L’occidente colpisce ancora in Siria
di Melkulangara Bhadrakumar - 23/08/2013
Non prima che gli ispettori sulle armi chimiche delle Nazioni Unite arrivassero a Damasco, entro 72 ore in realtà, esponenti dell’opposizione siriana di Istanbul, in Turchia, hanno sostenuto che fino a 1400 persone sono state uccise in attacchi con armi chimiche da parte delle forze governative, alla periferia della capitale siriana, mercoledì mattina. Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Unione europea e Lega araba hanno chiesto un intervento urgente. Non sorprende che il governo siriano abbia fortemente confutato l’accusa definendola una ‘sporca’ guerra mediatica, che riflette ‘isteria, disordine e confusione’ dei ribelli che hanno subito una serie di sconfitte militari devastanti negli ultimi giorni e settimane.
Qual è il piano? Un indizio vitale è la nomina del perito svedese Ake Sellstrom a capo del team delle Nazioni Unite atterrato a Damasco tre giorni fa. Sellstrom era nella banda scelta degli ispettori dell’ONU in Iraq… Reuters ha citato Sellstrom sostenere la richiesta che i presunti attacchi nella periferia di Damasco dovrebbero essere studiati e aveva anche messo in discussione un piano d’azione. Il ministro degli Esteri britannico William Hague ha raccolto l’ottima idea di Sellstrom e ha detto: “Chiedo al governo siriano consenta l’accesso immediato alla zona al team delle Nazioni Unite che attualmente indaga sulle precedenti accuse di uso di armi chimiche”. Francia, Germania e Turchia hanno convenuto subito. È interessante notare che la Casa Bianca di Washington ha riconosciuto la domanda europeo-turca: “Non vi è oggi, mentre parliamo, in Siria, una squadra delle Nazioni Unite con la specializzazione per indagare sull’uso di armi chimiche. Quindi, diamo a questa squadra l’opportunità di studiare cosa esattamente si è verificato e di andare a fondo, in modo che si possa sapere chi ne siano i responsabili”.
In effetti, una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha già avuto luogo a New York. Il Consiglio non ha chiesto esplicitamente un’indagine delle Nazioni Unite, ma ha convenuto che vi è “forte preoccupazione tra i membri del Consiglio” circa le accuse, “con senso generale di voler fare chiarezza su quanto accaduto” e che la “situazione deve essere seguita con attenzione”. Nel frattempo, il portavoce di Ban Ki-Moon ha detto ai giornalisti, a New York, che Sellstrom è già “in trattative con il governo siriano su tutte le questioni relative al presunto uso di armi chimiche, tra cui il più recente episodio”. In sintesi, il gruppo d’ispezione delle Nazioni Unite ha il compito di rimanere in Siria per 14 giorni, come concordato tra il governo siriano e l’ONU, “con una possibile estensione” per indagare sul presunto utilizzo di armi chimiche a Khan al-Assal e altre due città non indicate, che potrebbe portare a un mandato rafforzato. Se è così, si ha un colpo di Stato diplomatico delle potenze occidentali e dei loro alleati del Medio Oriente, costantemente alla ricerca di una qualche forma di intervento delle Nazioni Unite in Siria. In sostanza, Sellstrom potrebbe avere una missione di tipo aperto, per la ricerca delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad. Chiaramente, il cammello è entrato nella tenda di Bashar. Sellstrom inizierà a stendere relazioni per Ban, che quest’ultimo avrà l’obbligo di portare a conoscenza del Consiglio di Sicurezza che, a sua volta, potrebbe significare l’apertura di un dossier siriano a New York, cosa che l’occidente ha sempre voluto.
