Progressisti in divisa: il gesuita Paolo Dall'Oglio e il laico Giulio Marcon
di Patrick Boylan - 30/07/2013
4ª puntata di "Progressisti in divisa: la Sinistra pacifista viene arruolata", saggio di P. Boylan di cui pubblicheremo l'e-book. IN AGGIORNAMENTO DOPO IL RAPIMENTO DI DALL'OGLIO.
IMPORTANTE
AGGIORNAMENTO E AVVERTENZA PER I LETTORI (30 luglio 2013, h 02:00 AM)
Questo pezzo di Patrick Boylan critica tra le altre cose l'operato di padre Paolo Dall'Oglio, il religioso che si è speso molto nel corso dell'ultimo anno per giustificare la presa d'armi contro Assad. Poche ore dopo la pubblicazione dell'articolo, Dall'Oglio è stato rapito da una delle milizie islamiste anti-Assad, un gruppo evidentemente ancora insensibile al suo appello di pochi giorni fa, quando scriveva: "Per noi siriani della rivoluzione, la riconciliazione tra forze islamiste radicali e forze democratiche è una necessità strategica". Una scelta di campo pronta perfino a giustificare l'uso di armi chimiche. Auguriamo a Dall'Oglio di uscire indenne dall'avventura, per poter poi guardare in faccia alla pericolosità smascherata del suo disegno, che potrebbe solo aggravare la guerra in Siria.
"Progressisti in divisa: la Sinistra pacifista viene arruolata": è il titolo di un libro di Patrick Boylan* che stiamo pubblicando a puntate su Megachip, capitolo dopo capitolo (QUI la prima puntata, QUI la seconda e QUI la terza) per poi pubblicarlo tutto insieme in forma di e-book. Sono messi a nudo i difetti dei pacifisti italiani e occidentali, che condividono i difetti della sinistra, nel frattempo auto-eliminatasi e cooptata nel campo di chi fa le guerre.
Nella seconda e terza puntata abbiamo iniziato a vedere i dieci tasselli da inserire nel vasto mosaico dell'espropriazione e contaminazione del pacifismo di sinistra da parte dei poteri forti.
Abbiamo visto per primo il piano internazionale, ossia il 1° tassello: Amnesty (USA); il 2° tassello: l'ong francese FIDH. Poi abbiamo visto il piano nazionale, ossia il 3° tassello: Tavola della Pace; il 4° tassello: RaiNews24.
In questa puntata vedremo il piano individuale (5° tassello: Padre Dall'Oglio, 6° tassello: Giulio Marcon).
Nelle prossime puntate vedremo i tasselli successivi.
Questa è la quarta puntata.
Buona lettura
(la Redazione)
Quinto Tassello - Padre Dall'Oglio
Sul piano individuale, cioè quello dell'opinion maker come singolo cittadino, abbiamo l'esempio del noto pacifista cattolico ai tempi della guerra in Iraq - ora sostenitore di un intervento militare occidentale in Siria - Paolo Dall'Oglio, gesuita.
Per anni Dall'Oglio ha operato in Siria presso un monastero da lui rifondato in una zona isolata nel sud del paese; poi nel giugno del 2012 è stato espulso per le sue attività politiche contro il regime. Da allora gira l'Italia e il mondo intero facendo da megafono per le opposizioni siriane violente - in particolare le milizie filo-USA consacrate dalla Clinton a Ginevra il 7 dicembre 2011 (vedi: bit.ly/link-42 ►), poi, successivamente e con nuovi leader, a Doha e infine a Istanbul.
In pratica, Dall'Oglio chiede un intervento militare ONU in Siria, a sostegno di una lotta armata da lui giudicata «necessaria per rovesciare il regime oppressivo di Assad» (vedi: bit.ly/link-43 ► ).
Invece esiste in Siria anche la (già citata) opposizione nonviolenta, la quale ritiene possibile una via pacifica per sostituire il Presidente Assad e le cui fila s'ingrossano ogni giorno di più, in particolare con giovani siriani ormai convinti che il ricorso alle armi sia stato un errore.
Questa opposizione viene ignorata, non solo da quasi tutte le Cancellerie occidentali e dalle associazioni pacifiste istituzionali, come si è già detto, ma anche dalla totalità dei tg e dalla quasi totalità dei giornali (un'eccezione - vedi: bit.ly/link-44 ► ).
