Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La storia dell’attacco chimico in Siria puzza di propaganda saudita

La storia dell’attacco chimico in Siria puzza di propaganda saudita

di F. William Engdahl - 23/08/2013


F. William Engdahl è un analista geopolitico rinomato e un consulente strategico di livello internazionale, i suoi best-seller sono stati tradotti in tredici lingue.

17587Le notizie su massicci attacchi chimici in Siria potrebbero diventare la “linea rossa” degli Stati Uniti per un intervento militare attivo. Ma anche un’analisi rudimentale della storia dimostra che è troppo presto per concederle credibilità. Un giornale del Medio Oriente, al-Arabiya, riferisce che “almeno 1.300 persone sono state uccise in un attacco con gas nervino nella regione di Ghuta in Siria, ha detto il capo dell’opposizione George Sabra...” Il giornale ha continuato sostenendo che il governo del presidente Bashar al-Assad sia responsabile degli attacchi. Se confermato potrebbe essere la “linea rossa” che il presidente americano Obama ha detto in precedenza avrebbe portato gli Stati Uniti all’intervento militare attivo in Siria, con no-fly zone e azioni militari attive per deporre Assad. Che a loro volta potrebbero sfociare in una conflagrazione in tutto il Medio Oriente e allo scontro tra superpotenze, con Russia e Cina e Iran da un lato, e Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita, Turchia e Qatar dal lato opposto. Non è per nulla una prospettiva felice per la pace nel mondo. Perciò vale la pena analizzare attentamente la storia. E quando lo facciamo, saltano fuori diverse cose sospette. In primo luogo il giornale che diffonde la storia, al-Arabiya, afferma inizialmente che almeno 500 persone siano state uccise, secondo gli attivisti. Da qui i dati vengono ripresi dai principali media internazionali. Rendendo la storia sempre più grave, con vari media che segnalano un presunto numero di morti che cambia di minuto in minuto, 635, poi 800 su USA Today e quindi 1.300 su SkyNews di Rupert Murdoch.
Al-Arabiya, la fonte della storia, non è neutrale sul conflitto siriano. Fu fondato a Dubai nel 2002 dalla famiglia reale saudita. La quota di maggioranza è di proprietà dell’emittente saudita Middle East Broadcasting Center (MBC). L’Arabia Saudita è il primo finanziatore del tentativo di rovesciamento del governo siriano. È un aspetto  da ricordare. Così a prima vista, questa notizia data da un media di proprietà saudita, che infiamma le accuse anti-Assad, dovrebbe essere presa con le pinze. Quando esaminiamo il contenuto della della notizia, si diventa ancora più sospettosi. In primo luogo cita “degli attivisti al comando del Consiglio rivoluzionario siriano, che hanno detto che aerei da combattimento del regime volavano sulla zona del bombardamento, accusando le forze fedeli al presidente Bashar al-Assad di usare agenti chimici.” Questo è un dubbio profondo. In primo luogo possiamo immaginare che anonimi “attivisti” anti-governativi che combattono le forze di Assad non sarebbero proprio neutrali. La storia diventa ancora più torbida. Inoltre nell’articolo si legge che l’”Osservatorio siriano per i diritti umani ha detto che decine di persone sono state uccise, tra cui bambini, nel feroce bombardamento.” Ora l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR) è la fonte di ogni notizia contraria al governo siriano di Assad fin dall’inizio della guerra, nel 2011. La cosa più curiosa del presunto umanitario SOHR è il fatto, come scoperto da giornalisti investigativi, che sia costituito da un profugo siriano soltanto che vive a Londra da 13 anni, che si chiama Rami Abdul Rahman, un sunnita siriano che possiede un negozio di abbigliamento e gestisce una pagina Twitter da casa. Grazie a un reportage assai amichevole della BBC, ha ottenuto credibilità presso i media ufficiali, ma è tutt’altro che imparziale.
L’altro aspetto della sospetta notizia è il fatto “comodo” che coincide con l’arrivo, due giorni prima, di un gruppo di ispettori sulle armi delle Nazioni Unite, invitati dal governo ad indagare sulle accuse sull’uso di armi chimiche nella guerra in Siria. Si pone la domanda più ovvia: cosa avrebbe  da guadagnare Bashar al-Assad utilizzando armi chimiche vietate proprio nel momento in cui  accetta di far entrare in Siria un gruppo d’ispezione sulle armi chimiche dell’ONU? Inizialmente furono chiamati ad indagare sulle armi chimiche usate nell’attacco a Khan al-Assad, il 19 marzo, e in altre due località. A maggio, Carla Del Ponte, membro della Commissione indipendente d’inchiesta dell’ONU sulla Siria, ha detto che le testimonianze raccolte da vittime e personale medico in Siria, indicavano che l’agente nervino Sarin era stato utilizzato dai combattenti ribelli. Non trovarono alcuna prova di un utilizzo da parte delle forze governative. Ciò s’è rivelato molto imbarazzante per la fazione dei falchi del Pentagono e del dipartimento di Stato, che spingevano Obama ad intensificare l’intervento militare diretto con una no-fly zone; di fatto un atto di guerra contro il regime di Assad. Nel 2012 Obama dichiarava che l’uso di armi chimiche da parte del Presidente siriano avrebbe attraversato una “linea rossa”, modificando i calcoli degli Stati Uniti sulla necessità o meno di dover intervenire nel conflitto. Infine, la regione che sarebbe stato luogo dell’attacco con gas velenosi delle forze di Assad, Ghouta orientale, a maggio fu ripulita dai jihadisti terroristi di Jabhat al-Nusra, legati ad al-Qaida, ad opera delle truppe governative nell’ambito di una serie di importanti e vittoriose controffensive contro le forze ribelli, e attualmente non vi è alcuna grande resistenza alle forze di Assad.
In attesa di conferma da parte di inquirenti realmente indipendenti sulle ultime accuse di al-Arabiya, consigliamo vivamente di mettere tale notizia nella categoria della propaganda di guerra, in linea con altre, come il Golfo del Tonchino nel 1964. Questo incidente, possiamo ricordare, fu simulato dal Pentagono per convincere il Congresso a dare al presidente Lyndon B. Johnson l’autorità per “assistere qualsiasi Paese del Sudest asiatico il cui governo sia considerato compromesso dall’aggressione comunista.” La risoluzione fu la giustificazione legale di Johnson per lo schieramento delle forze degli Stati Uniti e l’inizio della guerra aperta contro il Vietnam del Nord.

Le dichiarazioni e le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente dell’autore e non rappresentano necessariamente quelle di RT.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora