero dono e’ quello della propria presenza all’altro attraverso la parola, gesto, dedizione, cura, presenza; e tutto questo resta possibile solo quando si decide la prossimità, il farsi vicino all’altro, il coinvolgersi nella sua vita, il voler assumere una relazione con l’altro. Tutto questo ci fa intuire quanto il dono cosi’ inteso, faccia nascere la vera relazione e quindi reti autentiche di relazioni, che se alimentate continuamente dalla logica del donare, generano a loro volta il circolo di un amore autentico perche’ disinteressato.
Il donare non può essere sottoposto alla speranza della restituzione, ma interpella le persone chiamandole a una responsabilita’. Potremmo dire che spira il legame sociale. L’altro diventa colui del quale si è responsabili, una persona che, una volta incontrata nella ua concretezza ha diritto di essere destinataria dell’amore in virtù della prossimità che si è creata.
Si’, la logica della decrescita felice – se approfondita – puo’ davvero portare ad una comune rivoluzione umana, risvegliando in ogni persona la capacita’ di bene e di amore, che passando attraverso azioni concrete, rende ognuno di noi un capolavoro fuori fa ogni logica di mercato.