I mass media, infatti, sembrano avere orecchie solo per le opposizioni armate. E, dunque, per padre Dall'Oglio, il loro "cappellano militare" (parole sue).
Egli trova porte aperte non solo a Montecitorio e alla Farnesina, ma anche alla RAI e nelle redazioni dei tg e dei giornali stampati di mezzo mondo.
Eppure si tratta di un semplice monaco che ha passato gli ultimi tre decadi in un isolato monastero della Siria meridionale. Vedi le sue interviste a: La7 (bit.ly/link-46 ► ); RaiNews24 (bit.ly/link-45 ► ); la tv statunitense PBS (bit.ly/link-47 ☼ ► ); l'emittente francese France24 (bit.ly/link-48 ☼ ► ).
A Washington è stato fissato per Dall'Oglio un fitto calendario d'incontri sulla Siria con imporanti think tanks statunitensi di politica estera (vedi: bit.ly/link-49 ☼ ► ).
Il 13 dicembre 2012, la Regione Lombardia ha attribuito il suo annuale "Premio per la Pace" al sacerdote, per via del suo lavoro per il dialogo interconfessionale in Siria.
Non è chiaro se il Presidente Formigoni e la Giuria fossero all'oscuro di quell'altro attivismo di Dall'Oglio in Siria, ossia l'incitamento dei giovani alla lotta armata (causa della sua espulsione), o se invece intendevano premiare proprio questo suo pacifismo sui generis (vedi: bit.ly/link-50 ► ).
La notevole accoglienza istituzionale ricevuta da Paolo Dall'Oglio e la sua forte esposizione mediatica indicano che egli è stato cooptato dai poteri forti, sostenitori della soluzione militare in Siria. (Per il legame tra i poteri forti del Bilderberg e le milizie siriane filo-USA - all'inizio tramite l'espatriata siriana Bassma Kodmani - vedi: bit.ly/link-51 ☼ ► .)
Così, nel dare a Dall'Oglio ascolto, pubblicità e un premio per la pace, i poteri forti sono riusciti ad espropriare l'area cattolica che guardava (e guarda tuttora) a lui per orientarsi nelle questioni di guerra e pace.
E non solo l'area cattolica. Infatti, questo opinion maker a tempo pieno visita innumerevoli circoli di pacifisti laici, sia in Italia che all'estero, per descrivere, da testimone oculare, "le atrocità di Assad" e la "necessità di un intervento militare occidentale per fermarle".
Se i suoi appelli non convincono tutti i pacifisti, perlomeno li confondono e quindi li neutralizzano, come abbiamo già visto nel caso della Tavola della Pace. Pertanto anche se il suo apporto è quello di un solo individuo, come Progressista in Divisa padre Dall'Oglio costituisce senz'altro un "tassello" importante. (Per una critica delle sue posizioni, vedi: bit.ly/link-52 ► .)
Sesto Tassello - Giulio Marcon
Sempre sul piano individuale, cioè quello dell'opinion maker come singolo, abbiamo l'esempio dello storico leader del pacifismo laico Giulio Marcon, le cui metamorfosi periodiche seguono da anni, passo per passo, quelle del movimento pacifista e della società civile progressista italiana.
Prima Portavoce dell'Associazione per la Pace all'epoca della guerra fredda, poi Presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà all'epoca dell'esplosione delle ong, ora portavoce della campagna Sbilanciamoci! nella nostra era di economia sostenibile, Marcon è un "orientatore dell'opinione pubblica" alquanto orientato dall'opinione pubblica.
Rispetto alle sue iniziative politico-sociali trentennali, colpiscono l'intelligenza, la generosità e il mirabile lavoro educativo che accompagnano ognuna, come colpiscono l'integrità e il carattere sofferto delle sue scelte politico-etiche descritte, con candore, nel suo suggestivo resoconto autobiografico del pacifismo italiano dal '68 a oggi, Fare Pace, Edizioni dell'Asino, 2011.
Ma nonostante l'autonomia soggettiva delle sue scelte ideologiche, Marcon rimane un rappresentante del suo tempo (e della sua "generazione X"); anzi, sembra una creatura di quel tempo - e quindi dei poteri forti che hanno condizionato ed indirizzato ideologicamente gli anni '80-'90, appiattiti come mai prima. Egli costituisce dunque, volente o nolente, un altro "tassello".