A cosa porterebbe tutto questo? Tre cose emergono. Uno, la serie di incredibili successi dell’esercito siriano sui ribelli quasi sicuramente sarebbe messa sotto accusa. Il regime siriano dovrà rivolgere attenzione alla battaglia diplomatica che affronterà. Questa è una cosa. In secondo luogo, le placche tettoniche nella geopolitica del Medio Oriente iniziavano a mostrare un certo movimento nelle ultime settimane, nel corso degli sviluppi in Egitto. La disarmonia tra gli ex alleati che fino a poco tempo prima collaboravano sui piani sulla Siria, diventa troppo evidente per essere nascosta. Per lo meno, la polemica sulle armi chimiche siriane porta a una provvisoria interruzione delle incipienti mosse per l”azzeramento’ degli schieramenti politici in Medio Oriente. Le potenze occidentali hanno messo in circolo i carri e dicono ai recalcitranti alleati regionali che il piano siriano è all’opera. Paradossalmente, la polemica sulle armi chimiche è anche vitale per la Turchia assediata di Recep Erdogan, uscendo dall’isolamento acuto sull’Egitto. Erdogan è stremato nel suo spirito, fronteggiando il problema curdo, diventato ultimamente il filo conduttore del conflitto siriano. I curdi siriani hanno sfidato direttamente la rete segreta di Ankara con gli affiliati di al-Qaida, mettendo alle corde Erdogan. In terzo luogo, un’allettante domanda si pone. Le potenze europee, Gran Bretagna e Francia in particolare, e la Turchia guidano evidentemente la recente polemica sulle armi chimiche. Ma quanto è reale il coinvolgimento dell’amministrazione Obama in ciò? Il presidente del Joint Chiefs of Staff, Generale Martin Dempsey, ha messo a verbale di recente che l’amministrazione Obama si oppone anche a un intervento militare limitato in Siria, perché ritiene che i ribelli che combattono contro il regime di Assad non sosterebbero gli interessi statunitensi se prendessero il potere in questo momento. Ha scritto con brutale franchezza in una lettera ufficiale indirizzata al congressista degli Stati Uniti Eliot Engel (Democratico-New York), “In Siria oggi non si tratta di scegliere tra due parti, ma piuttosto una delle molte parti. E’ mia convinzione che il lato che sceglieremo debba essere pronto a promuovere i loro e i nostri interessi, quando l’equilibrio si sposterà in suo favore. Oggi, non lo sono. Si tratta di un radicato conflitto a lungo termine tra più fazioni, e di lotte violente per il potere che continueranno dopo la fine del dominio di Assad. Dovremmo valutare l’efficacia delle limitate opzioni militari, in questo contesto… L’uso della forza militare degli Stati Uniti può cambiare l’equilibrio militare. Ma non può risolvere le questioni etniche, religiose, tribali e storiche sottostanti che alimentano il conflitto”. Dempsey ha concluso che la politica del focalizzarsi sull’assistenza umanitaria e il rafforzamento dell’opposizione moderata in Siria, dell’amministrazione Obama, “rappresenta il quadro migliore per una efficace strategia degli Stati Uniti verso la Siria”.
Tutto sommato, quindi, la polemica sulle armi chimiche apre una via di uscita alle potenze occidentali (e alla Turchia) in Siria. Le potenze occidentali hanno schivato la questione dell’armamento dei ribelli siriani dopo aver fatto promesse verbali, mentre le forze di Assad avanzano gradualmente avendo il sopravvento militare. L’opposizione siriana è impantanata e la Fratellanza, che ha dominato l’opposizione siriana, è sotto il pesante fuoco di artiglieria saudita in tutta la regione. In sintesi, la bussola del ‘cambio di regime’ previsto per la Siria, punta in favore dei salafiti. Inoltre, siamo a ancora all’inizio in Egitto e ciò che accade sulle rive del Nilo finirà per riscrivere la politica mediorientale. Nella situazione attuale, Assad negozierà da una posizione di forza inattaccabile al tavolo negoziale di ‘Ginevra 2′, cosa insostenibile per l’occidente. Questo è laddove la polemica sulle armi chimiche e l’apertura di un dossier siriano al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, offre un attimo di respiro per interrompere l’avanzata dell’esercito di Assad e la spavalderia di Hezbollah e dell’Iran. È questo il preludio di uno scenario tipo Iraq? Senza dubbio, Sellstrom punta pericolosamente verso i depositi di armi WMD di Bashar, qualcosa che gli Stati Uniti (e Israele) hanno sempre voluto.
L’unico compito che ha l’ispettore Sellstrom, da quando è sbarcato a Damasco tre giorni fa con il suo team, è ispezionare tre siti specifici per determinare se armi chimiche sono state utilizzate in Siria. Non ha avuto il mandato neanche per indicarne il responsabile. Ora tutto ciò è diventato storia.
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora