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Italia, una periferia dell’Europa

di Giuliano Augusto - 31/07/2013

Fonte: rinascita



Il giudizio del Fondo monetario internazionale sull’Italia, indicata come “periferia” (testualmente) dell’Europa non deve sorprendere più di tanto, in quanto è in perfetta linea con il ruolo che il Fmi si è assunto come primo fautore del mercato unico globale e della riduzione del ruolo degli Stati. L’Unione europea ha strillato e protestato per un giudizio drastico che ha coinvolto anche gli altri tre Paesi dell’area Sud (Spagna, Grecia e Portogallo) e l’Irlanda. Guarda caso i tre Paesi che avevano chiesto e avevano subito l’aiuto dell’Unione europea e dello stesso Fmi per risanare, si fa per dire, i conti pubblici, e quello (il primo) che aveva chiesto il sostegno per il sistema bancario. Se i Paesi “cicale” dell’area Sud sono la periferia dell’Unione, il cuore pulsante, sempre secondo il Fmi, sarebbe invece rappresentato dai Paesi “virtuosi” come Germania, Olanda e Francia, più Austria e Belgio. Virtuosi perché si preoccupano di tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica. Il rapporto del Fmi, seppure coincida con l’opinione dei tedeschi stufi, questa almeno è la vulgata corrente, di mantenere quelli scansafatiche dei Paesi dell’area Sud, è funzionale alla volontà della finanza internazionale a tenere sotto mira il nostro Paese fino a quando non avrà messo in vendita le quote azionarie ancora pubbliche di Eni, Enel e Finmeccanica. Privatizzare, come liberalizzare, è uno dei verbi preferiti del’organismo usuraio di Washington. Una scelta di politica economica che da sempre costituisce il prezzo da pagare da parte di quei Paesi “emergenti” o del cosiddetto Terzo Mondo che si trovano obbligati a chiederne i prestiti.
L’intervento a gamba tesa del Fmi, guidato dalla francese Christine Lagarde. non è stato apprezzato dalla Commissione europea e dalla Bce che grazie a non pochi equilibrismi stanno cercando di spargere calma e ottimismo sui mercati finanziari nei riguardi dell’euro e della situazioni dei conti pubblici dei Paesi membri. In questa fase infatti non c’è niente di peggio che vedere un organismo, in grado di creare non poche turbative finanziarie, ufficializzare una realtà di fatto e ben conosciuta, ma sulla quale è sempre meglio non insistere troppo.
Il rapporto del Fmi è stato preso di fatto a maggioranza, considerato che nel direttivo è presente anche l’Italia che ne è uno dei primi finanziatori. Si deve sospettare quindi che il documento sia il frutto di uno scontro interno tra falchi e colombe e che la Germania, il cui governo critica la spesa facile dei Paesi dell’area Sud e sostiene la linea del rigore, possa farlo proprio e usarlo ai fini delle elezioni politiche del prossimo 22 settembre, per ribadire ai cittadini che la Merkel non farà sconti a nessuno. Non a caso, i giudizi sprezzanti del Fmi, saltando a piè pari la Lagarde, finiscono per coincidere con quelli del mondo finanziario anglosassone che per finalità diverse (la caduta del’euro) tendono ad esagerare le dicotomie tra le economie più solide e quelle in crisi dell’Eurozona. La vecchia polemica della stampa inglese contro i paesi Porci dell’area Sud, i Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) è ancora viva e influisce sulle dinamiche dei mercati finanziari. Semmai c’è da notare che nonostante l’Eurozona conti per il 25% dei voti, grazie ai contributi versati, il Fmi continui a riflettere le logiche e gli interessi della finanza anglo-americana.