Durante la contestazione della guerra nel Vietnam, il pacifismo parlava un altro linguaggio, esordisce Marcon in Fare Pace per spiegare il periodo prima del suo ('68-'78). Usava parole come "antimperialismo" e "sfruttamento" - parole che, col tempo, sono diventate desuete.
Purtroppo, né l'imperialismo né lo sfruttamento sono diventati desueti - gli avrebbe replicato Aldo Capitini se fosse stato ancora in vita (vedi: bit.ly/link-53b ► ) - e, perciò, non individuarli come il motore di ogni guerra (anche quelle in apparenza religiose o etniche) vuol dire condannarsi a non comprendere gli eventi e a non poter incidere su di essi.
Inoltre, avrebbe aggiunto Capitini, capire che le guerre sono la faccia violenta dell'imperialismo significa che, per porre fine alle guerre, dobbiamo cercare, come obiettivo ultimo, di porre fine allo sfruttamento come meccanismo di accumulazione economica - nei rapporti tra gli stati come tra le persone - perché "l'imperialismo" non è altro che il tentativo di predominio di un paese su un altro per sfruttarlo.
E per porre fine allo sfruttamento e al sistema economico-giuridico-sociale che lo legalizza, occorre la lotta di classe - una lotta di classe nonviolenta, gramsciana, che disarma gli sfruttatori sottraendo loro l'egemonia.
Parole sprecate.
Come gran parte della sua "generazione X", infatti, Marcon respinse le ideologie delle decadi precedenti quando nel 1980 - un anno di confine - egli si affacciò, appena ventenne, sulla scena politico-sociale.
Sentiva l'urgenza di rompere con i vecchi schemi, di cercare prospettive nuove. Inoltre egli e la sua generazione avevano subito l'accurato indottrinamento anticomunista che i poteri forti condussero in tutto l'Occidente dopo la seconda guerra mondiale.
In Italia, ad esempio, la CIA pagava giornali e case editrici per diffondere articoli e testi screditando il comunismo ed esaltando l'individualismo. L'indottrinamento proseguì, poi, in maniera ancora più metodica (per debellare i residui delle contestazioni del '68 e del '77), durante gli attutiti anni '80.
La decade iniziò, infatti, con la Marcia dei quarantamila il 17-11-1980, che portò la Maggioranza Silenziosa qualunquista alla ribalta. E terminò, nel 1989, con la dissoluzione de facto del Partito Comunista Italiano (svolta della Bolognina) e, in concomitanza, con la costituzione della Lega Nord: due eventi-simbolo dell'epocale decadimento del livello di discorso politico avvenuto in un solo decennio.
In pratica, gli anni '80 - quelli del reaganismo, del thatcherismo e del craxismo - sono stati un periodo di terrificante "normalizzazione".
Se tanti intellettuali avevano rinnegato l'URSS e il comunismo dopo la sanguinosa repressione sovietica della Primavera di Praga nel 1968, nessuno pensò di rinnegare gli USA o il capitalismo - anzi, nessuno batté ciglio - quando nel 1983 gli Stati Uniti invasero l'isoletta di Grenada (con elicotteri d'attacco al posto dei carri armati) e repressero nel sangue il tentativo della piccola isola d'affermare la propria indipendenza dalle grinfie di una Superpotenza.
Idem per l'invasione USA di Panama nel 1989: silenzio totale.
Nelle redazioni, nei partiti, nelle associazioni, nelle università, chi parlava di imperialismo o di sfruttamento veniva zittito e emarginato, quasi da tutti.
Persino da Marcon stesso.
Infatti, nel descrivere le "Culture politiche del pacifismo" degli anni '80 (Fare Pace, Parte Prima) egli manifesta una forte esasperazione - che all'epoca sicuramente trapelava - verso quei gruppi pacifisti "dogmatici" (leggi "vetero-comunisti") che "persistevano" nel fare discorsi "ideologici, antimperialistici e unilaterali", interpretando "per forza" ogni guerra "in chiave amico-nemico" (p.16, 17).
Mentre la nuova generazione di pacifisti, che Marcon loda, accetta l'attuale sistema di proprietà - con i suoi meccanismi di accumulazione basati sullo sfruttamento - per renderlo, non diverso, ma più vivibile.
Fare politica diventa allora, per Marcon e la sua "generazione X", cogliere nella loro concretezza istanze specifiche di reale sofferenza umana creata dalle guerre, cercando di capirle e di alleviarle.
Significa denunciare quelle guerre come immorali, facendo campagne contro i bambini-soldato, contro le mine anti-uomo, per una ONU finalmente incisiva ed infine - purtroppo! - "di fronte a conflitti come quelli della ex Jugoslavia o del Ruanda, facendosi portavoce della richiesta dell'uso della forza [cioè, della richiesta di bombardamenti NATO - ndr], per porre fine a queste drammatiche guerre" (p. 15).
"Esci dalla trance, caro Giulio!" - verrebbe voglia di esclamare - "Cosa sono questi discorsi da Progressista in Divisa?
Non esistono guerre che pongono fine alla guerra, come non esistono guerre umanitarie ( bit.ly/link-75a ► )! Inoltre, è inutile fare denunce morali per scuotere coscienze atrofizzate! Aiutiamo, certo, i profughi di guerra, ma bisogna anzitutto cercare di prevenire le guerre, intralciandone i meccanismi di accumulazione del profitto che sono alla base. Come qualcuno in Italia sta cercando di fare.
"Perché, caro Giulio, cara 'Generazione X', nonostante la depoliticizzazione del pacifismo da oltre trent'anni, di cui voi siete stati le prime vittime, sono spuntati miracolosamente dal nulla un bel gruppo di attivisti - non molti, ma convinti - che combattono le guerre in quanto ricerca (violenta) del profitto.
Ci sono, ad esempio, quelli di NoWar-Roma davanti alla Finmeccanica, quelli di NapoliNoWar davanti al Comando NATO, quelli del Comitato Contro la Guerra - Milano in piazza per spiegare che 'la guerra è contro i lavoratori,' per non parlare dei giornalisti cattolici impegnati che denunciano i rapporti 'CEI - banche armate', gli eco-pacifisti della rete telematica PeaceLink che dimostrano, cifre alla mano, che il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan pagherebbe la bonifica del territorio tarantino devastato dall'ILVA, e altri attivisti antimperialisti ancora (alcuni verranno citati nelle prossime puntate).
"Manca però - verrebbe da aggiungere - una figura chiave tra gli attuali pacifisti politicizzati: l'esperto in economia, capace di indagare sulle aziende che speculano sulle guerre e di denunciarle alla Magistratura.
Ivi comprese le speculazioni delle ong affariste e, in senso lato, lo stesso business degli aiuti umanitari, denunciato brillantemente - ma solo genericamente - dieci anni fa nel libro Le ambiguità degli aiuti umanitari - indagine critica sul Terzo settore (Feltrinelli, 2002) di un certo Giulio Marcon.
L'attivista Marinella Correggia, NoWar-Roma, all'incontro sulla Siria a Roma del 28-2-2013 con (da sinistra) il Segretario di Stato Kerry, il ministro Terzi e un miliziano siriano venuto per chiedere più armi. "Armi per il terrorismo", dice lei.
E se oggi quel Marcon denunciasse casi specifici di malaffare da parte di determinate ong, aziende belliche, aziende di ricostruzione post-bellica e, soprattutto, aziende predatrici, cioè quelle che saccheggiano i paesi occupati illegalmente dalle truppe italiane? Ciò sarebbe davvero contrastare la guerra come ricerca (violenta) del profitto, e favorire la pace!"
Ma, di nuovo, sarebbero parole sprecate. Già si sente la risposta: "Bisogna andare oltre..."
Nel lontano e fatidico 1980, dunque, nasce il Pacifismo 2.0 - ancora oggi imperante - che condanna la guerra come follia disumana e spreco economico in un tempo di crisi, ma non più come imperialismo (parola giudicata ormai "desueta"). E i poteri forti a strofinarsi le mani.
A breve saranno pubblicate le prossime puntate e i prossimi capitoli del libro di Patrick Boylan
*Patrick Boylan, ex docente all'università Roma Tre, dove approdò dalla sua nativa California, è entrato poi nella redazione di PeaceLink.it e ha co-fondato a Roma gli Statunitensi per la pace e la giustizia e la Rete NoWar. «Non è antiamericano contrastare le guerre imperialiste del mio paese, anzi!» tiene a precisare. «Abbiamo esportato la democrazia così tanto che ormai ce n'è rimasta ben poca. Salviamo almeno quella!»